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Politica

"In Germania non stanno tornando i nazisti, sta finendo l'egemonia tedesca"

Hannibal Hanschke / Reuters
Hannibal Hanschke / Reuters 

"In Germania non stanno tornando i nazisti, non c'è nessuna nostalgia verso quei tempi, nessuno mette in dubbio l'esistenza dell'Olocausto, non sono antisemiti. Ci potrà forse essere qualche elemento che vive forme di nostalgia individuale, la questione è però più insidiosa e profonda. Loro dicono: basta con la cultura della colpa!". A parlare è Gian Enrico Rusconi, uno dei massimi conoscitori del sistema politico della Germania e degli sviluppi che l'identità tedesca sta avendo. Storico, sociologo e filosofo, è già stato direttore dell'Istituto storico italo-germanico di Trento. Oggi è professore emerito all'Università di Torino, visiting professor presso la Freie Universitaet di Berlino e editorialista de La Stampa.

Professor Rusconi, a quasi un mese dalle elezioni la Germania non è ancora riuscita a formare una coalizione di governo. Verso quali scenari stiamo andando incontro?

Ad oggi non ci sono certezze, è possibile la formazione di diverse coalizioni. E ciò è, di per sé, già un grande elemento di novità. La Spd si è chiamata fuori dalla Grosse Koalition facendo venire a meno l'asse principale su cui si fondava la stabilità tedesca che permetteva alla Merkel di essere percepita come egemone in Europa e su tutto lo scacchiere internazionale. Venendo a meno la Grosse Koalition viene a meno il perno centrale che garantiva stabilità e costanza al sistema tedesco. L'alternativa più probabile ad essa sembra essere un governo in cui la Cdu-Csu si allei con i Verdi e i Liberali, due partiti minoritari che, di colpo, si troverebbero a poter incidere profondamente sulla politica tedesca ed europea. Ciò genererebbe uno squilibrio dagli esiti imprevedibili. La Merkel sarebbe ricattabile da due realtà minoritarie e con prospettive tra loro molto diverse. Riuscirà la Cancelliera a conciliare il rigore economico che vogliono i liberali con la flessibilità auspicata dai Verdi? Come sintetizzare poi la volontà dei bavaresi della Csu di chiudere le frontiere con le idee di accoglienza dei Verdi? Insomma, le elezioni hanno già confermato che è in atto un profondo mutamento a prescindere da quale governo verrà formato. La Merkel e in generale tutto il sistema di stabilità tedesco ne escono indeboliti. E ci sono tutti i presupposti perché la cosiddetta egemonia tedesca cessi di essere tale.

Già da tempo Lei parla di quella tedesca come di un'egemonia vulnerabile. Se questa egemonia venisse a meno o si riducesse drasticamente non sarebbe certo solo a causa di queste elezioni, che casomai ne sarebbero il sintomo...

Parlare di egemonia tedesca voleva dire parlare della stabilità della Germania all'interno di uno scacchiere internazionale spesso instabile. La stabilità interna, che la Merkel si è mostrata molto abile ad amministrare, conferiva a Berlino il rispetto e l'attenzione di tutti i più grandi partner del mondo. Era la Merkel, di fatto, a trattare a nome dell'Europa in occasione degli accordi di Minsk. Era la Germania ad essere considerata da Stati Uniti e Russia come l'elemento di stabilità in Europa. L'idea di egemonia tedesca permetteva alla Germania, pur riluttante ad essere identificata come guida a causa dei delicati rapporti con la propria storia, di essere la nazione di riferimento e di poter quindi incidere profondamente su tutte le decisioni che la riguardavano a livello internazionale. Le elezioni hanno dato un colpo a questo concetto. Se un anno fa parlavo di vulnerabilità tedesca oggi lo scriverei a caratteri cubitali. Quale egemonia può essere garantita da una coalizione ricattabile da due partiti minoritari e imprevedibili? Quale equilibrio potrà garantire una Merkel non più presa dalla moderazione tra Weidmann e Schaeuble ma da quella tra minoranze che propongono visioni esistenziali antitetiche? Quale stabilità ci potrà essere senza la Spd che è sempre stata il principale e leale alleato di governo della Cancelliera? La fuoriuscita della socialdemocrazia dalla Grosse Koalition, poi, introduce un ulteriore grande elemento di novità e di potenziale instabilità: per la prima volta il secondo e il terzo partito nazionale si trovano all'opposizione, a sinistra la Spd e a destra Alternative fuer Deutschland. Una opposizione rigorosa da parte di questi due soggetti politici potrebbe mettere la Merkel in vera difficoltà e trasformare quella che prima era vulnerabilità una vera e propria fine della sua egemonia. Già a questo stadio possiamo dire che con due opposizioni qualificate come queste la Merkel non potrà più promuovere la sua politica di equilibrio, pertanto il merkelismo per come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi è finito.

