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Politica

Squadra di governo vista Colle. Meno 20 ministri per Di Maio, donne nei ruoli chiave

Max Rossi / Reuters
Max Rossi / Reuters 

Saranno meno di venti i ministri che il Movimento 5 stelle proporrà agli italiani prima delle elezioni. Luigi Di Maio sta limando gli ultimi dettagli, chiuso nel comitato elettorale con tutto lo stato maggiore. La lista è completa. Ministeri chiave saranno affidati alle donne. Rimane solo una casella da riempire, non è chiaro se sia quella degli Esteri o dell'Economia. Questione di ore.

La squadra non verrà annunciata in blocco. Pochi nomi al giorno, a partire dall'inizio della prossima settimana, forsa già da domenica. Per polarizzare l'attenzione, farne un'arma in più nell'ultima settimana di campagna elettorale, un rush finale che si concluderà il 2 marzo a piazza del Popolo a Roma, presente Beppe Grillo.

Tra le novità, molti inediti dicasteri senza portafoglio. Ci sarà quello per l'Infanzia, ne verrà costruito uno ad hoc anche sulla Meritocrazia, ma non ci si dovrebbe limitare a quello.

La distribuzione delle caselle, oltre all'alternanza di genere, rispetta una certa alternanza tra figure interne ed esterne. Questi ultimi, tuttavia, non saranno tecnici puri senso del termine. "Per intenderci, nessun Monti e nessuna Fornero". Si è pescato tra personalità che in qualche modo hanno avuto a che fare in questi ultimi anni con il Movimento. E che, dato non irrilevante, nei loro settori di competenza ne condividono le idee. Una decisione presa nell'ottica di evitare il supertecnico che, una volta al ministero, entri in rotta di collisione immediata con la guida politica dei 5 stelle.

Ore febbrili, dense di valutazioni politiche. Ma anche istituzionali. Di Maio e i suoi consiglieri sanno perfettamente che la nomina dei ministri spetta al Presidente della Repubblica. E ne hanno tenuto conto nel processo di composizione. Per evitare sgarbi istituzionali, ma anche per cementare un rapporto, quello con il Quirinale, che sarà fondamentale nella partita che si giocherà dopo il voto. "Per fare un governo dovranno passare da noi", ripete il candidato premier da almeno dieci giorni. Ma a dare le carte sarà il Colle. A via Piemonte la consapevolezza che non si può prescindere da quel tipo di interlocuzione è tale che lo staff ragiona in questi termini: "Abbiamo sempre lavorato come se il presidente Mattarella fosse seduto qui al tavolo". Un vero e proprio corteggiamento. Tanto che non è escluso che nei prossimi giorni venga chiesto se sia possibile sottoporre informalmente la lista dei ministri all'attenzione del Presidente.

Di Maio vuole entrare nella partita di governo. Sa che probabilmente la prossima legislatura non arriverà a termine. E che bisogna sedersi là dove si danno le carte per non rimanere con il cerino in mano quando, necessariamente, si metterà mano a una nuova legge elettorale. E sa anche benissimo che senza un rapporto più che solido con Mattarella quella strada sarebbe in netta salita.

Anche per questo prima del 4 marzo l'agenda è pienissima. Da domani parte l'ultima fase del rally, quattro tappe al Sud. Ma soprattutto il frontrunner 5 stelle farà incetta di apparizioni in tv e alla radio. Nel suo entourage la sfida è chiara, il nemico designato. E si chiama Silvio Berlusconi. Per questo l'obiettivo è quello di trasformare gli ultimi giorni in una battaglia campale con il centrodestra, per battersi palmo a palmo i collegi contesi, e per scongiurare che dalle urne esca una maggioranza chiara.

C'è un numero che circola in queste ore. È il 30%. Superare la soglia psicologica dell'avere un tre come prima cifra del risultato elettorale sarebbe importante. "A quel punto come faranno a tagliare fuori dai giochi chi rappresenta un terzo degli italiani?".

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