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Esteri

"Una ferita mortale alla pace". Intervista all'ex ministro degli Esteri palestinese Nabil Shaath

DIMITAR DILKOFF via Getty Images
DIMITAR DILKOFF via Getty Images 

"Trump vuole spostare l'Ambasciata americana a Gerusalemme? Bene, lo faccia a Gerusalemme Ovest e al tempo stesso dichiari la volontà di aprirne una a Gerusalemme Est. Il nostro appello è all'Europa: non seguite l'America in una scelta gravissima che infligge una ferita mortale al processo di pace e mette a rischio la stabilità e la sicurezza dell'intera regione". A lanciare l'appello, in questa intervista esclusiva concessa all'HuffPost, è l'uomo che negoziò con Yitzhak Rabin, allora primo ministro d'Israele, il riconoscimento da parte dello Stato ebraico dell'Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) di Yasser Arafat: da lì si aprì il percorso che portò agli accordi di Washington del settembre 1993: Nabil Shaath, già ministro degli Esteri palestinese, primo consigliere diplomatico del presidente Abu Mazen.

"Ai tempi del negoziato di Oslo-Washington – ricorda Shaath che di quel negoziato fu tra i protagonisti – si convenne di rinviare la discussione sullo status di Gerusalemme. Yitzhak Rabin e Shimon Peres (allora ministro degli Esteri, ndr) fecero presente al presidente Bill Clinton l'estrema delicatezza della questione di Gerusalemme. Per questo si decise di rinviare ad un secondo step la discussione. Ma mai, fino ad ora, un presidente degli Stati Uniti aveva negato che Gerusalemme dovesse essere parte di un negoziato. Lo strappo è di quelli laceranti e solo una ferma e immediata risposta della comunità internazionale, potrebbe, forse, attutirne il colpo. Di certo, oggi è una giornata di dolore e di rabbia per il popolo palestinese".

Donald Trump ha deciso: per gli Stati Uniti Gerusalemme è la capitale unica e indivisibile d'Israele. Cosa significa questo per i Palestinesi?

"Una ferita mortale inferta al processo di pace e a una soluzione a due Stati. Perché uno Stato di Palestina senza Gerusalemme Est come capitale, è uno Stato che non esisterà mai. Ma lo status di Gerusalemme non è un problema solo dei Palestinesi. La ferita va oltre la sfera della politica e della diplomazia. Perché Gerusalemme è il terzo luogo sacro per 1 miliardo e 800 milioni di musulmani, è un luogo sacro per l'intera cristianità. Gerusalemme è un patrimonio dell'umanità e come tale va difeso e condiviso. Con il suo pronunciamento, Trump cancella una storia multisecolare e, al tempo stesso, mortifica la legalità internazionale...".

A cosa si riferisce?

"Alle risoluzioni delle Nazioni Unite 242 e 338. Risoluzioni che furono votate dal rappresentante degli Stati Uniti al Consiglio di Sicurezza; risoluzioni che affermavano che Gerusalemme Est è parte dei Territori palestinesi occupati da Israele nel 1967. Tutto questo viene ora azzerato. Così come viene azzerata la stessa Road Map elaborata dal Quartetto per il Medio Oriente del quale gli Stati Uniti fanno parte, assieme all'Ue, alla Russia e all'Onu. Con la decisione su Gerusalemme, il presidente Trump va bel oltre la proclamata discontinuità in politica estera con il suo predecessore Barack Obama. Vede, nel corso di questi ultimi trent'anni ho avuto modo di interloquire con diversi presidenti degli Stati Uniti, Repubblicani e Democratici: i Bush, padre e figlio, Clinton, Obama...Ognuno aveva le sue idee sul Medio Oriente, ma nessuno aveva mai messo in discussione che la pace dovesse venire da un negoziato tra le parti e che un accordo globale non poteva non includere anche lo status di Gerusalemme. Tutti erano consapevoli delle difficoltà e di cosa rappresentasse Gerusalemme per Israeliani e Palestinesi, ma anche per Ebrei, Cristiani, Musulmani. Ora si vuole riscrivere la Storia oltre che la politica mediorientale. E lo si fa scegliendo una parte, assecondando le sue pretese".

Un esponente del governo israeliano ha affermato che Gerusalemme è stata capitale del popolo ebraico per 3000 anni...

