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Politica

Il collegio fa paura. Renzi in pressing sui ministri: non scelgano solo il proporzionale. Niente Parlamento a chi non ha versato "le tasse" al partito

LightRocket via Getty Images
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"La certezza del posto ce l'ha solo chi prende voti sul collegio. Seggi sicuri non ce ne sono...". Matteo Renzi dice in direzione nazionale che la forza del Pd per le elezioni di marzo deve essere far leva sulla "realtà" rispetto alle "bufale" di Lega e M5s. E allora, con molta realpolitik, il segretario del Pd ammette che si va al voto senza certezze. Del resto, non è la prima volta. Alle scorse amministrative, dice, "abbiamo vinto a Varese e perso a Pistoia e Genova...".

La direzione di oggi intanto approva il regolamento con la deroga a candidarsi per il premier Paolo Gentiloni e i ministri Pd con più di tre mandati alle spalle: devono correre anche nei collegi, è il pressing di Renzi. Quella per l'ex segretario Ds Piero Fassino, prevista per oggi come abbiamo raccontato qui, salta per le polemiche: ma verrà approvata insieme al resto delle liste nella prossima direzione da convocarsi entro la scadenza del 29 gennaio.

Ecco il regolamento che, tra le altre cose, vieta la ricandidatura ai parlamentari che non hanno versato le quote dovute al partito:

(continua a leggere dopo le foto)

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La prossima direzione dunque approverà le liste: in un sol colpo. In questo modo, il potere di comporle è concentrato nelle mani del segretario nazionale, sentiti i suggerimenti dei segretari regionali. A seconda dei casi, naturalmente. Su Fassino per esempio, l'uomo cui Renzi ha affidato i rapporti con gli alleati, il segretario Dem non vuole sentire ragioni, nemmeno quelle dei territori, il Piemonte in questo caso. In direzione gli rende merito per il "lavoro generoso" con gli alleati (Bonino, Verdi e socialisti più i centristi della Lorenzin), confida in una "coalizione di centrosinistra competitiva". Insomma, l'ex segretario dei Ds ed ex sindaco di Torino, con più di tre mandati alle spalle, otterrà la deroga all'articolo 21 dello Statuto del Pd, che recita:

"Non è ricandidabile da parte del Partito Democratico per la carica di componente del Parlamento nazionale ed europeo chi ha ricoperto detta carica per la durata di tre mandati".

Naturalmente Renzi soffre la polemica sui vecchi Parlamentari che sgomitano per tornare ancora al prossimo giro. E per questo cerca di limitare le pretese. "Non tutti rientreranno in Parlamento perché non c'è più il premio di maggioranza del Porcellum e perché non si possono riportare solo gli uscenti", avverte. "Troppa attenzione ai destini dei singoli", continua, annunciando poi che "Paolo Siani (fratello di Giancarlo, il cronista ucciso dalla Camorra, ndr.) sarà il nostro primo candidato". Si sapeva. La novità è che "si candida con il Pd Carta Cantone", ex segretaria dello Spi-Cgil, una che – quando Renzi era premier – minacciò di usare le "armi a nostra disposizione" per difendere le pensioni.

La nota dolente restano i collegi. Fanno paura. Promettono un corpo a corpo con gli avversari: con la Lega al nord, il M5s al sud. Il Pd rischia l'accerchiamento. Ma Renzi vorrebbe dar prova di forza. E' per questo che da settimane sta chiedendo a premier e ministri di correre anche nei collegi, oltre che nei listini proporzionali, dai quali verranno ripescati in caso di mancata elezione nell'uninomale. E' un pressing che finora ha avuto esito positivo con Gentiloni che correrà a Roma 1 per la Camera e nei listini di Lazio e Piemonte (ma Renzi insiste affinché si candidi anche in altri listini, il Rosatellum ne prevede al massimo 5). Con gli altri, la decisione è in corso (Padoan per dire, che non è esponente Pd, si candiderà solo nei listini proporzionali).

Nel discorso alla direzione, la realpolitik del leader trova modo per lasciare spazio al solito sforzo di ottimismo, almeno sui listini: "Nella lista proporzionale ce la giochiamo per essere primo partito. La nostra coalizione è in grado di avere un buon risultato non solo nelle regioni centrali...". Parola d'ordine: Europa. Sabato Renzi parteciperà ad un'iniziativa con gli eurodeputati Dem a Milano. E a proposito di Bruxelles: sta cercando di convincere Gianni Pittella, attuale capogruppo del Pse a Strasburgo, a candidarsi alle politiche. Servono voti al sud.

E servono nelle regioni interessate al voto: Lazio e Lombardia.

In direzione Renzi ha parole di stizza verso Liberi e Uguali che hanno deciso di non sostenere Giorgio Gori, candidato governatore del Pd in Lombardia, mentre appoggiano Nicola Zingaretti nel Lazio. "Qualcuno ha voluto vedere nella strategia altalenante della sinistra in Lombardia e nel Lazio una strategia per il dopo. Lo sappiamo, non viviamo su Marte. Ma siamo affezionati a considerare le regionali una occasione per fare vincere il candidato migliore", dice Renzi. Ora c'è che nel Lazio Leu non accetta l'alleanza con la lista "Civica Popolare" di Beatrice Lorenzin. E Zingaretti fa sapere che per lei ci sono solo alcuni posti in liste civiche moderate a sostegno del governatore. E' quanto basta per generare tensione.

Il ministro alla Salute tuona: "Quella di Zingaretti con Leu è un'alleanza contro il governo Gentiloni che io rappresento". Renzi formalmente non apre le ostilità con Zingaretti è "in grado di vincere", "le discussioni le faremo dopo il voto...", nicchia. Ma i suoi sospettano che il governatore abbia stretto con Liberi e uguali per 'pesarsi' nel Lazio proprio in funzione anti-renziana.

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