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Esteri

Modi e Trump, alfa e omega di Davos. Usa alla guerra dei dazi con l'Asia

Jonathan Ernst / Reuters
Jonathan Ernst / Reuters 

Narendra Modi e Donald Trump dividono il podio d'onore del vertice di Davos, con il premier indiano che pronuncia il discorso d'apertura del World Economic Forum, mentre il presidente americano chiuderà i lavori venerdì. Apertura e chiusura del forum che corrispondono all'atteggiamento di apertura e chiusura che i leader hanno rispetto al commercio. C'è chi già considera il primo ministro indiano come "l'anti-Trump" per il suo richiamo alla difesa della globalizzazione, che "sta perdendo la sua lucentezza" ma non può essere gestita con i nuovi muri commerciali.

Modi eleva l'India a modello, proprio per l'apertura agli investimenti stranieri. "Sembra che l'opposto della globalizzazione stia accadendo: l'impatto negativo di questo tipo di mentalità e le priorità sbagliate non possono essere considerate meno pericolosi dei cambiamenti climatici o del terrorismo", ha detto Modi, nella prima apparizione a Davos di un primo ministro indiano dal 1997. Una sorta di cambio del testimone con il numero uno cinese Xi Jinping, che dal palco di Davos lo scorso anno era stato il paladino di globalizzazione e libero mercato, proprio nei giorni in cui alla Casa Bianca si insediava Donald Trump.

Il punto di partenza sono le tre principali minacce con cui deve confrontarsi l'umanità: il cambiamento climatico, il terrorismo e una crescente tendenza delle nazioni ad isolarsi. Il premier indiano ha sottolineato "il profondo legame tra le tradizioni indiane e la natura" e ha fatto riferimento al buddismo e agli insegnamenti di Mahatma Gandhi per raggiungere una relazione più armoniosa con il mondo della natura, basato su consumi in base alle necessità reali e con il ripudio invece dei "consumi basati sulla cupidigia". Modi si è soffermato sul fatto che "molte società e molti paesi stanno sempre più focalizzandosi su se stesse" e che questa è una sfida grande come quella che viene dal cambiamento climatico e il terrorismo. "Dobbiamo accettare che la globalizzazione sta perdendo lentamente il suo lustro" e questo in parte è per colpa dell'inadeguatezza delle istituzioni e delle organizzazioni internazionali. Questi enti "creati dopo la seconda guerra mondiale riflettono le aspirazioni e i sogni dell'umanità e della realtà di oggi?", è l'interrogativo posto da Modi. "La soluzione di questa preoccupante situazione non è l'isolamento. La soluzione è accettare e comprendere il cambiamento e formulare politiche flessibili in linea con il mutamento dei tempi".

Parole che arrivano mentre Donald Trump litiga con mezza Asia proprio per la sua strategia commerciale. La Casa Bianca riparte all'attacco contro la Cina e le sue esportazioni, rischiando di andare incontro a una guerra delle tariffe. Il presidente americano ha dato il via libera all'imposizione di nuovi dazi doganali sull'import di lavatrici e pannelli solari. "L'azione del presidente chiarisce ancora una volta che l'amministrazione Trump difende sempre i lavoratori, gli agricoltori, gli allevatori e le aziende americane", ha detto in una nota il rappresentante del Commercio degli Usa, Robert Lighthizer: il funzionario ha spiegato che la decisione è stata presa dopo uno studio indipendente svolto dalla International Trade Commission americana. Sulle lavatrici si prevede una tariffa del 20% sui primi 1,2 milioni di pezzi, che poi salirà al 50% sui restanti fino alla fine del 2018. Le tariffe dureranno per i prossimi tre anni. Per quando riguarda i pannelli solari, settore controllato dai produttori cinesi, le tariffe invece saranno del 30%, e anche in questo caso scenderanno progressivamente nei prossimi anni. Le tariffe dureranno per i prossimi quattro anni sui pannelli solari, scendendo al 15% nell'ultimo anno.

La Cina ha espresso "forte disappunto" contro la decisione americana, per bocca di Wang Hejun, capo dell'Ufficio indagini commerciali del ministero del Commercio cinese, che ha definito la mossa - secondo i media locali - "un abuso dei rimedi commerciali". Anche la Corea del Sud protesta e sottoporrà al Wto una petizione contro i dazi varati dagli Usa, una decisione "eccessiva che apparentemente costituisce una violazione delle disposizioni del Wto", ha commentato il ministro del Commercio Kim Hyun-chong in un meeting coi rappresentanti dell'industria. "Il governo Usa ha preso iniziative vedendo più alla situazione di politica interna che al rispetto delle leggi internazionali". Disappunto anche dei colossi Samsung e Lg.

Un altro fronte anti-Trump si apre sul "Trans-Pacific Partnership" (Tpp), il trattato per una vasta area di libero scambio trasnpacifico ( Canada, Australia, Brunei, Cile, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore e Vietnam) che andrà avanti senza gli Stati Uniti: gli 11 membri puntano a firmare un accordo tra loro a marzo, secondo il governo giapponese. L'accordo, secondo gli osservatori, sarebbe una spinta al libero commercio e un segnale forte a Trump. Il Canada di Justine Trudeau ha deciso che aderirà: "Abbiamo fatto progressi significativi sui punti fermi che avevamo identificato a margine del vertice Apec", ha spiegato un funzionario del Governo di Ottawa, sottolineando che "stiamo cercando di firmare l'accordo". Cruciale per il Canada sarebbe l'accesso al mercato giapponese, il terzo più grande al mondo. Anche perché Trump minaccia di far uscire Washington dal Nafta e Ottawa deve trovare nuovi sbocchi per le proprie merci.

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