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Esteri

Un palestinese ucciso dai soldati israeliani a Gaza. L'Onu: "Decisione unilaterale che minaccia la pace"

THOMAS COEX via Getty Images
THOMAS COEX via Getty Images 

"La nostra decisione non pregiudica un negoziato sullo status finale...". E ancora: "Per il trasferimento dell'Ambasciata serviranno almeno due anni". Il segretario di Stato Usa, Rex Tillerson, prova a gettare acqua sul fuoco scatenato dalla decisione del presidente Trump di spostare l'Ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme riconoscendo quest'ultima come "capitale unica" d'Israele. Ma le rassicurazioni del moderato Tillerson si perdono nel clamore degli scontri che per l'intera giornata si sono susseguiti a Gerusalemme Est e nell'intera Cisgiordania. Fino a sera quando colpi di cannone e attacchi aerei partono da Israele sul nord della Striscia.

E' l'"al-Quds Intifada". Col passare delle ore, nel "Venerdì della collera", cresce il bilancio degli scontri. E si registra il primo morto. Un giovane palestinese è rimasto ferito mortalmente negli scontri con l'esercito israeliano nei pressi della linea di demarcazione con Gaza. Mahmoud al-Masri (30 anni), riferisce la Maan, spiegando "è stato ucciso dall'occupazione a est di Khan Younis". In seguito era stata diffusa la notizia della morte di un altro palestinese, ma il ministero della Sanità a Gaza ha precisato che quest'ultimo è in realtà gravemente ferito. Durante il trasferimento in ospedale, l'uomo ha mostrato segni di vita ed è stato subito trasferito in sala operatoria in un tentativo estremo di salvarlo. Secondo la Mezzaluna Rossa palestinese sono 767 i feriti negli scontri a Gerusalemme, in Cisgiordania e a Gaza.

"Durante i disordini i soldati israeliani hanno sparato selettivamente contro due principali istigatori e i colpi sono stati confermati" si legge in un comunicato dell'esercito."Ne' Trump ne' alcun altro potrà cambiare la verità storica e geografica e la identità della Città Santa. Sogna chi pensa che tutto si esaurirà con le manifestazioni'', proclama da Gaza il capo dell' ufficio politico di Hamas Ismail Haniyeh.

''La santa intifada di oggi ha inoltrato due messaggi: il primo, che respingiamo la decisione del presidente Trump (su Gerusalemme, ndr), e il secondo che siamo pronti ad immolarci per difendere Gerusalemme''. Tra i feriti, oltre 160 sono stati intossicati da gas lacrimogeni, altri contusi da proiettili rivestiti di gomma, sette invece colpiti da colpi di arma da fuoco e altri tre feriti in maniera diversa. A Gaza, a quanto risulta, i feriti sono una quindicina. Dagli scontri alla diplomazia, un altro terreno minato. Onu è "particolarmente preoccupato per i rischi di una escalation violenta" dopo la decisione di Donald Trump su Gerusalemme. Ad affermarlo al Consiglio di sicurezza è Nikolay Mladenov, inviato speciale delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente. Mladenov ha messo in guardia contro il rischio che la decisione americana possa provocare un "radicalismo religioso". La riunione d'urgenza del massimo organismo decisionale dell'Onu, composto da 15 membri, era stata richiesta dall'Italia, presidente di turno, Svezia, Francia, Regno Unito, Bolivia, Uruguay, Egitto e Senegal.

L'ambasciatore svedese, Olof Skoog, ha fatto riferimento alla risoluzione 2334, adottata il 23 dicembre 2016, la quale sottolineava che il Consiglio di sicurezza "non riconoscerà alcuna modifica delle frontiere del 4 giugno 1967 (prima della guerra dei Sei giorni, ndr), compresa Gerusalemme, se tali modifiche non saranno concordate tra le parti attraverso il negoziato". Questa risoluzione è stata approvata con 14 voti favorevoli ed è passata grazie all'astensione americana che aveva permesso l'adozione del testo. Ma allora alla Casa Bianca c'era Barack Obama e non Donald Trump. La decisione americana rappresenta una "violazione della legalità internazionale", afferma l'ambasciatore egiziano al Palazzo di Vetro, Amr Aboulatta, parlando di Gerusalemme come di una "città sotto occupazione .

