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Politica

Mistero Borrelli. Nella giornata dei veleni M5s circolano tre ipotesi. E sulle Iene...

ANSA
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È la giornata dei veleni, si rincorrono le ore dei sospetti. Parallelamente al caso rimborsopoli da cui Luigi Di Maio sta faticosamente cercando di uscire, nel Movimento 5 stelle si aggira un'ombra: è quella di David Borrelli, potentissimo eurodeputato vicino alla leadership, liquidato ieri da un laconico comunicato della capo delegazione di turno Laura Agea: "Per motivi di salute lascia il gruppo. È fuori dal Movimento". Lungo tutto il corso della giornata si susseguono le voci, si sparano frecciate, si insufflano veleni. L'interessato tace. Fino a poco prima delle 20.00, quando si palesa su Facebook.

Un post che lascia intatti tutti i misteri, ma che fa luce su un punto importante: "Sto leggendo troppe fantasiose ricostruzioni. Non ho problemi di salute e non ne ho mai accennato". Sconfessata in pieno la nota ufficiale. Nelle ricostruzioni della giornata era balenato pure questo: Agea non ha concordato il comunicato con l'interessato. A quel che si racconta nei corridoi di Bruxelles, neanche buona parte della comunicazione era a conoscenza di quel che stava succedendo. Compresa Cristina Belotti, il capo della comunicazione, che ha riannodato i fili solo più tardi. Cosa affatto improbabile se anche Di Maio è costretto ad ammettere: "Non mi ha nemmeno risposto al telefono".

E allora? "L'unica spiegazione possibile è che sia stato un ordine tassativo arrivato da Milano. Gestito non alla perfezione, visto che la spiegazione dei motivi di salute non stava in piedi", spiega un influente parlamentare. Già, perché la tesi al momento più accreditata è quella di uno scontro totale con Davide Casaleggio. Tracce se ne possono trovare anche nel post di Borrelli: "È arrivato per me il momento di cambiare percorso. Per questo ho deciso di aderire ad un nuovo progetto: un movimento, che nascerà a breve, e che si occuperà proprio di imprenditori e risparmiatori. Lo devo a loro, lo devo alla mia vita". Nessun malanno dunque, ma nemmeno nessuna intenzione di ritirarsi dalla vita politica. E quelle parole sibilline che fanno pensare a una costrizione subita: "Lo devo alla mia vita".

Il rapporto tra Borrelli e Casaleggio nasce sotto la migliore stella. Il figlio di Gianroberto si fida quasi ciecamente di lui quando architetta il fallito passaggio ai liberali dell'Alde. Lì, su quel patatrac, qualcosa si rompe, dicono a Bruxelles. E proprio un insanabile crepa apertasi fra i due sarebbe alla base della presunta defenestrazione. Per motivi circostanziali che rimangono impenetrabili. E, a catena, del silenzio cupo di Borrelli fino a un'esternazione che ha come intenzione diretta solamente quella di smentire quanto comunicato ufficialmente dal M5s e di far levare dalla testa ai nemici l'idea di un suo tranquillo ritiro a vita privata.

Borrelli ha – fino ad oggi almeno – le chiavi di Rousseau. "E sa molte cose", spiega chi è vicino alla leadership. Nessuno dorme sonni tranquilli. E la giornata dei veleni continua. Perché da ambienti vicinissimi a Beppe Grillo si racconta un'altra versione. Diametralmente opposta. "Se ci fosse stato uno scontro con Davide, Beppe lo avrebbe saputo. E invece anche lui è stato sorpreso. Non sapeva nulla e ancora non è riuscito a parlarci". Dettaglio importante, questo. Perché nel suo percorso di progressivo allontanamento con Casaleggio, l'eurodeputato era considerato sempre più vicino all'ex comico. "Non so nulla di Rousseau, ci sto dentro solo perché me l'ha chiesto Beppe", diceva al Foglio qualche settimana fa, quasi delineando un manuale Cencelli per il portale dei 5 stelle. E sulle sue pagine social criticava un Movimento più interessato alle poltrone che alle battaglie delle origini, e condivideva solo post nel nuovo blog del fondatore, nessuno che riguardasse la campagna elettorale di Di Maio.

Dettaglio ambivalente. Perché se da un lato avvalora la freddezza con Milano, unita in un sodalizio strettissimo con il candidato premier, dall'altro nega la pista puramente politica: "Da escludere", risponde seccamente la stessa fonte.

C'è poi la questione soldi. "Avrà degli affari in ballo", è una delle versioni circolate. Un circolo vizioso tra il fondo per le piccole e medie imprese a cui i 5 stelle versano i soldi e le aziende nell'orbita di Confapri – network vicino a Gianroberto e a Grillo – era già stato raccontato da Panorama qualche anno fa. I veleni si spingono fino a lì, fino a descrivere un gigantesco conflitto d'interessi che sta per venire alla luce. Huffpost ha preso visione dei documenti delle società di cui Borrelli fa parte. Sono tre, con punti di tangenza l'una con l'altra. Possiede il 25% di Trevigroup s.r.l., di cui è vicepresidente. Il 100% di Cloud Tlc s.r.l., di cui è consigliere. E il 70% di Ubware s.r.l., nella quale pure ricopre un posto nel cda. Su nessuna risultano movimenti sospetti o connessioni che possano far scattare campanelli d'allarme. Così come nessuna, dal 2014 ad oggi, ha attinto a fondo sopracitato. Per scrupolo una verifica è stata fatta anche sui soci. E, a una prima occhiata, niente di anomalo è emerso su Domenico Baldasso, che in tutte e tre risulta presidente, né sugli altri quattro soci (rispettivamente due in Trevigroup e due in Ubware).

Rimane un'ultima ipotesi. Quella più semplice, per modalità di uscita e tempistica. Che vuole le Iene anche sulle sue tracce. Dopo aver sbattuto su una serie di dinieghi o di false piste, verso sera da una fonte qualificata rivela una fatto che ha del clamoroso. A parte i primi mesi, sarebbe noto a tutti all'interno del Movimento che gli eurodeputati o non restituiscono affatto i mille euro al mese pattuiti a inizio legislatura, o comunque lo fanno con molta discontinuità. È anche per questo che non sarebbe mai stata aperta un'apposita sezione per le autocertificazioni su tirendiconto.it. Ed è anche per questo che al quartier generale della campagna elettorale il problema viene tenuto estremamente sottotraccia. Se così fosse, in effetti, a rischiare non sarebbe solo l'ex copresidente del gruppo europeo. Ma l'intera delegazione. E le sue sole dimissioni non avrebbero molto senso. Ma questo, eventualmente, è un altro problema. E la patata bollente rischia di tornare nelle mani di Di Maio.

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