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Politica

La metamorfosi di Piero. Dopo la magistratura e le istituzioni, la consacrazione a leader politico

Getty Images
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Alla fine, proprio un anno dopo il 4 dicembre, la sinistra fuori dal Pd trova il suo leader, Pietro Grasso: "Io ci sono. Serve un'alternativa, e allora tocca a noi offrire una nuova casa a chi non si sente rappresentato, difendere principi e valori che rischiano di perdersi". Attorno all'una il Palazzetto dell'Atlantic, caldo, rosso, stracolmo, gli tributa più di una standing ovation, tanto attesa quanto liberatoria, dopo tutte le incertezze post scissione, l'ansiosa ricerca di un leader e il delirio politicista dell'attesa di Pisapia.

Emozionato, molto emozionato, Grasso si pone per quel che è, in modo autentico, senza tanti effetti speciali e senza neanche una sperimentata ars oratoria in contesti come questi: un uomo dello Stato e delle istituzioni che si mette a servizio di un nuovo progetto, per proseguire, in forme nuove, "la battaglia di sempre", iniziata negli "anni feroci e bellissimi in Sicilia", fatti di "rinunce e amicizie stroncate nel sangue".

La standing ovation del popolo di sinistra per Grasso

Si presenta, insomma, come un "programma politico vivente", direbbe Nichi Vendola. Fa un certo effetto vedere i protagonisti della sinistra di questo ventennio, teorici del primato della politica che si organizza attraverso i partiti, affidarsi a un ex magistrato, senza un processo di legittimazione democratica e con una scelta dall'alto consacrata da un'acclamazione. E sancita anche dalla decisione di inserire il nome nel simbolo, dove non compare la parola sinistra. Un all in rischioso: si punta tutto su un nome. Nome che, spiegano, è il valore "aggiunto", in grado di arrivare alle due cifre, che è l'asticella posta da Massimo D'Alema.

Quello di Grasso è un discorso alto, di valori e principi: libertà, uguaglianza, rispetto delle istituzioni. E molto poco di combattimento. A tratti "buonista", come ha l'effetto di una melassa buonista (e anche un po' vetero) la carrellata di figurine – i soliti esempi positivi – che parlano dal palco in attesa dei big: l'operaio, la precaria, il medico di Lampedusa, il sindaco onesto che resiste ai tentativi di corruzione. Il presidente del Senato parla, ancora, più da presidente del Senato che da leader politico, con cautela, all'inizio di questa sua terza vita dopo la magistratura e le istituzioni; "rivoluzione della generosità", di "periferie", "valore della politica", "onda nera che monta", di un paese che va "svegliato dal torpore", cita l'ottimismo della volontà di gramsciana memoria. E propone il nuovo soggetto a sinistra come l'"alternativa all'indifferenza e alla rabbia inconcludente dei movimenti di protesta" e alle "favole bellissime che abbiamo sentito raccontare per decenni".

Ecco, la scommessa è tutta qui, in quest'epoca radicale fatta di identità forti, in cui anche i moderati, in Europa e non solo, si esprimono in modo urlato. La guerra di Piero, fatta di parole misurate, grammatica istituzionale, richiami alla Costituzione, ed evocazione degli eroi nazionali – quanti applausi per Falcone – è politicamente poco conflittuale, di chi si pone lontano dalla polvere dell'arena. Talvolta pare una messa laica in cui c'è tanto non detto, come il nome "Renzi" o il jobs act o le banche. C'è, nel non detto, la carne viva di questi anni, le passioni viscerali, il fallimento di una legislatura che riguarda tutti, e, di conseguenza, un intero impianto strategico da proporre: una visione generale, un progetto di cambiamento possibile, una strategia di alleanze, prima o dopo il voto. Chissà, forse era presto aspettarseli oggi, al primo giorno di leadership.

Culturalmente, il suo è un discorso che da Veltroni in poi avrebbe trovato piena cittadinanza nel Pd. È il discorso di un Pd, diciamo così, dal volto umano, che si propone l'obiettivo di intercettare quel popolo della sinistra deluso che si è rifugiato nell'astensionismo o nel voto ai Cinque Stelle. Grasso, per biografia, cultura politica, sensibilità culturale, non è Corbyn, Sanders, Melanchon. Né esprime quell'umore anti-capitalista della sala che viene giù quando Roberto Speranza parla di "sfruttamento del lavoro" o quando Nicola Fratoianni denuncia la "bancarotta morale del mercato".

È chiaro che in questo ritorno al passato di un sistema sostanzialmente proporzionale, tutto il gioco di alleanze di vedrà dopo il voto. E l'interlocutore naturale del Pd dal volto umano è l'altro Pd, per un governo che nasce in Parlamento. Non altri. C'è poco da fare, in questo lungo inverno dello scontento, la sinistra, un anno dopo, pare congelata al 4 dicembre, divisa in due ridotte identitarie la cui grandezza si vedrà nelle urne di primavera, ma nessuna capace di esprimere una prospettiva maggioritaria: il Pd di Renzi, che non ha ancora elaborato la sconfitta, la nuova forza a sinistra che fatica a elaborare la scissione. The show must go on, la canzone dei Queen che "sparavano" le casse all'Atlantic mentre Grasso era abbracciato dalla folla. Perché a questo punto nessuno si più fermare.

E la moglie Maria si commuove

Sinistra, la commozione della signora Grasso nel giorno dell'incoronazione di Pietro

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