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Esteri

Francesco in Myanmar non fa cenno ai Rohingya. Il cardinale Bo insiste: "L'ho avvertito, non dica quella parola"

Franco Origlia via Getty Images
Franco Origlia via Getty Images 

"La grande responsabilità delle autorità del Paese in questo momento di transizione" è l'oggetto del primo colloquio del Papa in Myanmar, il fuori programma concesso al capo dell'esercito, generale Min Aung Hlaing. Nessun accenno ufficiale al problema dei Rohingya, la minoranza musulmana del Rakhine in fuga verso il Bangladesh, in pieno disastro umanitario, minoranza cui la costituzione fortemente antidemocratica del 2008 non riconosce neppure la cittadinanza.

Il colloquio con il generale Ming Aung Hlaing - considerato uno degli uomini più potenti del Paese e che aveva chiesto di essere ricevuto dal Papa grazie anche alla presentazione del cardinale Charles Bo - era stato inserito nella agenda del 30 novembre mattina, ma evidentemente papa Francesco ha voluto approfittare del primo giorno in Myanmar, scevro di impegni ufficiali, per incontrare il comandante in capo della Difesa birmana, accompagnato da altri quattro militari e da un segretario. Per il cerimoniale vaticano è stata una "visita di cortesia", con anche lo scambio dei doni: il generale ha offerto una arpa a forma di battello e una ciotola di riso decorata, e il Papa ha ricambiato con la medaglia del pontificato.

Il dramma dei Rohingya è centrale nella visita apostolica di Papa Francesco in Myanmar. Il cardinale Bo, in un'intervista a Tv2000 aveva rinnovato l'invito a non parlare di Rohingya: "Ho avvertito il Papa. Gli ho detto che sia il governo che i militari, ma anche la gente in generale, soprattutto gli appartenenti alla Polizia non gradiscono questo termine. Speriamo che non usi questa parola perché ha un'accezione molto politica. È un termine contestato" ha detto l'arcivescovo di Rangoon. Da fine agosto l'esodo dei profughi Rohingya verso il Bangladesh - 622 mila secondo l'Unhcr, che vanno ad aggiungersi ai 160 mila già presenti - ha causato una tragedia umanitaria. "Se usi questa parola - ha proseguito il card. Bo - vuol dire che sposi completamente la loro causa. Anche se io ho cercato di spiegare che se dovesse usare quella parola questo non vuol dire che il Papa vuole interferire nella politica interna birmana, ma semplicemente lo fa per una particolare simpatia verso queste persone che stanno soffrendo. Potrebbe farlo ma solo per indicare di chi stiamo parlando".

Papa Francesco è stato accolto dai vescovi del Myanmar e da un centinaio di bambini e gruppi etnici in abito tradizionale all'aeroporto internazionale di Yangon per il suo 21° viaggio apostolico che lo porterà anche in Bangladesh. L'accoglienza prevedeva solo la rassegna della Guardia d'onore, senza discorsi.

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Il Papa si è quindi diretto all'arcivescovado di Yangon nella residenza che lo accoglierà nel corso della sua permanenza in Myanmar. Dall'aereo che lo conduceva in Myanmar, il Papa ha inviato un telegramma di saluto alle autorità dei Paesi sorvolati. Nel messaggio al Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella, il Pontefice ha detto che prega "per il popolo italiano, affinché possa guardare al futuro con fiducia e speranza, costruendo il bene comune nell'attenzione ai bisogni di tutti i cittadini". "Nel momento in cui lascio Roma per recarmi in Myanmar e Bangladesh come pellegrino di pace, per incoraggiare - scrive il Pontefice - le piccole ma ferventi comunità cattoliche, mi è caro rivolgere a lei, signor Presidente, il mio deferente saluto". Francesco ha inviato telegrammi di saluto alle autorità di Croazia, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro, Serbia, Bulgaria, Turchia, Georgia, Azerbaigian, Turkmenistan, Afghanistan, Pakistan e India.

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Domani dopo ci sarà un incontro privato con i leader religiosi del Paese, quindi una messa privata. Intorno alle 15.50, a Nay Pyi Taw, si svolgerà la cerimonia di benvenuto nel Palazzo Presidenziale. Francesco incontrerà le massime autorità dello Stato, tra cui la consigliera Aung San Suu Kyi, e rivolgerà poi nel pomeriggio un discorso alla società civile e al corpo diplomatico, quindi farà ritorno in aereo a Yangon. La mattina di mercoledì 29 novembre, presiederà la messa nella Kyaikkasan Groun di Yangon, un grande parco. Nel pomeriggio sono previsti due incontri: il primo con il Consiglio supremo 'Sangha' dei monaci buddisti; il secondo con i vescovi del Paese, in un salone della Cattedrale di St. Mary's. Alla fine benedirà le prime pietre di 16 chiese, del seminario maggiore e della nunziatura. Al termine incontrerà i gesuiti del Paese, come di consueto. Giovedì 30 partirà per il Bangladesh. Qui, dopo la cerimonia di benvenuto all'aeroporto internazionale di Dacca, Francesco visiterà il National Martyr's Memorial di Savar e renderà omaggio al Padre della Nazione nel Bangabandhu Memorial Museum. Alle 18 locali è quindi previsto il discorso alle autorità, alla società civile e al corpo diplomatico. La giornata di venerdì 1 dicembre avrà quattro momenti forti: la messa con l'ordinazione presbiteriale di 16 sacerdoti, la visita alla Cattedrale, l'incontro con i vescovi del Bangladesh e l'incontro interreligioso ed ecumenico per la pace, durante il quale incontrerà anche un gruppo di rifugiati dei Rohingya. Il 2 dicembre, ultimo giorno della visita, il Papa svolgerà una visita privata alla Casa Madre Teresa di Tejagon, incontrerà il clero e infine i giovani nel Notre Dame College di Dacca. La partenza da Dhaka è prevista per le 17 circa, l'arrivo a Roma alle 23.

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