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Politica

Nessuna forzatura su ius soli e biotestamento. Dall'entourage di Grasso smentiscono il "dispetto" al Pd

AGF
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"Chi lo conosce sa che da Grasso non arriverà alcuna forzatura, come mai è arrivata in passato". Dall'entourage del presidente del Senato l'ipotesi, circolata in giornata, che il neoleader di "Liberi e Uguali" meditasse lo sgambetto al Pd, scavalcandolo sul calendario dell'aula di Palazzo Madama, è stata accolta quasi con sdegno. Alla vigilia dell'importantissima riunione dei capigruppo che dovrà stabilire cosa far votare prima ai senatori tra biotestamento e ius soli nell'ultima finestra utile della legislatura, i rumors si erano fatti troppo insistenti per poter essere ignorati.

E così, nel tardo pomeriggio il diretto interessato, reduce dalla trionfale investitura a candidato premier della nuova formazione unitaria della sinistra, ha fatto filtrare la propria assoluta determinazione ad attenersi diligentemente a ciò che sarà deciso nella riunione di domani dei presidenti di gruppo.

Il che, salvo colpi di scena, significherà avallare la precedenza al biotestamento, secondo lo schema Dem anticipato dallo stesso Renzi nelle ultime ore, che prevede la priorità per il provvedimento che conta le maggiori possibilità di approvazione. Sempre dai piani alti di Palazzo Madama fanno notare, infatti, che il regolamento del Senato, nello svolgimento delle votazioni in conferenza dei capigruppo, prevede il cosiddetto voto ponderato. Vale a dire un meccanismo che non è "una testa un voto", bensì associa un coefficiente a ogni voto di presidente, sulla base della consistenza del gruppo rappresentato. Sempre secondo il regolamento, il presidente fa una proposta sulla base degli orientamenti dei gruppi, ma questa può sempre essere modificata dai presidenti di gruppo e, come ultima ratio, messa ai voti in aula.

I precedenti, in questo senso, parlano chiaro visto che, al netto dei provvedimenti in quota opposizione previsti dal regolamento, nella gestione del calendario d'aula ha sempre prevalso la linea del capogruppo del Pd Luigi Zanda e degli alleati di maggioranza. E sempre da ambienti vicini a Grasso si fa notare che quest'ultimo si è attenuto al regolamento anche quando era in disaccordo con alcune forzature portate avanti dal Pd, a partire da quella sulla legge elettorale, che a detta di molti ha determinato l'abbandono dei Dem e fatto maturare la decisione di mettersi a capo della sinistra antirenziana.

Ma c'è di più: Grasso sa benissimo, in virtù del fisiologico filo diretto che lo collega al Quirinale, che la priorità ribadita a ogni piè sospinto dal Colle è quella di chiudere definitivamente la legge di stabilità il 22 dicembre. Un incidente potrebbe seriamente compromettere questo obiettivo imprescindibile, laddove per incidente si intende l'arrivo al voto in aula sullo ius soli prima che sul biotestamento. Qui, come è noto, i numeri sarebbero tutt'altro che garantiti e porre la fiducia potrebbe portare al collasso della maggioranza. Una responsabilità che Grasso non ha la minima intenzione di assumersi.

Domani, dunque, il massimo che potrebbe accadere è che il presidente proponga di riprendere la discussione dello ius soli, già affacciatosi in aula un paio di volte senza esiti, ma che tale proposta venga bocciata dalla maggioranza dei capigruppo. Ipotesi anche questa poco probabile, visto che Grasso è solito fare la propria proposta di calendario sulla base di una serie di consultazioni informali coi capigruppo.

Nelle fila del Pd, però, anche chi conosce bene Grasso non può fare finta che nel frattempo non sia accaduto nulla, e non manca chi ironizza, osservando che "chi lo conosceva bene non avrebbe mai pensato che sarebbe andato a fare il candidato premier di D'Alema e Bersani. E invece...".

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