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Esteri

L'ombra della lista dei foreign fighters arrivati in Italia sulla visita di Erdogan a Papa Francesco

Umit Bektas / Reuters
Umit Bektas / Reuters 

La notizia pubblicata dal Guardian circa una lista di 50 nomi di fighters tunisini dell'Isis che sarebbero sbarcati in Sicilia alla fine del 2017 per portare la jihad in Europa, è stata minimizzata dalla Polizia italiana, ma è coincisa con una giornata particolare pesante sul fronte della prevenzione per la sicurezza, visto che oggi è stato varato il piano generale per garantire la sicurezza del premier turco Erdogan che accompagnato dalla moglie e da alcuni ministri - si reca il giorno dopo in Vaticano (oltre che al Quirinale e Palazzo Chigi) per incontrare Papa Francesco.

E il tema del colloquio non potrebbe essere più caldo dal punto di vista internazionale: lo status di Gerusalemme dove il presidente americano Trump ha detto (e confermato ieri nel suo discorso sullo Stato dell'Unione) di voler trasferire la sede dell'ambasciata Usa, con questo riconoscendo la città come capitale dello Stato di Israele.

Erdogan del resto si è impegnato in Medioriente in una doppia guerra contro l'Isis e contro i curdi, e già il 28 novembre 2017, 9 persone sono state arrestate mentre stavano organizzando un attentato contro di lui, in occasione di una sua visita ad Atene. Il livello 2 di prevenzione antiterrorismo (quello che precede l'attacco imminente) è stato elevato al massimo della sua gradazione interna.

Il dispositivo di sicurezza per Roma prevede la creazione di una Green Zone della stessa ampiezza e sottoposta alle stesse regole di quando è stato celebrato l'anniversario dei Trattati di Roma.

Saranno schierati 3.500 uomini e anche i gruppi NBCR, cioè i gruppi specializzati dei Vigili del fuoco chiamati a intervenire in situazioni eccezionali: quando esiste un fondato pericolo di contagio da sostanze nucleari, biologiche, chimiche o radiologiche che potrebbero provocare gravi danni a persone, animali o cose. Quindi non si tratta tanto, o almeno non solo di evitare che manifestazioni di piazza creino problemi all'ordine pubblico: si tratta di un dispositivo antiterrorismo e anti Isis in piena regola.

A esprimere preoccupazione per le migliaia di foreign fighters che sono ritornati in Africa dalla Siria e dall'Iraq, e si dimostrano sempre pronti ad abbandonare i loro paesi e imbarcarsi verso altre destinazioni, era stato nell'ottobre scorso a Firenze, il ministro dell'Interno, Marco Minniti: "Un anno fa se mi avessero chiesto se i foreign fighters sarebbero potuti venire in Italia in barca, avrei risposto 'no'. Ora invece è un'ipotesi concreta. Siamo alla fuga individuale dei foreign fighters, è una diaspora di ritorno, è cosa concreta che usino le rotte del traffico di esseri umani", aveva dichiarato. Anche nella relazione annuale sulla sicurezza dei servizi intelligence si metteva in evidenza che i combattenti dell'Isis sarebbero potuti arrivare via mare con piccole ed efficienti imbarcazioni.

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