Gli Stati Uniti "restano impegnati nel processo di pace", ribatte nel suo intervento al Consiglio di sicurezza l'ambasciatrice americana Nikki Haley, rigettando "sermoni e lezioni". "Comprendo che il cambiamento è difficile per gli altri membri della comunità internazionale. Ma le nostre azioni tendono a far compiere progressi alla causa della pace" e il presidente Trump ""non ha preso posizione sulle linee di confine e sulle frontiere" e "lo statu quo è mantenuto sui luoghi sacri" di Gerusalemme. La diplomazia prova a restare in campo: il presidente dell'Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, parteciperà al prossimo Consiglio degli Esteri Ue a gennaio. Lo ha annunciato l'Alto rappresentante per la politica Estera, Federica Mogherini, dopo l'incontro il ministro degli Esteri giordano, Ayman Al Safadi. "Lo ho invitato e lui ha accettato" per "un esercizio simile a quello che faremo lunedì prossimo con il premier israeliano Benjamin Netanyahu" per parlare del processo di pace, ha affermato Mogherini. Ma la diplomazia lascia il campo ad una protesta che divampa nel mondo musulmano. Dal Cairo ad Amman, da Beirut a Kuala Lampur, dalla Turchia all'Afghanistan, dal Pakistan all'Iran, migliaia di dimostranti sono scesi nelle strade dando alle fiamme bandiere americane e d'Israele, e bruciando ritratti di Donald Trump, mentre sui siti della galassia jihadista, si moltiplicano gli appelli di al-Qaeda e dell'Isis perché siano colpite le sedi diplomatiche statunitensi e israeliane in tutto il mondo. Il grande imam di Al-Azhar, la più influente istituzione religiosa sunnita con sede al Cairo, ha annullato un incontro con il vice presidente americano Mike Pence per protestare contro la decisione Usa di riconoscere Gerusalemme come capitale d'Israele, annuncia in un comunicato Al-Azhar. Nel comunicato, Amhmed al-Tayeb, il grande imam di Al-Azhar ha spiegato di essere ritornato sulla sua decisione di incontrare Prince in occasione della sua visita in Israele e in Egitto nella seconda metà di dicembre. L'incontro, saltato, era previsto per il 20 dicembre. Ma la rivolta islamica non scuote The Donald. "Ho mantenuto la mia promessa elettorale, gli altri non lo hanno fatto". Così l'inquilino della Casa Bianca su Twitter riferendosi al riconoscimento di Gerusalemme come capitale d'Israele. e alla decisione di trasferirvi l'ambasciata Usa. Il tweet è accompagnato da un video in cui compaiono gli ex presidenti Bill Clinton, George W. Bush e Barack Obama, "rei" di aver affermato di ritenere Gerusalemme capitale di Israele, ma di non averlo mai riconosciuto ufficialmente. Le immagini di Clinton sono del 1992, poi ci sono George W. Bush nel 2000 e Barack Obama nel 2008. Infine la promessa di Trump nel 2016, in campagna elettorale, seguito dall'annuncio del riconoscimento di Gerusalemme capitale di Israele in questi giorni. E oggi, a Washington, il presidente Usa ha celebrato Hanukkah, la "festa delle luci" ebraica, alla Casa Bianca, definendola "particolarmente speciale" quest'anno, dopo l'annuncio tanto contestato. "In questo momento penso a quello che sta accadendo e a tutto l'amore che c'è in Israele e per Gerusalemme", ha dichiarato Trump: accanto a lui c'era il genero e consigliere Jared Kushner e la figlia Ivanka, che si è convertita all'ebraismo. Le aperture del segretario di Stato Usa non convincono i palestinesi. "Sappiamo bene che Tillerson è stato isolati dai falchi dell'amministrazione Trump, quelli più influenzati dalla lobby israeliana americana – dice a HP Mustafa Barghouthi, leader del Palestinian National Iniziative, espressione del fronte laico e progressista palestinese - . Non importa quanto tempo ci vorrà per il trasferimento fisico della sede diplomatica americana – aggiunge Barghouthi – sul piano politico la scelta di rottura è stata consumata e di fatto legittima Israele all'annessione dei Territori palestinesi occupati, di cui Gerusalemme Est, come stabiliscono peraltro due risoluzioni Onu, è parte integrante". Tagliente è il giudizi di Zvi Bar'el, editorialista politico di Haaretz: "Con la decisione su Gerusalemme – dice – Trump non ha ucciso il processo di pace, ne ha solo certificato la morte". La notte non ferma gli scontri. Le sirene di allarme anti missili risuonano nel sud di Israele: i Patriot israeliani intercettano un razzo sparato dalla Striscia. La reazione non si fa attendere. E il bilancio delle vittime è destinato a salire.

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