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Politica

Boldrini spinge Pisapia a sinistra, a Grasso non dispiace. Ma l'ex sindaco ancora non decide

Stefano Montesi - Corbis via Getty Images
Stefano Montesi - Corbis via Getty Images 

"Giuliano ora sa dove batte il cuore di Campo Progressista". Ai piani alti di Montecitorio, una persona vicina a Laura Boldrini restituisce in modo laconico il senso del discorso della presidente della Camera, che domenica scorsa ha infiammato la platea dell'Antonianum di Roma. Fino a quel momento avvolta dal torpore dell'iniziativa, ma risvegliatasi repentinamente quando la terza carica dello Stato ha alzato il tiro su Renzi e sulle politiche del Pd, ritenute incompatibili con qualsiasi tipo di alleanza politica a sinistra. Un intervento che, a posteriori, appare concepito più per il padrone di casa del convegno romano che per il segretario del Pd. Da tempo, stando a quanto filtra, covava infatti nell'animo di Laura Boldrini l'intenzione di passare sopra le cautele dell'ex-sindaco di Milano e di sparigliare, dando il "la" a un processo politico che vede come unico approdo plausibile una nuova e definitiva saldatura con Mdp e con il resto della lista unitaria di sinistra, che vedrà la luce il 2 dicembre attraverso la programmata Assemblea Costituente.

E a quanto pare, il diretto interessato sembra ancora non aver sciolto la riserva sul documento approvato dalla Direzione del Pd in cui Renzi ha aperto ad una grande coalizione di centrosinistra. Sulle prime, infatti, alcune indiscrezioni lo davano molto freddo nei confronti della relazione dell'ex-premier, salvo poi intervenire di persona per smentire il tutto e riservarsi ulteriori valutazioni nei prossimi giorni.

D'altra parte, la presidente della Camera aveva rotto gli indugi, ben sapendo che le sue azioni hanno un peso specifico tale da rendere il processo difficilmente reversibile, una volta avviato. Ma soprattutto che sul fronte sinistro può contare sulla sponda di Pietro Grasso, messo per tempo a conoscenza di ogni passo ed entusiasta di poter dare vita a un ticket di prestigio istituzionale per le prossime elezioni. L'"operazione Boldrini", dunque, è ben avviata, ma questo non la rende immune da esiti indolori. Anzi, potrebbe culminare con l'ennesimo di una serie di traumatici strappi tra ex-compagni di mille battaglie, laddove Giuliano Pisapia dovesse indugiare nel suo tentativo di tenere aperto un canale di comunicazione con Matteo Renzi, come lasciato intendere ancora domenica, di fronte a un pubblico che ha dato però evidenti segni di insofferenza.

"Vediamo che intenzioni ha", si mormorava oggi sempre nei corridoi nobili della Camera, di fronte alle titubanze di Pisapia per le parole di Renzi. Di certo, lo strappo di Laura Boldrini, che è strappo di metodo oltre che di merito, qualora non dovesse essere condiviso fino alle estreme conseguenze politiche, porterebbe a uno scenario di frattura insanabile, tra quanti, anche nell'ultima fase della legislatura, non hanno mai fatto mancare il loro appoggio al governo Gentiloni (fiducie comprese) come il centrista Tabacci e i senatori di sinistra Uras e Stefano, oltre naturalmente al fedelissimo deputato Ciccio Ferrara (che si salderebbero al listone renziano di centrosinistra con Psi, ex-Verdi e Radicali) e tutti gli altri.

Da parte sua, Grasso fa il tifo per un approdo verso il nuovo soggetto di sinistra senza scossoni, e in questo senso alcuni segnali verso lo stesso Pisapia sono già partiti, imperniati su un semplice ragionamento: è stato il Pd, al netto delle aperture fuori tempo massimo di Renzi, a tagliare i ponti con Campo Progressista e il resto della sinistra, e ora a pagare può essere solamente la nettezza delle posizioni espresse dai due presidenti della Camere. Inoltre, sempre dal versante Grasso si sta facendo perno sul fatto che, anche oggi, Renzi ha ribadito l'intenzione di presentarsi alle prossime elezioni alleato ad Angelino Alfano. Prospettiva, come noto, invisa allo stesso ex-sindaco di Milano.

Grasso e Boldrini, tra l'altro, dopo essersi telefonati domenica sera per fare il punto dopo l'intervento della presidente all'Antonianum, si sono incrociati anche nel tardo pomeriggio di oggi al Quirinale in occasione del giuramento di un nuovo giudice costituzionale, ma non hanno avuto il tempo per trattenersi a colloquio, limitandosi a un rapido saluto. Nei prossimi giorni, però, le occasioni per parlare non mancheranno, e con esse il modo per mettere a punto una strategia comune, marciando per ora divisi, prima di colpire uniti. Il bersaglio, ovviamente, si chiama Matteo Renzi.

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