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Politica

Matteo Renzi prepara l'apertura sulle alleanze in Direzione Pd. Mossa volta soprattutto a fare chiarezza dentro il Pd

NurPhoto via Getty Images
NurPhoto via Getty Images 

La "mossa" consiste, volendo giocare un po' con le parole, in un'apertura (senza neanche tanta convinzione) con l'obiettivo di chiudere ogni discussione: "Chi vorrà rompere – ha spiegato Renzi ai suoi - dovrà farlo contro il Pd, non grazie al Pd".

In questo infinito gioco tattico di appelli, contrappelli, sfide, alla direzione del Pd il segretario più che alla costruzione di una alleanza a sinistra, punta a evitare una spaccatura del partito, lacerante proprio sul tema delle alleanze. Con le minoranze di Andrea Orlando e Michele Emiliano pronte ad andare alla conta su un documento comune che chiede un impegno alla coalizione larga, con Mdp. A loro, Renzi ha recapitato un messaggio: "Aprirò seriamente, e mi farò carico di una proposta unitaria".

Apertura significa che a parole proporrà un'alleanza a tutti, al centro e a sinistra, compresi coloro (il partito di Bersani e D'Alema) con cui "governiamo insieme anche dopo la scissione con le nostre diversità in 14 Regioni e migliaia di Comuni". E senza preclusione alcuna sui temi, compreso il tema del lavoro, ma senza "abiure", "autocritiche", ammissione degli errori di questi anni. Anzi rivendicando con orgoglio il lavoro che ha consentito di "salvare l'Italia": "Quello che è stato fatto – il senso del ragionamento – è stato fatto, ora vediamo di parlarci su alcuni punti. Ma basta con queste chiacchiere politiciste, iniziamo a parlare delle cose da fare".

In pratica è il consueto tentativo di "agganciare" il solo Giuliano Pisapia con cui Lorenzo Guerini ha tenuto contatti negli ultimi giorni, per tentare la nascita di una lista a sinistra del Pd, di disturbo per Bersani e gli altri, e capace di intercettare il voto utile. Anche se però l'ex sindaco di Milano è più isolato anche tra i suoi. In parecchi hanno notato come Laura Boldrini abbia "sterzato", consegnando di fatto a Piero Grasso un altro pezzo di Campo Progressista. E rubando la scena a Giuliano Pisapia: "Dobbiamo prendere atto – ha detto la presidente della Camera – che i presupposti di una coalizione di centrosinistra col Pd allo stato attuale sembrano non esserci".

La verità è che la pressione sull'ex premier al Nazareno è fortissima, anche da una parte rilevate dei suoi. Perché la rottura a sinistra equivale a perdere il grosso dei collegi. E in parecchi hanno apprezzato l'appello di Walter Veltroni, l'unico padre nobile del Pd a metterci davvero la faccia. Appello però destinato a cadere nel vuoto, perché il primo a non crederci, fino in fondo è Renzi, convinto, al contrario, che la partita sia tutt'altro che chiusa, anche in caso di corsa solitaria o di coalizione bonsai: "Vedrete in Emilia e Toscana, vinciamo anche da soli". E convinto, al tempo stesso che non ci sia apertura programmatica che tenga, ma che la vera richiesta di quelli che sono usciti è che si tolga di mezzo, indicando un altro candidato premier.

Il capitolo dell'alleanza tra Pd e Mdp, al netto di questo ennesimo giro di appelli e controappelli è chiuso. E la direzione del Pd che si svolgerà lunedì assomiglia alla famosa assemblea di febbraio in cui si consumò la scissione. Una mossa su una decisione già presa. A microfoni spenti dice un dirigente dem di peso: "Non accadrà nulla di sostanziale. Per fare un'alleanza con Mdp dovremmo resettare quel che abbiamo fatto e non sta in natura. E loro non possono permettersi nessun accordo con noi sennò perdono la metà dei voti che hanno". Anche l'ipotesi di un accordo "tecnico" che tanto piace a Dario Franceschini appare già franata. Sarebbe l'idea cioè di fare come la destra, che ha programmi diversi, ma corre unita nei collegi, senza indicare un candidato premier comune: "Bisogna stare alla realtà – dice Roberto Speranza – e la realtà è che serve una alternativa a Grillo, Salvini, Berlusconi e Renzi. Punto".

Cosa farà Pisapia, eterno Godot atteso per mesi dalla sinistra e ora dal Pd, è difficile prevederlo. All'assemblea di Campo progressista però non si respirava il clima da lista alleata del Pd. Le conclusioni l'ex sindaco di Milano le ha lasciate a Ciccio Ferrara, anche lui più duro di Pisapia: "Non abbiamo avuto mai e poi mai un ascolto dal Pd e in questi ultimi due giorni ci chiamavano, ci supplicavano. E perché si sono ricordati solo oggi?".

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