La Spd è stata in termini numerici la grande sconfitta delle ultime elezioni. Si tratta di una crisi specificatamente tedesca oppure è inquadrabile nelle generali difficoltà delle socialdemocrazie nel mondo occidentale?

Entrambe le cose. Il secolo della socialdemocrazia si è concluso e il suo grande ciclo europeo è finito. In questo momento di profonda crisi della Spd, però, Schulz ha paradossalmente la possibilità di rendere il partito come l'unica realtà socialdemocratica che sopravviverà in Europa. Chiamandosi fuori dalla Grosse Koalition e ponendosi come la più forte antagonista alla maggioranza la Spd è in grado di mettere in difficoltà la Merkel, minare la sua egemonia e rivendicare così una propria centralità politica. Il suo passaggio all'opposizione è servito a salvare l'identità del partito, se avrà il coraggio di non farsi più sedurre dalla Cancelliera e di passare ad essere definitivamente una rigorosa opposizione ha tutte le carte per diventare l'ancora di salvezza di tutta la sinistra europea. Con i socialisti francesi in crisi come lo sono ora e l'incapacità italiana di incidere è la Spd l'unica a poter fare la differenza.

La particolarità della sinistra tedesca è legata anche al retaggio della Ddr. La Germania è l'unico Paese d'Europa ad aver visto crescere al suo interno una sinistra con due anime: una occidentale e liberale a Ovest, una sovietica comunitarista ad Est. Oggi numerosi ex feudi rossi della parte orientale del Paese votano in massa per la destra di Alternative fuer Deutschland. Paradossalmente le difficoltà della sinistra sembrano essere dovute all'eredità sovietica...

Che importanti fette di elettorato negli ex territori della Ddr abbiano iniziato a votare a destra è un fatto ormai assodato. In quelle zone, però, la Spd non è mai stata particolarmente significativa per diverse ragioni: in primo luogo perché l'artefice della riunificazione nazionale fu Helmut Kohl della Cdu, per il quale molti tedeschi dell'Est sentono un debito di gratitudine; in secondo luogo la socialdemocrazia deve fare i conti sul territorio con dei competitori importanti con cui contende l'elettorato di riferimento: la sinistra radicale della Linke, promuove tematiche care a chi un tempo si identificava nella Ddr, e la destra di Alternativev fuer Deutschland. Il sostegno a queste forze testimonia la nostalgia identitaria diffusa in quelle zone, alimentata dall'emergenza migratoria, che limita l'affermazione della Spd come un'alternativa credibile.

La crescita di Alternative fuer Deutschland è un altro grande elemento di novità e di potenziale instabilità per il sistema tedesco. Molti accusano tale partito di essere neonazista, la questione è in realtà molto più sottile. Nessuno di loro propone di rivalutare il nazionalsocialismo, bensì di superare il senso di colpa per i crimini commessi dai nazisti. Un senso di colpa, come Lei ha abbondantemente scritto, su cui si fonda la nuova identità della Germania contemporanea.

Questo è esattamente il punto centrale. Non stanno tornando i nazisti, il partito non promuove alcuna forma di nostalgicismo verso quei tempi, nessuno mette in dubbio l'esistenza dell'Olocausto, non sono antisemiti. Ci potrà forse essere qualche elemento nel partito che vive forme di nostalgia individuale, la questione è però più insidiosa e profonda. Loro dicono: basta con la cultura della colpa! Abbiamo sbagliato, abbiamo pagato, ora dobbiamo smetterla di sentirci in debito con l'umanità per quello che è stato commesso oltre 70 anni fa. Una tesi, questa, che era già stata diffusa dallo storico Ernst Nolte negli anni 80 e che supera la visione classica della destra moderna proponendo una normalizzazione dei rapporti con il proprio passato come lo è stato fatto da altri popoli. La parola chiave per capire quello che sta avvenendo è "Volk", popolo. Durante le manifestazioni contro la Merkel i partecipanti gridano "Wir sind das Volk", noi siamo il popolo, lo stesso slogan di chi nel 1989 marciava contro la Ddr. La Merkel viene accusata di essere una "Volksverraeterin", una traditrice di questo popolo. Il continuo riferimento al concetto di popolo rimanda a un mondo che preesiste il nazionalsocialismo: è un ritorno alla tematica etno-culturale e voelkisch che si esprime nel romanticismo tardo ottocentesco e su cui poi il nazionalsocialismo marciò. Il grande elemento di novità non è l'affermazione dei neonazisti, cosa non vera, ma la presenza all'interno del Bundestag di persone che mettono in discussione l'elaborazione del senso di colpa per l'Olocausto e quindi le radici stesse dell'identità tedesca di oggi.

