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Politica

Nazareno con vista Europa

Massimo Jatosti
Massimo Jatosti 

"Ma perché parlate sempre di cosa farò io da grande?", si lamenta Matteo Renzi di fronte a Myrta Merlino che, all'Aria che tira su La7, gli chiede se è vero che il segretario Pd voglia sostituire Jean Claude Juncker alla presidenza della Commissione Europea (ne scriveva politico.eu ieri). "Lo smentisco. L'ho già fatto ieri. Rifaccio oggi", aggiunge Renzi. Ma, a 20 giorni da un turno elettorale che non garantirà vincitori o che comunque non promette un governo in tasca al Pd, ai piani alti del partito se ne fanno di ragionamenti sul futuro. Sono solo idee, nulla di deciso, tanto più che la confusione sotto il cielo è grande. Però delle bozze di percorsi futuri ci sono e non escludono la via di Bruxelles per il segretario del partito. Mentre Paolo Gentiloni dovrebbe prendersi l'onere di gestire gli affari correnti dal governo per chissà quanti mesi, se la sera del 4 marzo non ci sarà una nuova maggioranza. E se, come dice Silvio Berlusconi stasera, stroncando le ipotesi di grande coalizione, "senza maggioranza si torni al voto col Rosatellum".

Le variabili sono tantissime. Ma da almeno sei mesi Renzi si è premurato di piantare qualche seme preciso nel suo futuro politico a livello europeo. Se son rose, fioriranno: tuttavia l'idea di una responsabilità politica più diretta nella 'Ue che verrà' è sul tavolo. E per una volta mette d'accordo anche altri dirigenti di punta del Pd, consci di quanto l'Europa sia meta importante per il segretario Dem, a livello di contenuti nonché di ambizioni politiche. Sono dirigenti che vengono dalla vecchia guardia del Pd e che, in un misto di scontento per la gestione delle liste e per gli ultimi anni di guida renziana, vedrebbero con favore un allontanamento del leader dai tavoli più italiani. In questa fase, Renzi non disdegnerebbe: pur insistendo sull'ambizione di vedere il suo Pd "primo tra i gruppi parlamentari" dopo il 4 marzo, il segretario sa che i sondaggi non sono benevoli con lui.

C'è chi parla di Renzi come Spintzenkandidat, candidato alla presidenza della Commissione Ue, di un'alleanza che metta sotto lo stesso ombrello politico il Pd e 'En Marche' di Emmanuel Macron. Laddove non è chiaro nemmeno quale sia l'ombrello politico: se il Pse, abbastanza malconcio per le divergenze interne tra le varie nazionalità, o altri contenitori nuovi ancora da costruire. In una recente intervista all'Huffpost, il capogruppo del Pse all'Europarlamento, Gianni Pittella, ora candidato Dem al Senato, non fa mistero dell'idea di costruire "un'alleanza larga partendo dal Pse" per le europee del 2019. Alleanza "nella quale trovino posto le forze liberal-democratiche, europeiste e anti-austerity": Macron come lo spagnolo Albert Rivera, leader di Ciudadanos, che ultimamente è stato ricevuto a Roma da Renzi provocando la rabbia dei socialisti spagnoli.

Insomma, il percorso è quanto meno abbozzato. E nemmeno la recente bocciatura delle liste transnazionali europee per il 2019, da parte del Parlamento di Strasburgo, dovrebbe fermarlo. L'idea di Spitzenkandidat, in tedesco 'capolista', vale a dire l'indicazione sulla scheda elettorale del candidato alla presidenza della commissione europea, potrebbe infatti sopravvivere anche senza liste transnazionali (cioè paneuropee che comportano la creazione di un collegio elettorale europeo unico con candidati provenienti da diversi Stati membri). Certo, immaginare ora che quel compito lo svolgerà Renzi è sforzo arduo, anche perché ogni decisione verrà presa alla luce del risultato delle 4 marzo.

Ma in questa fase Renzi certo non punta a legare il suo destino politico al governo che verrà, se e quando ne arriverà uno. Né come premier, ipotesi che senza un'affermazione forte del Pd alle urne pare impossibile. Ma nemmeno come ministro degli Esteri, ipotesi ventilata tempo fa nei ragionamenti Dem e nei retroscena della stampa, ma al momento sparita all'orizzonte. Non a caso negli ultimi giorni il segretario del Pd smentisce con maggiore nettezza ipotesi di alleanze con Silvio Berlusconi, se sarà il caso di cercare i numeri per un governo dopo le elezioni. "Non faremo accordi con chi ha messo in piedi una coalizione estremista", dice oggi. E oggi anche Berlusconi sembra escludere la grande coalizione: "Senza maggioranza si torni al voto col Rosatellum", dice a 'Porta a porta'. Il tutto al netto dei ricorsi arrivati in Corte Costituzionale contro l'attuale legge elettorale: potrebbe arrivare da lì l'obbligo per il Parlamento di modificare ancora il sistema di voto, come è successo per il Porcellum.

Si dirà: anche l'Spd in Germania aveva giurato di non siglare una nuova intesa di governo con Angela Merkel e poi invece l'ha fatta. Ma quello di Renzi appare comunque come un passo indietro: da "non faremo l'alleanza con gli estremisti", leggi Lega, a "non faremo accordi con chi ha messo in piedi una coalizione estremista", leggi anche Berlusconi. Ciò che succederà lo si vedrà alla luce dei voti del 4 marzo. Ma al momento i bookmaker del Pd non scommettono su una grande coalizione bensì sull'impossibilità di formare una nuova maggioranza e quindi su una gestione degli affari correnti da parte di Paolo Gentiloni, chissà per quanto. In Germania (dove tra l'altro il premier italiano arriverà domani per il bilaterale con la Cancelliera) questa transizione è durata oltre 4 mesi e non è ancora finita: è appesa al referendum tra gli iscritti di Spd, Cdu e Csu entro fine mese.

Uno scenario che metterebbe in moto il dibattito politico interno al Pd e che potrebbe spingere Renzi ad azionare bene i suoi nuovi legami europei, da Macron a Rivera. Le elezioni per Strasburgo a quel punto sarebbero alle porte (primavera 2019). Solo ipotesi? Certo, per ora sì. Ma altrettanto certamente, a soli 20 giorni dal voto, al Nazareno si cerca di immaginare un futuro: per tutti i leader in campo.

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