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Cultura

Giuseppe Palumbo, l'intellettuale in bicicletta che "ha cantato" il Salento in fotografia

Giuseppe Palumbo
Giuseppe Palumbo 

Un cantore del sud in fotografia, con l'obiettivo aperto sul Mezzogiorno del primo Novecento e lo sguardo di figlio che medita antropologicamente sulla propria terra. Chilometri corsi in sella a una bicicletta, a bordo di treni sferraglianti lungo la ferrovia che si fa strada tra ulivi e muretti a secco: per cinquant'anni Giuseppe Palumbo (1889-1959), scrittore, fotografo, intellettuale ha impressionato il Salento con la sua macchina fotografica. Lo ha setacciato tra campagne e paesi, lembi di costa ed asperità dell'entoterra raccogliendo frammenti visivi. Fotografie, in cui ha deciso di mettere tra parentesi i suoi natali (a Calimera, nella Grecìa salentina) per raccontare con le lenti dello studioso tradizioni e costumi etnografici.

Dopo la prima nel grembo materno, Otranto, "Visioni di sud" - progetto di Istituto di Culture Mediterranee, Associazione Cinema del reale, OfficinaVisioni, Big Sur - approda a Roma, al Museo delle Civiltà / Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari fino a 7 febbraio 2018. 1740 lastre fotografiche, altrettanti squarci di Meridione novecentesco, ritraggono in una mostra itinerante la Puglia estrema, quella che mette il punto all'Italia col capo di Leuca, protesa verso l'Africa. Una terra, quella di Palumbo, impressionata "con oggettività e realismo" dice Cecilia Mangini, regista e fotografa, "testimonianza accusatoria di un demartiniano anticipato e occulto per il sud ridotto a povera colonia del nord industriale e progredito".

Giuseppe Palumbo
Giuseppe Palumbo 

Contadini, artigiani, cantastorie, tessitrici, piccoli pastori con le loro greggi: suggestivi reportage agresti dipinti con la macchina fotografica restituiscono spazi in cui l'uomo intesseva un rapporto panico con la natura ma anche monumenti pronti a essere sacrificati sull'altare della modernizzazione. Accanto alle immagini che parlano di ritmi di vita pacati, cadenzati da albe e tramonti, movimentati solo dalle stagioni, scorre un nastro di antichi mestieri: ecco il piccolo pescatore con la canna in bilico su uno scoglio a San Foca, la fiera del bestiame a Casarano, donne e uomini che rifuggono la calura sotto un albero, meritata sosta dal lavoro dei campi nella "controra".

A Roma il Museo delle Civiltà si trasforma per accogliere il Salento rappresentato tra il 1907 e il 1959: la Sala delle Regioni diventa una grande piazza allestita a festa con una suggestiva installazione fatta di luminarie, le stesse che il 21 giugno, avvolte nella carta velina, vengono realizzate per la festa del Solstizio d'estate a Calimera (Lecce), paese di origine del fotografo. Stavolta, per l'occasione, sono ricoperte di carta trasparente che riproduce le immagini dell'archivio. La mostra, insomma, è un'opera corale in cui alle fotografie si sommano rielaborazioni e riletture di archivio da parte di artisti, designer, scrittori, film-maker e musicisti, come il video Memorie di Anna realizzato dal regista Paolo Pisanelli, che raccoglie l'appassionata testimonianza della figlia di Giuseppe, Anna Palumbo, l'audio-doc dedicato all'opera dell'autore presentato dalla studiosa e critica d'arte Ilderosa Laudisa, o Archivi di luce e Sedici scatti luminosi di Maurizio Buttazzo,selezione di scatti rivisitati in chiave moderna.

Giuseppe Palumbo
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