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Politica

"Con noi incasserete l'assegno intero". Silvio fa la corte agli M5S esclusi per arruolarli come i "nuovi responsabili"

Corbis via Getty Images
Corbis via Getty Images 

Il corteggiamento è già iniziato e potrebbe rientrare nel disegno politico che tutti negano di voler realizzare ma che trova, tra dichiarazioni sibilline e interviste in chiaro, sempre maggiori indizi. Sia Matteo Renzi sia Silvio Berlusconi si dicono certi di ottenere con il voto del prossimo 4 marzo la maggioranza in Parlamento e di non pensare a inciuci o larghe intese. Al di là della futura (e incerta) composizione dei gruppi parlamentari, c'è però una componente che va già delineandosi, assumendo giorno dopo giorno forma e consistenza. È il gruppo Misto degli esclusi, composto da tutti gli ex Movimento 5 Stelle allontanati, chi per massoneria chi per aver fatto il furbo sui rimborsi, e piazzati nelle liste in ottime posizioni. Ed è a questi che il Cavaliere ha fatto arrivare il suo caloroso messaggio.

Intervistato a Corriere Live, Berlusconi si è detto sicuro di ottenere il 40% con la sua coalizione ma, al tempo stesso, non ha disdegnato un eventuale sostegno degli ex M5S cacciati da Luigi Di Maio. Anzi, dice, potrebbero essere i nuovi "responsabili", quella pattuglia di parlamentari che nel dicembre 2010 salvò il governo Berlusconi dalla sfiducia dopo la rottura con Gianfranco Fini: "Non si dice mai di no a chi dice 'Sottoscrivo il vostro programma'. Noi saremmo molto convenienti per loro - ha aggiunto - perché potrebbero incassare interamente l'indennità parlamentare". Come a dire, pecunia non olet.

Su questa "avance" però arriva il dissenso dell'alleato leghista , Matteo Salvini: "Punto a vincere seguendo il programma del centrodestra, senza raccattare i transfughi e profughi politici dei Cinque Stelle". "I 5 stelle - aggiunge - potevano selezionare meglio prima i loro candidati, è il primo caso della storia dove se ne vanno prima di essere eletti". Salvini è convinto che governerà il centrodestra e sottolinea: "No ai minestroni fuori stagione".

Una lusinga nemmeno tanto velata che lascia intendere come per Silvio Berlusconi le cautele non sono mai troppe, che nel post-voto nessuna strada è preclusa. E che spiega le continue prese di distanza da Matteo Salvini, puntualmente bilanciate da rassicurazioni sulla tenuta del patto del centrodestra. Una coalizione sempre più bugiarda, come dimostra l'assenza del Cavaliere, insieme a quella del leader della Lega, alla manifestazione "anti-inciuci" organizzata due giorni fa dall'alleata Giorgia Meloni, segnale per nulla rassicurante per la leader di Fratelli d'Italia.

L'impressione è che si dia per scontata l'incertezza che verrà fuori dalle urne, per cui l'attenzione si è già spostata al 5 marzo in vista di ipotetici negoziati per le intese, larghe o ristrette che siano. E presentarsi al tavolo con qualche soldato in più in un Parlamento che si preannuncia molto ballerino nei numeri potrebbe far comodo.

Le lusinghe sono perciò rivolte alle sei "mele marce" che hanno truccato i bonifici dei rimborsi destinati al fondo per il microcredito (gli altri - Ivan Della Valle, Girolamo Pisano e Francesco Cariello - non sono ricandidati): Maurizio Buccarella, in lista al secondo posto per il Senato nel collegio Puglia 2; Carlo Martelli, al primo posto per il Senato nel collegio Piemonte 2; Elisa Bulgarelli, al terzo posto nel collegio Emilia Romagna 1 per il Senato; Andrea Cecconi, al primo posto per il collegio Marche 2 per la Camera; Silvia Benedetti, al primo posto in un collegio veneto per la Camera; Emanuele Cozzolino, al terzo posto in un altro collegio veneto sempre per Montecitorio.

Non è stata ancora presa una decisione sul caso di Giulia Sarti - primo posto per la Camera in un collegio dell'Emilia Romagna - che, com'è noto, ha accusato il suo ex compagno di aver distratto i soldi dei rimborsi. L'elenco dei papabili "responsabili" è però ancora lungo: ci sono i quattro candidati massoni "in sonno" o ex affiliati, scoperti troppo tardi, a liste ormai chiuse: Piero Landi, candidato a Lucca; Catello Vitiello a Castellammare di Stabia, David Zanforlin a Ravenna e Bruno Azzerboni a Reggio Calabria. A differenza degli altri, questi quattro esclusi sono stati scelti direttamente dai vertici del Movimento 5 Stelle e quindi piazzati nei collegi uninominali. C'è, infine, il caso di Emanuele Dessì, l'imprenditore finito al centro delle polemiche nei giorni scorsi per la casa popolare in affitto a 7 euro al mese, per le amicizie con il clan Spada di Ostia e i post violenti: Dessì è candidato al Senato nel collegio Lazio 3, al secondo posto. Blindato, salvo sorprese, anche lui.

Undici parlamentari rinnegati dal partito che li ha candidati ma grazie al quale verranno, con ogni probabilità, eletti. E che, dopo il voto, saranno chiamati a far parte dei nuovi responsabili. Non è detto che cedano alle lusinghe, per ora continuano a predicare i principi del Movimento 5 Stelle. Ma tentar non nuoce soprattutto a chi della "responsabilità" di alcuni parlamentari ha già beneficiato in passato. E a chi lancia continui segnali all'altro lato della barricata per un possibile accordo post-voto. In questo senso, le aperture "gemelle" fatte da Emma Bonino e Beatrice Lorenzin a un governo di larghe intese con Silvio Berlusconi sono un altro indizio e rendono più concreto quel disegno politico che a parole tutti negano di voler realizzare. Bonino e Lorenzin, com'è noto, sono alleate di Matteo Renzi.

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