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Economia

Seul e Pechino verso una stretta, bitcoin in sofferenza

Dado Ruvic / Reuters
Dado Ruvic / Reuters 

La Corea del Sud bloccherà tutte le piattaforme di scambio dei bitcoin. L'annuncio del ministro della giustizia ha avuto un immediato impatto sull'andamento della criptovaluta, che è in forte calo.

"Se la bolla scoppia, avremo un effetto devastante", ha detto alla stampa il ministro Park Sang-ki, aggiungendo che "il Ministero sta preparando un progetto di legge per bloccare tutti gli scambi basati sulle monete virtuali". Le autorità sono "molto preoccupate" a riguardo, ha segnalato.

Immediato l'effetto sulle quotazioni delle monete virtuali, in particolare bitcoin che sulla piattaforma coindesk accusa uno scivolone dell'8,50% scendendo sotto la soglia dei 14mila dollari. Sul circuito coreano bithump la moneta virtuale bitcojn accusa un tonfo del 18%, la principale concorrente Ethereum crolla del 23%.

Ieri era arrivato anche un giudizio netto del guru della finanza Warren Buffett: "Sono quasi certo che faranno una brutta fine. Noi non le abbiamo in portafoglio e non le avremo mai".

Stando a indiscrezioni di stampa, anche la Cina vuole una stretta. Pechino ha ordinato alle autorità locali di "guidare" la chiusura delle attività che producono la criptovaluta. Si tratta del cosiddetto "mining", una serie di calcoli complicatissimi fatti in tempo reale da macchinari costosi per verificare le transazioni e garantire la loro sicurezza. Il processo richiama quello dell'estrazione perchè la quantità di bitcoin - così come le risorse naturali in una miniera - non sono infinite. I 'minatori' di bitcoin, in cambio della loro potenza di calcolo ricevono una quantità minuscola e predefinita della valuta digitale; questo è l'unico modo con cui nuovi bitcoin vengono creati. I macchinari di calcolo consumano una quantità enorme di energia. Anche a questo, oltre ai rischi finanziaria intravisti, è dovuta la mossa della Cina.

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