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Esteri

Catalogna verso la proclamazione dell'indipendenza, ma il governo non è compatto

Gonzalo Fuentes / Reuters
Gonzalo Fuentes / Reuters 

Ultime ore al cardiopalma prima di una scelta 'storica' per la Catalogna, con gli occhi puntati sul presidente Carles Puigdemont, vicino alla proclamazione della Repubblica che farà entrare in terra ignota la crisi con Madrid.

Il 'President' da giorni tiene le carte coperte, lasciando aperte tutte le ipotesi. Ma questa sera il suo vice Oriol Junqueras, uomo forte del Govern e leader di Erc, ha affermato che Madrid, rifiutando il dialogo, non ha lasciato "nessuna alternativa" alla proclamazione della nuova Repubblica. "Non perdiamo tempo con chi ha già deciso di distruggere l'autogoverno della Catalogna, andiamo avanti!", ha scritto su Instagram lo stesso Puigdemont, confermando che non andrà al Senato spagnolo per cercare di bloccare il commissariamento della Catalogna - come ipotizzato fino alla mattinata del 25 ottobre - perché "tutto è già stato deciso".

Da giorni impegnato in frenetiche consultazioni sulla risposta da dare alla scure dell'articolo 155 brandita dal governo Rajoy, Puigdemont ha convocato in serata una riunione informale del Govern, con anche i leader della coalizione parlamentare indipendentista di Junts Pel Sì. Secondo i media catalani, le divisioni nell'esecutivo sulla prossima mossa - elezioni o indipendenza - hanno portato il governo sull'orlo della crisi.

Venerdì il Senato spagnolo darà il via libera al 155: in quest'ambito, il premier Mariano Rajoy ha già annunciato che destituirà Puigdemont e i suoi ministri, prenderà il controllo di Mossos, radio-tv, amministrazione e fisco della Catalogna e convocherà elezioni entro sei mesi.

Il presidente catalano deve annunciare domani davanti al Parlament che strada ha scelto di imboccare. E con lui i 7,5 milioni di catalani. Il Parlament si riunirà alle 16. Le risoluzioni saranno votate venerdì, forse anche la proclamazione della 'Repubblica'. Prima del blitz di Madrid. La tensione è altissima. Il fronte indipendentista ha avvertito che contro il colpo di mano spagnolo "la gente scenderà in piazza per difendere le sue istituzioni". E il think tank spagnolo Instituto Elcano non esclude un "Maidan catalano", una rivolta di piazza come nella 'rivoluzione arancione' ucraina.

Per Puigdemont, al centro di pressioni incrociate, sono ore critiche. Junts Pel Sì chiede che proclami l'indipendenza. Ma il governo è diviso. Una parte è per la Repubblica subito, costi quel che costi, un'altra chiede di salvare le istituzioni dell'autogoverno, convocando immediatamente elezioni anticipate.

Una decisione che potrebbe fermare il commissariamento. Il President è schierato per l'indipendenza ma comprensibilmente esita davanti al prezzo da pagare. Sul suo tavolo ancora oggi c'erano tre ipotesi: la Repubblica e l'avvio di un processo costituente; una dichiarazione d'indipendenza e la convocazione simultanea di elezioni anticipate (o, variante, la proclamazione abbinata ad una vittoria indipendentista alle urne); infine un semplice ritorno della Catalogna al voto. In una situazione di caos, anche giuridico, non è chiaro però se quest'ultima mossa basterebbe ad impedire il commissariamento. Il Psoe, che finora ha appoggiato la linea di Rajoy, ritiene di sì. Il Partito popolare di Rajoy invece ha già detto di no. Il premier non si è pronunciato.

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