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Economia

Un testimone perfetto. Il procuratore Roberto Rossi fornisce un doppio assist a Matteo Renzi su Banca Etruria

Aleandro Biagianti / AGF
Aleandro Biagianti / AGF 

Nel quadro Pierluigi Boschi finisce sullo sfondo, Bankitalia in primo piano. Davanti alla commissione d'inchiesta sui crac bancari, la ricostruzione del caso Banca Etruria fornita dal procuratore di Arezzo, Roberto Rossi, fornisce un doppio assist al Pd renziano, ridimensionando il ruolo di papà Boschi nella vicenda e gettando invece ombre sulle strane pressioni che Banca d'Italia fece per un matrimonio fra Banca Etruria e Popolare di Vicenza. Dai banchi dell'opposizione, però, si ritiene che le ombre siano invece sulla figura del procuratore, sospettato di conflitto di interessi.

Rossi chiarisce che sotto le delibere di Banca Etruria che hanno autorizzato maxi-finanziamenti irregolari, sfociati nella bancarotta, la firma dell'ex vicepresidente Pierluigi Boschi non c'era. E il papà della sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio era estraneo a tutte quelle operazioni effettuate da alcuni manager in conflitto d'interessi. Nemmeno il pressing dei 5 Stelle è riuscito a scalfire la ricostruzione che il pm ha portato avanti. Ricostruzione nella quale ha trovato posto invece una sollecitazione sul ruolo "singolare" svolto dalla Banca d'Italia, finita da tempo e di nuovo oggi nel mirino dei renziani. Secondo il pm, via Nazionale pressò il cda di Etruria a unirsi in nozze con la Popolare di Vicenza, nonostante le ispezioni della stessa Bankitalia avevano già messo in evidenza le cattive acque in cui stava annaspando la banca veneta.

Per quasi tre ore il nome più atteso, quello appunto di Pierluigi Boschi, non era ancora stato pronunciato. Poi una batterie di domande, incalzanti, del deputato grillino Carlo Sibilia, ha rotto la pax. Una sorta di terzo grado che ha sollevato mugugni e malumori nei banchi dei partiti di maggioranza, con il presidente della commissione Pier Ferdinando Casini impegnato a contenere l'assalto al procuratore. La linea dei 5 Stelle è stata da subito chiara: il ruolo "politico" giocato da papà Boschi non può essere sottaciuto. Lo dice chiaramente Sibilia: "La Commissione non indaga su rilievi solo penali, c'è una situazione politica di una gravità inaudita, noi abbiamo il dovere di andare su aspetti politici", dice mentre Casini prova a difendere il pm sulla risposta fornita in merito alla telefonata intercorsa tra papà Boschi e l'allora direttore generale di Veneto Banca, Vincenzo Consoli. La famosa telefonata, rivelata dal Fatto, dove papà Boschi diceva: "Domani io ne parlo con mia figlia, con il presidente (Renzi ndr) domani, ci sentiamo in serata".

Il procuratore di Arezzo, che si porta dietro lo strascico del conflitto d'interessi per l'incarico di consulenza per gli affari giuridici svolto per il governo, non cambia linea e ribadisce la sua interpretazione dei fatti, citando gli atti dei diversi processi in corso su Etruria. "Boschi - sottolinea il magistrato - entra in cda nel 2011 come amministratore senza deleghe, diventa uno dei due vicepresidenti nel maggio 2014 assieme a Rosi. Noi sulla responsabilità per la bancarotta vediamo i comportamenti e questi discendono dalle delibere. I conflitti di interesse li abbiamo tutti evidenziati, per noi i crediti valgono se vanno poi in sofferenza altrimenti non costituiscono il reato di bancarotta". Cronistoria e rivendicazione del lavoro svolto dalla procura: Pierluigi Boschi, in questo scenario, risulta assente da quelle operazioni che hanno portato Banca Etruria a finire con le gambe per aria. Quando Sibilia cita l'allora ministra e oggi sottosegretario Maria Elena Boschi, il pm aggiunge: "Faccio questo lavoro da 30 anni, sono della vecchia scuola, le persone si distinguono non per di chi sono figli o padri, per il loro orientamento sessuale o politico, ma per i comportamenti".

La bomba papà Boschi di fatto non deflagra in commissione. La discussione si sposta sul ruolo della Banca d'Italia ed è proprio l'input del magistrato a far scatenare la reazione dei renziani, da Marcucci a Orfini, che puntano il dito contro la mancata vigilanza di via Nazionale. Accuse respinte da Bankitalia, che sostiene di non aver mai promosso il matrimonio tra Etruria e la Popolare di Vicenza.

"Ci è sembrato un poco strano" che venisse dalla Banca d'Italia incentivata l'aggregazione di Banca Etruria con Popolare di Vicenza la quale, "leggendo dalle fonti aperte le ispezioni" di Via Nazionale "era in condizioni simili", sottolinea Rossi, rievocando la mancata fusione fra il 2014 e il 2015. La mancata operazione portò poi Bankitalia a censurare e sanzionare i vertici e al commissariamento dell'istituto a febbraio 2015. Il procuratore di Arezzo ricorda che la Banca d'Italia chiese nel dicembre 2013, a seguito di ispezioni e azioni di vigilanza, "a Etruria di integrarsi in gruppo di elevato standing con 'le necessarie risorse patrimoniali e professionali'. E qui, aggiunge, "abbiamo tracce documentali di tentativi di ricerca di un gruppo che possa risollevare le sorti di Etruria, vengono investiti diversi organi e advisor come Mediobanca per un'operazione che Bankitalia definisce operazione 'prioritaria'. Bankitalia ci dà notizia di alcuni contatti, fra cui una banca israeliana, ma nessuno concreto. L'unica trattativa concreta fu quella con Bpvi che aveva fatto un' offerta da 1 euro per azione".

"Alla fine noi abbiamo questo quadro e e poi abbiamo letto dichiarazioni dell'ispettore Bankitalia in cui ci venivano relazionati condizioni di Bpvi non dissimili da Etruria L'abbiamo trovato un po' singolare che venisse incentivata questa aggregazione. Nella relazione ispettiva, già quella del 2012 su Vicenza, sembra di leggere le relazioni su Etruria. Ci sono l'inadeguatezza degli organi, i crediti deteriorati e anche le azioni baciate che almeno noi (ad Arezzo) non ce l'avevamo. L'impressione è che questo sia stato determinante nel commissariamento". Parole chiare, che riaccendono gli animi dei renziani e trasformano l'Etruria-day in un nuovo processo a via Nazionale. Per ora.

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