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Esteri

Riconoscere i Talebani come partito. La scelta del presidente Ghani per pacificare l'Afghanistan

Omar Sobhani / Reuters
Omar Sobhani / Reuters 

Il nemico di ieri può diventare l'alleato di domani. Paradosso afghano: diciassette anni fa, l'America colpita dall'11 Settembre, muove guerra in Afghanistan ad al Qaeda e al regime che ospitava i campi di addestramento di Osama bin Laden: quello dei Talebani. Migliaia di morti dopo (tra cui 54 militari italiani), le autorità di Kabul aprono ai Talebani in nome di un nemico comune: l'Isis. Diciassette anni di guerra, ovvero oltre 140 mila morti, tra cui almeno 26 mila civili. A questi si aggiungono oltre 3.500 soldati NATO (di cui 53 italiani, più 650 feriti), almeno 1.700 contractor di varie nazionalità e oltre 300 cooperanti stranieri'. Una guerra costata 900 miliardi di dollari, 7,5 per l'Italia. Diciassette anni dopo, Il presidente afghano Ashraf Ghani ha proposto oggi un cessate-il-fuoco in vista di eventuali colloqui di pace con i Talebani e si è detto pronto a "emendare" la Costituzione per creare un clima di fiducia. "Ci dovrebbe essere un quadro politico per la pace, un cessate il fuoco dovrebbe essere proclamato, i talebani dovrebbero essere riconosciuti come un partito politico, e dovrebbe essere avviato un processo per la costruzione della fiducia", ha detto il capo dello Stato in apertura della seconda conferenza del Processo di Kabul. L'iniziativa riunisce rappresentanti di oltre 20 Paesi della regione, nonché gli Stati Uniti e le Nazioni Unite, ma non i Talebani, all'interno di un ministero degli Esteri afgano protetto da un grande apparato di sicurezza.

Il primo incontro del Processo si è tenuto a giugno. Come precondizione per i colloqui, Ghani ha chiesto ai Talebani di riconoscere la Costituzione, dicendo di essere pronto a "emendarla", così come potrebbe fare anche il suo governo. "Ora la decisione è nelle vostre mani, accettate la pace... e portate stabilità in questo Paese", ha affermato. Questa proposta arriva all'indomani di un appello dei Talebani agli Stati Uniti per "colloqui" con loro rappresentanti in Qatar, senza menzionare alcuna delle autorità afgane, che sono sempre state definite dai ribelli come "marionette" degli americani. Ghani ha anche posto come condizione a qualsiasi negoziato il "rispetto dei diritti dei cittadini, in particolare delle donne, in conformità con la Costituzione" e "il rispetto per le forze di sicurezza". Da parte loro, le autorità di Kabul si impegnerebbero a garantire la sicurezza di tutti i talebani che dovessero accettare un accordo, a "prendere in considerazione" le loro proposte, a revocare i divieti di viaggio ad alcuni dei loro funzionari e ad ottenere supporto internazionale per i colloqui. "Nessun gruppo armato collegato a organizzazioni terroristiche straniere, governative o meno, sarà permesso sul suolo afghano", ha quindi rimarcato Ghani, facendo esplicito riferimento ad al-Qaeda, lo Stato islamico o altri gruppi regionali pachistani o uzbeki.

I Talebani si sono sempre rifiutati di riconoscere la costituzione afghana, promulgata nel gennaio 2004. Quando erano al potere l'Afghanistan non aveva un trattato costituzionale e i Talebani avevano cancellato tutti i diritti per le donne. E così, in linea ipotetica ma non troppo, i Talebani potrebbero diventare in Afghanistan ciò che sono oggi gli Hezbollah in Libano: forza di governo e al tempo stesso milizia armata a se stante. D'altro canto, oggi i Talebani controllano o hanno influenza sul 40% dell'intero territorio, numeri mai raggiunti dall'inizio del conflitto nel 2001. Conquistano territori e comprano equipaggiamento, armi, munizioni e carburante direttamente dai soldati dell'esercito afghano. A denunciarlo è John Sopko, ispettore generale dell'organismo americano che supervisiona la ricostruzione (SIGAR), in occasione di un intervento al Centro per gli studi strategici e internazionali, presentando un rapporto sui rischi che sta correndo in Afghanistan il processo di stabilizzazione.

L'ispettore ha lanciato un allarme sulle conquiste territoriali realizzate dalle forze antigovernative. Nel novembre 2015 il governo di Kabul sosteneva di avere il controllo del 72% del territorio nazionale. Una percentuale scesa al 63,4% nell'agosto 2016. Oggi siamo sotto il 60%. Nel documento, Sopko ha sottolineato anche che lo sforzo delle forze di sicurezza afghane per sottrarre agli insorti aree strategiche del Paese ha causato molte decine di soldati misteriosamente scomparsi. Infine, l'ispettore generale ha presentato una lista dei maggiori rischi che ostacolano in Afghanistan il successo della ricostruzione nazionale. Fra questi, la corruzione, l'impossibilità di consolidare i successi ottenuti, l'incapacità del governo afghano di gestire in maniera efficace il suo budget e la cattiva gestione dei contratti. Quando non riescono a controllare il territorio, organizzano attentati terroristici nelle città più importanti controllate dai governativi come Kabul, Kandahar, Lashkargah. E a contendere la leadership jihadista ai Talebani sono i foreign fighters dell'Isis. L'Afghanistan non è l'Iraq o la Siria, dove gli affiliati allo Stato islamico combattono i curdi, i cristiani e gli sciiti. Qui il potere è conteso ad altri sunniti, i Talebani, e più che per conquistare nuovi territori al Califfato, si combatte per assicurarsi il controllo delle rotte del commercio dei narcotici. Nel gennaio 2017, l'Isis ha annunciato la nascita di una nuova fazione locale in Afghanistan, alla quale hanno velocemente aderito molti fuoriusciti dai talebani. Dopo un anno di alleanza con i Talebani afghani, in estate, l'Isis è venuto allo scoperto predicando in moschea un islam rigidamente wahabita (lo stesso professato in Arabia Saudita). A luglio sono cominciati i primi scontri a fuoco tra i talebani afghani e i pakistani, passati all'Isis. Dopo un mese circa di combattimenti, l'Isis si è impossessato della zona, nonostante gli americani bombardassero sia loro che i talebani. Passando villaggio per villaggio e casa per casa, i jihadisti hanno rubato i mezzi di sostentamento ai residenti, distruggendo scuole e madrase talebane, imponendo una nuova legge. Le abitazioni dei Talebani sono state bruciate e chi veniva sospettato di essere loro alleato è stato rapito e seviziato.

Il "terzo incomodo" (l'Isis) si fa più aggressivo, conquista territori, mette a rischio il controllo delle munifiche rotte (e campi) della droga in mano ai Talebani e alle tribù su cui si reggeva il potere dell'ex presidente Hamid Karzai: stando al rapporto annuale preparato dall'Ufficio dell'Onu contro il traffico di droga e la criminalità organizzata (Undoc) nel 2017 i coltivatori di papaveri in Afghanistan hanno battuto ogni record e raggiunto le novemila tonnellate di produzione di oppio: l'87 %in più rispetto al 2016. Al Qaeda 2.0 e Isis impongono un "patto" tra Ghani e gli ex nemici talebani. Con buona pace di Donald Trump.

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