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Politica

La commissione boomerang: Boschi di nuovo sulla graticola per Banca Etruria, il Pd renziano la blinda

ANSA
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Proprio quando la commissione banche è alle sue ultime battute, insieme a tutta la legislatura, parte il boomerang: direzione Nazareno. Ma solo la cerchia renziana del Pd lo raccoglie, cercando il contrattacco per difendere sempre lei: Maria Elena Boschi. I non renziani tacciono. I ministri si defilano. Anche Paolo Gentiloni, a Bruxelles per il consiglio europeo, mantiene le distanze dal nuovo caso scoppiato intorno al sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Nessuna dichiarazione ufficiale, a sera trapela solo un "Maria Elena ha chiarito", l'avrebbe detto con i suoi in una pausa del vertice Ue. E subito si squarcia la foto di gruppo, anzi di 'squadra', che Matteo Renzi aveva immaginato per l'avvio della campagna elettorale sabato a Reggio Emilia, rimandato a inizio anno causa alluvione.

Da una parte, la prima fila renziana. Bonifazi, Marcucci, Rosato, Orfini si prendono un po' di ore per studiare il caso e poi partono in difesa di Boschi, finita di nuovo sulla graticola per le dichiarazioni del presidente della Consob Giuseppe Vegas in commissione banche: "Ho parlato con il ministro Boschi di Banca Etruria". Scoppia il putiferio. M5s, Lega e Liberi e Uguali partono all'attacco: Boschi ha mentito al Parlamento, si dimetta.

Orfini tira fuori lo stenografico della seduta parlamentare di due anni fa, la prima difesa di Boschi su Banca Etruria. "Di Battista, Calderoli e Speranza (bel terzetto) chiedono dimissioni Boschi per aver mentito in Parlamento. Qui sotto l'intervento incriminato. Vediamo se qualcuno ha voglia di fare il fact checking e scoprire se la bugia è della Boschi o del terzetto", twitta il presidente del Pd in commissione banche.

Boschi stessa reagisce su Facebook, ormai non se ne tiene una: "Chi mi chiede le dimissioni perché avrei mentito in Parlamento deve dirmi in quale punto del resoconto stenografico avrei mentito". E va in tv a 'Otto e mezzo' niente meno che con Marco Travaglio.

In aula Boschi aveva detto: "Non ho mai favorito la mia famiglia, non ho mai favorito i miei amici, non c'è conflitto di interessi o favoritismi, né alcuna corsia preferenziale: chi ha sbagliato pagherà". In audizione oggi Vegas racconta di averla incontrata più volte quando era ministro, che almeno in un'occasione fu lei a chiedere l'incontro, "mi venne prospettato un quadro di preoccupazione perchè Etruria poteva essere incorporata da Bpvi", la Popolare di Vicenza, "mi venne detto che il padre sarebbe diventato vice-presidente...".

Al netto di tutto, del vero e del falso, nel suo ultimo giorno utile prima della scadenza del mandato da presidente, Vegas riesce a ribaltare le accuse. Partita più o meno insieme al treno di Renzi 'Direzione Italia', la commissione banche aveva messo sul banco degli imputati Consob e Bankitalia per la presunta mancata vigilanza sui crack bancari. Uno a zero per Renzi e i suoi che proprio su questo scommettevano per uscire dal tunnel delle polemiche su Banca Etruria. Ma nel giro di poco le parti si sono rovesciate. La commissione si rivela una porta girevole: incontrollabile anche per la dirigenza Pd o per il presidente Pier Ferdinando Casini.

Boschi torna nel mirino. Il giglio magico è di nuovo esposto, sempre più debole. Renzi manda prima Boschi in tv e poi ci va lui, in serata a Piazza Pulita. Non si espone in prima persona fino a sera. Nel Pd meno renziano si rafforza l'opinione di chi era scettico fin dall'inizio sull'idea di istituire una commissione d'inchiesta sulle banche. Una Commissione d'inchiesta parlamentare "può partire la prossima legislatura, non adesso. Non in campagna elettorale. Verrebbe usata certamente per regolare conti politici e non per cercare la verità e proteggere il risparmio degli italiani", diceva in un'intervista a Repubblica lo scorso marzo Luigi Zanda, capogruppo Dem al Senato, nonché esponente Dem molto vicino al premier Gentiloni.

Commissione come boomerang: ormai nel Pd più che un timore è una certezza. E se con Vegas è andata così, se il presidente della Consob ha fatto fallire l'obiettivo renziano di vincere un'altra partita oggi, chissà come potrà andare mercoledì prossimo, quando la commissione ascolterà il governatore Ignazio Visco. Vale a dire il primo indiziato delle accuse renziane sulla mancata vigilanza bancaria, oggetto di una mozione parlamentare del Pd che a metà ottobre segnò la prima vera crepa tra il partito del segretario, da un lato, il governo e il Quirinale, dall'altro.

Quella volta nemmeno il diplomatico Gentiloni si trattene, per non parlare della furiosa nota del Quirinale. Oggi queste distanze si ripresentano con la nuova ondata di gelo su Boschi. Gelo anche da Bruxelles, dove il premier si butta a capofitto nelle faccende del consiglio europeo che oggi in particolare riguardano da vicino l'Italia.

Tema: immigrazione. Vertice con Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria e Slovacchia in mattinata: offrono 36miliardi di euro per il fondo europeo per l'Africa. Stop. Nell'incontro con Gentiloni e il presidente della commissione Ue Juncker non sfiorano nemmeno la questione 'accoglienza'. Per loro è chiusa: niente migranti in casa, vi aiutiamo con le risorse sull'Africa. Gentiloni prende e porta a casa, attento a non accendere micce nemmeno con il presidente del consiglio europeo Donald Tusk, vera copertura istituzionale delle riluttanze dei paesi dell'est. Almeno fino al vertice serale.

Niente polemiche sterili, soprattutto quando è lui la 'carta' più gettonata per un bis al governo se alle urne di marzo non ci sarà un vincitore. Una 'carta' che però impallidisce di fronte al nuovo caso Boschi. Scoppia di nuovo tutto intorno all'ex ministra, i renziani si sentono obbligati a fare i renziani e partire all'attacco, soffoca la nuova linea più diplomatica, 'Gentiloni style', che lo stesso Renzi stava tentando di adottare per la campagna elettorale. Si incrina la 'squadra'.

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