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Esteri

Rapporto sulla pedofilia in Australia. "Una tragedia nazionale" per il premier, un'ondata di casi mai puniti

Michael Dodge via Getty Images
Michael Dodge via Getty Images 

La pedofilia è "una tragedia nazionale" per l'Australia, "perpetrata per generazioni in molte istituzioni di fiducia", e il Paese "è venuto meno in modo grave ai suoi doveri" di protezione dei minori. Con queste parole il premier Malcolm Turnbull ha commentato il report della Commissione sugli abusi ai minori al termine di 5 anni di lavoro.

La Commissione - incaricata di indicare proposte per evitare il ripetersi di situazioni analoghe - ha dato al governo sei mesi per mettere a punto una risposta formale a quanto rivelato nel rapporto e un anno per consegnare una relazione sull'attuazione delle misure di prevenzione volute dagli estensori del rapporto. Turnbull ha annunciato oggi che darà vita ad una task force per esaminare le raccomandazioni della commissione e coordinare le azioni da adottare in conseguenza di quanto indicato. Ha lodato il coraggio delle vittime di abusi e dei loro parenti che hanno condiviso - "spesso per la prima volta" - le loro "storie strazianti" per fare avanzare l'inchiesta. Turnbull ha anche annunciato lo stanziamento di 52,1 milioni di dollari per l'assistenza alle vittime.

Sono state oltre 15.000 le persone che hanno raccontato di abusi subiti nelle chiese, negli orfanotrofi, nelle scuole, nei circoli sportivi e in gruppi giovanili, coinvolgendo oltre 4.000 istituzioni, comprese molte entità cattoliche. "Decine di migliaia di bambini sono stati vittime di violenza sessuale in molte istituzioni australiane e non ne sapremo mai il numero esatto", si legge nel rapporto. "Indipendentemente dal numero, è una tragedia nazionale, perpetrata per generazioni in molte istituzioni di fiducia", si legge ancora. La commissione ha spiegato che gli abusi sono avvenuti in quasi tutti i luoghi in cui i bambini vivevano o partecipavano ad attività educative, ricreative, sportive, religiose o culturali. Non erano poche "mele marce", ha rimarcato. "Alcune istituzioni hanno avuto molti pedofili che hanno aggredito molti bambini", ha precisato, denunciando il fatto che "le più grandi istituzioni hanno fallito in modo grave nei loro doveri e in molti casi queste carenze sono state aggravate da una risposta chiaramente inadeguata per le vittime". "Il problema è così diffuso, e la natura dei crimini così odiosi, che è difficile da comprendere", ha sottolineato la commissione.

Sono oltre 2.500 le segnalazioni fatte alla polizia e 230 le inchieste avviate. Tra le raccomandazioni formulate nei 17 volumi del rapporto figura l'obbligo per i preti di denunciare gli atti di pedofilia ammessi nel segreto del confessionale. La commissione ha inoltre raccomandato alla conferenza episcopale di chiedere al Vaticano di modificare il diritto canonico per stabilire il celibato volontario e non più obbligatorio per i sacerdoti. Infine ha sollecitato la creazione di un ufficio nazionale per la sicurezza dei bambini.

Lo scorso febbraio, la stessa Commissione aveva rivelato i dati a illustrare l'entità del problema: il 7% dei religiosi cattolici australiani è stato accusato di abusi sessuali su minori tra il 1950 e il 2010 senza però che i sospetti siano finiti sotto indagine; in alcune diocesi la percentuale ha raggiunto il 15% dei sacerdoti sospettati di pedofilia. Il più alto rappresentante della chiesa cattolica in Australia, George Pell, è stato ascoltato tre volte dalla commissione di inchiesta dove ha ammesso di aver "fallito" nella sua gestione dei preti pedofili nello stato di Victoria negli anni '70. A marzo si deciderà se ci sono prove sufficienti a suo carico per procedere con il processo per "reati di violenza sessuale".

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