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Politica

Il referendum e la profezia di D'Alema: "Sarà 60 a 40 per il No". L'anticipazione del nuovo libro di Quagliariello

ANSA
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Nel libro Sereno è (ed. Rubbettino), in libreria da domani, l'ex ministro e leader di "Idea" Gaetano Quagliariello ripercorre "scena e retroscena di una legislatura spericolata". Dal governo Letta al referendum costituzionale, dalla diaspora del centrodestra all'alba della sua rinascita, il volume racconta senza censure "la repentina ascesa e il rapido declino dell'astro renziano". Di seguito un'anticipazione.

Nei primi mesi di campagna referendaria, inaugurata da Renzi e dalla Boschi prima ancora che il Parlamento avesse approvato definitivamente la riforma costituzionale, due episodi in particolare si rivelano per me illuminanti circa le grandi potenzialità di successo della battaglia per il No.

Il primo ha come teatro la bella sede della fondazione "Italianieuropei" in piazza Farnese, dove mi reco insieme a due mie collaboratrici, Valentina Rovinalti e Valentina Scarpa, per lavorare a un convegno, a tutt'oggi in attesa di celebrazione, sulla parabola politica e istituzionale della cosiddetta Seconda Repubblica: un evento di carattere storico-scientifico nel quale coinvolgere attraverso interviste mirate i principali protagonisti degli anni a cavallo tra i due millenni. Ci troviamo intorno a un tavolo con Massimo D'Alema e i suoi più stretti collaboratori di "Italianieuropei", con la quale Magna Carta avrebbe condiviso l'iniziativa. Ultimata la ricognizione sull'evento, la conversazione si sposta inevitabilmente sull'attualità politica.

I giudizi di D'Alema sul governo Renzi sono sferzanti. Aveva notato la mia presa di posizione definitiva per il No e in quell'occasione per la prima volta annuncia che anche lui avrebbe partecipato alla campagna. Tra i nostri collaboratori prevale lo scetticismo: avremmo offerto una splendida testimonianza ma il premier sarebbe risultato imbattibile. A quel punto il nostro ospite indice un sondaggio fra gli astanti, chiedendo a ciascuno come avrebbe votato al referendum. È un plebiscito: siamo in sette e il No raggiunge il 100 per cento. Da quella rudimentale rilevazione demoscopica D'Alema ricava il suo pronostico: «Se in questa stanza raggiungiamo il 100 per cento, nel Paese potremmo arrivare al 60». Lo prendiamo per un visionario.

[...]

Convinto ancora di essere proiettato verso un'esaltante vittoria sul terreno delle riforme, nella tarda primavera del 2016 Renzi prova a disinnescare le imminenti elezioni amministrative, che coinvolgono città importantissime come Roma, Milano, Napoli, Torino, Trieste, Cagliari e altre, puntando tutto sulla campagna referendaria. Mentre nelle piazze ci si contende la guida dei più grandi Comuni italiani, il segretario del Pd continua a parlare di riforma del Senato e abolizione del Cnel.

Fatto sta che le amministrative del giugno 2016 si rivelano per lui qualcosa più di un campanello d'allarme. [...]. Renzi non avrebbe colto il messaggio, nonostante al secondo turno i candidati del Pd superstiti avessero implorato la sede nazionale di non far partecipare il premier alle manifestazioni. La campagna referendaria, da quel momento in poi, si sarebbe definitivamente trasformata in un gioco dell'uno contro tutti. La presenza di Renzi in televisione sarebbe diventata progressivamente egemone, straripante, ossessionante. Impossibile, a posteriori, non cogliere in questa arrogante inconsapevolezza il suo più grave errore.

È proprio nel periodo delle elezioni amministrative che il conflitto all'interno del Pd da strisciante si fa esplicito. La svolta è rappresentata da un avvenimento di cui sono involontario testimone e co-protagonista.

La scena ancora una volta è ambientata nella sede di "Italianieuropei" a piazza Farnese – anzi, per precisione, sul pianerottolo davanti alla porta – e ancora una volta l'occasione è il convegno in gestazione sugli anni della Seconda Repubblica. Al termine di una riunione scientifica preparatoria, D'Alema ed io, in compagnia di una decina tra professori universitari e collaboratori, ci avviamo verso le scale. Le elezioni comunali sono imminenti, il referendum comunque vicino. Si discute di pronostici, soprattutto per quanto riguarda la città di Roma. D'Alema non nasconde lo scetticismo sul risultato che sarebbe stato riportato dal candidato del Pd Roberto Giachetti, in gara al secondo turno contro l'aspirante sindaco del Movimento 5 Stelle, e non omette nemmeno di segnalare la correlazione per lui evidente tra l'infausta prognosi e l'impostazione che Matteo Renzi aveva dato alla campagna referendaria.

Pochi giorni dopo, sulle pagine di «Repubblica», un retroscena trasforma quel siparietto in un endorsement di D'Alema a favore di Virginia Raggi. È del tutto evidente che qualcuno tra i presenti, a mio avviso tra i professori universitari, aveva riportato quella versione dei fatti.

Mi sento allora in dovere di intervenire e ripristinare la verità: l'episodio si era verificato, ma si era trattato di poco più che una chiacchierata goliardica. In particolare la conversazione non aveva risparmiato critiche nei confronti del Pd e del suo segretario ma, al di là del tono iperbolico e scherzoso, queste non si erano mai tradotte in una dichiarazione di voto per la candidata pentastellata.

Fatto sta che al dunque la profezia si avvera. Giachetti perde rovinosamente, e quella sconfitta rende chiaro ciò che a me pareva evidente già da qualche mese: la curva del renzismo aveva svoltato e puntava con decisione verso il basso.

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