"Un'affermazione che rischia di fomentare una guerra di religione che non si fermerebbe alla Terrasanta. So bene che sentire Gerusalemme come parte fondamentale della propria identità culturale, religiosa, nazionale accomuna tutti gli Israeliani, ma questo vale anche per noi Palestinesi. Se si va a colpi di citazioni bibliche o di altri testi sacri, è davvero finita. Per la sua storia, per ciò che rappresenta, Gerusalemme deve essere città aperta, capitale di due Stati. Per quanto ci riguarda, siamo pronti a discutere anche di una internazionalizzazione dei Luoghi sacri di Gerusalemme. Trump vuole spostare l'Ambasciata americana a Gerusalemme? Bene, lo faccia a Gerusalemme Ovest e al tempo stesso dichiari la volontà di aprirne una a Gerusalemme Est: in questo modo avrebbe dato un impulso straordinario al processo di pace e dato una chance importante alla soluzione a due Stati. Purtroppo non è andata così. Ed ora tutto è destinato a cambiare...".

C'è chi teme una nuova rivolta palestinese....

"Il presidente Abbas ha messo in guardia il presidente Trump delle pericolose conseguenze che la sua decisione avrebbe comportato. E la stessa cosa hanno fatto tutti i leader arabi, anche quelli dei Paesi (Egitto e Giordania) che hanno un trattato di pace con Israele. E critiche sono venute dalla Russia, dalla Cina...".

E l'Europa?

"L'Europa è messa di fronte a una responsabilità storica. Con la decisione su Gerusalemme, l'America perde credibilità come mediatrice. Il presidente Trump, incontrando il presidente Abbas prima alla Casa Bianca e successivamente a Betlemme, aveva sostenuto di voler svolgere un ruolo attivo di facilitatore di una ripresa del negoziato israelo-palestinese. Ma quella compiuta su Gerusalemme non è la scelta di un 'facilitatore' ma di un 'sabotatore' del dialogo. L'Europa ha sempre sostenuto di voler giocare un ruolo da protagonista in Medio Oriente. Ebbene, questo è il momento di dimostrarlo. Parli con una sola voce, sostenga le ragioni del negoziato e dica con chiarezza che non seguirà Trump su una strada che non poterà alla pace ma inasprirà i conflitti".

C'è il rischio di una deriva violenta della protesta?

"Non è questo il nostro fine. Ma nessuno può chiederci di arrenderci di fronte a una così grave ingiustizia. Gli animi sono esasperati, e con la sua decisione Trump alimenta quei sentimenti di rabbia e di frustrazione su cui puntano i gruppi estremisti".

Commentando la decisione del presidente Usa, il premier israeliano Benjamin Netanyahu che oggi "l'identità storica e nazionale d'Israele sta ricevendo una spinta eccezionale".

"Una spinta verso il baratro...Perché ora il governo israeliano si sentirà ancor più legittimato a portare avanti la pulizia etnica a Gerusalemme Est, così come a proseguire la colonizzazione dei Territori. Proverà a dirsi pronto a ospitare un vertice a tre alla Casa Bianca, ne ha già accennato al presidente Abbas, non chiuderà le porte alla soluzione a due Stati, ma se non lui, almeno il segretario di Stato Tillerson sa bene che dopo una simile decisione parlare di un rilancio del processo di pace è solo voler addolcire una pillola indigeribile. Le nostre priorità ora sono altre. E la prima delle quali è una risposta unitaria di tutti i paesi della Lega Araba. Per questo, assieme alla Giordania, abbiamo richiesto una riunione urgente della Lega dalla quale deve uscire una iniziativa comune".

L'inviato dell'Onu per il Medio Oriente ha riaffermato che lo statuto furtuo di Gerusalemme deve essere oggetto di negoziazione...

"Belle parole, ma che per essere credibili devono essere seguite dai fatti. La storia delle Nazioni Unite è piena di risoluzioni sulla Palestina rimaste lettera morta, per responsabilità israeliana. In precedenza, Lei mi ha chiesto cosa potrebbe fare l'Europa alla luce della scelta di Trump. Un atto riequilibratore: riconoscere unilateralmente lo Stato di Palestina con Gerusalemme Est come sua capitale. Lo chiediamo all'Europa. Lo chiediamo all'Italia".

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