Ritiene che queste tematiche possano evadere la dimensione di partito ed espandersi in tutta la società? Crede che Alternative fuer Deutschland continuerà a battere su questo tasto identitario anche ora che è in parlamento?

Penso che non possano andare molto oltre di quello che non stiano già facendo. E questo per questioni politiche molto pratiche. Il ripensamento del passato tedesco le ha portato molti consensi, testimoniando come tale tema sia sentito da parti importanti della popolazione e sia rimasto troppo a lungo celato. Ora però devono confrontarsi con la realtà internazionale. Se continuassero a mettere in dubbio la questione della colpa tedesca anche sul piano europeo si inimicherebbero le destre dei Paesi dell'Europa orientale, soprattutto dei polacchi. Riaprendo questioni legate al passato si rischia di riaprire anche i contenzioni territoriali tra Germania e Polonia. Alternative fuer Deutschland è legata alle destre dell'Europa orientali per quanto riguarda la critica all'euro e il rifiuto dell'immigrazione di massa, dovranno quindi fare una scelta di campo: privilegiare o la questione dei rapporti con il passato o le questioni politiche e geopolitiche attuali e io penso che opteranno per la seconda. Una rivalutazione del nazismo è impensabile, poi, perché farebbe mobilitare gli americani. Il nazismo rimane impresentabile e Hitler il male assoluto. La questione dell'identità tedesca è stata usata per fini politici, non ho visto però affermarsi alcun intellettuale di spessore che incanalasse questi temi al di fuori di questo contesto. Non vedo, per intenderci, alcun nuovo Ernst Nolte.

Molti Paesi dell'Europa dell'Est, che lei ha citato, si stanno svincolando dall'Europa a guida tedesca e strizzano l'occhio alla Russia di Putin. La fine dell'egemonia tedesca cambierebbe anche i rapporti con Mosca?

Sicuramente sì. Fino ad oggi la Germania è stata la nazione di riferimento per la Russia. Quando Putin guarda all'Europa guarda a Berlino e a quella stabilità che garantiva. Senza stabilità ciò cambierebbe. La Merkel non avrebbe più la libertà di movimento che ha avuto finora, non potrebbe più essere la protagonista delle trattative europee con la Russia con la Francia solo a farle da spalla. In questi termini dipende anche molto da come si comporterà Macron. In caso di debolezza tedesca la Francia potrebbe rivendicare una nuova forma di protagonismo in Europa. Putin, a sua volta, ha in mano delle carte vincenti. In primis la volontà dei Paesi dell'Europa dell'Est di avvicinarsi a lui, cosa che potrebbe spingerlo a inglobarli nella sua sfera di influenza; ma poi sono soprattutto gli interessi materiali che legano la Germana alla Russia, soprattutto per quanto riguarda i gasdotti. Ricordiamo che la Germania è il broker della distribuzione del gas naturali russi in Europa, un suo allontanamento da Mosca potrebbe avere effetti gravi sull'economia tedesca. In questo contesto sarà interessante vedere come si muoverà la Spd, che è storicamente legata alla Russia. La perdita di egemonia della Merkel potrebbe spingere Schroeder a rivendicare l'eredità della Ostpolitik di Willy Brandt e a intensificare la cooperazione con il Cremlino, ponendosi così come un nuovo partner indispensabile per Putin e un degno concorrente della Merkel. Conferendo poi un nuovo corso alla sinistra europea.

In tutto ciò non abbiamo neanche menzionato l'Italia...

L'Italia e la Germania sono sempre più estranee. Si sta sviluppando una freddezza reciproca che è intellettuale prima che politica. Dal punto di vista politico l'Italia ha smesso di essere interessante, dopo Berlusconi e Renzi hanno smesso di prenderci sul serio. Se la nostra classe politica non fa emergere delle competenze e non mette su un gruppo di lavoro serio per gestire i rapporti con la Germania non se ne uscirà facilmente. Un partito come il Pd, per esempio, dovrebbe avere un ufficio apposito per le relazioni con Berlino. Figuriamoci poi cosa succederebbe se Berlusconi e Salvini salissero al potere. La classe dirigente tedesca verrebbe in Italia soltanto per dirci cosa dobbiamo fare. Un atteggiamento, questo, che in parte già avviene e che mostra come anche da parte tedesca vi sia una generale mancanza di comprensione del nostro Paese. Non vedo un dialogo proficuo tra intellettuali italiani e tedeschi, vedo un silenzio complice che allontana questi due mondi. In questo silenzio l'antigermanesimo dilaga sulla stampa italiana, mentre per i tedeschi siamo solo il Paese delle vacanze, dell'arte e del buon cibo.

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