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Politica

Tra Scotti e Bertinotti. La doppia anima del governo M5s

twitter/m5s
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Un po' sinistra e un po' prima Repubblica. Ecco la composizione del governo, per adesso solo virtuale, targato M5S. L'esecutivo che Luigi Di Maio spera di guidare, se il 4 marzo raggiungerà il 40%, è senza dubbio a trazione bertinottiana, inteso come Fausto Bertinotti, l'ex capo di Rifondazione comunista. Tutti i ministri di indirizzo, infatti, basti pensare a quelli economici, sponsorizzano politiche di espansione rosso fuoco. Ma è anche un esecutivo in chiave "Tarzan". Così infatti veniva chiamato Vincenzo Scotti ai tempi della Democrazia cristiana poiché sembrava sempre volare su una liana tra una corrente e l'altra. Cosa c'entra il più volte ministro dal 1978 al 1992, tra cui agli Interni con Andreotti, con M5S? Ben tre nomi indicati dal candidato premier grillino come potenziali ministri arrivano dall'Università Link Campus, fondata e presieduta proprio da Scotti. E sono tre nomi di peso: le tre donne che Di Maio annunciava da giorni nei posti chiave. Si tratta di Paola Giannetakis al ministero dell'Interno, Emanuela Del Re agli Esteri, Elisabetta Trenta alla Difesa. Tutte si occupano di sicurezza e di intelligence, che poi è proprio la peculiarità di Link Campus, un tempo Link Campus – Università di Malta, dove Luigi Di Maio l'8 febbraio scorso ha presentato il programma Esteri.

Il capo politico le presenta, insieme a tutto il resto della squadra (17 in tutto), nel salone delle Fontane di Roma. Alle spalle di Di Maio spariscono, in questa cerimonia che sembra solenne, i simboli del Movimento 5 Stelle per lasciare spazio alle bandiere tricolore. Sulla pedana ci sono le sedie per far accomodare il potenziale governo e accanto al candidato premier un altro microfono per far parlare ognuno di loro, quasi come se avessero già vinto: "Adesso ci deridono, ma lunedì saremo noi a ridere quando prenderemo il 40%", dice Di Maio. Poi passa la parola ai candidati ministro, che poi sono anche candidati per entrare in Parlamento. L'impressione è che i ministri siano soprattutto una carta in più che Di Maio vuole giocarsi, sia in chiave elettorale ma anche con un occhio anche al Colle, per non restare a capo del primo partito ma fuori dai giochi della maggioranza.

Ed ecco Elisabetta Trenta che ha ricoperto l'incarico di Programme Manager di GEM spa, società di gestione di Link Campus University, e attualmente è vicedirettore del Master in intelligence e sicurezza: "Il nostro governo assicurerà forze armate più efficaci ed efficienti, rimanendo in linea con i costi e in coordinamento con le altre istituzioni nazionali e internazionali, con gli alleati e i partner". Nessuno parla di uscita dall'Europa. Anzi, tutt'altro. L'attenzione è tutta su Paola Giannetakis perché sarà lei a guidare un dicastero delicato come quello degli Interni. È stata professore straordinario di Giurisprudenza a tempo determinato nell'università presieduta da Scotti e su di lei è scoppiata la polemica per aver firmato l'appello per il sì al referendum. Al di là di questo, ecco il suo programma: "La sicurezza non si risolve inondando le strade di polizia e militari. Noi crediamo nella sicurezza partecipata, attraverso l'ottimizzazione delle risorse disponibili affrontando le continue emergenze che provocano instabilità: una su tutte quella dei migranti". Infine Emanuela Del Re, candidata M5s agli Esteri, è stata nel 2015 Docente di "Decision Making" ed è esperta di geopolitica e sicurezza, specialista di Balcani, Caucaso e Medio Oriente.

Guai a chiamarli tecnici stile governo Mario Monti. Luigi Di Maio vuole marcare la differenza sottolineando che le persone scelte sono sì tecnici, ma di area. Di area M5S. Sta di fatto che le loro idee richiamano molto quelle della sinistra-sinistra. I tre attori principali sono Andrea Roventini al ministero dell'Economia, Pasquale Tridico al Lavoro e Lorenzo Fioramonti allo Sviluppo economico. Il capo politico sottolinea più volte come i tre abbiano lavorato già insieme. E in effetti si rifanno alla stessa scuola di pensiero, quella dell'economista Keynes. E Roventini, in particolare, non fa mistero di ammirare premi Nobel come Joseph Stiglitz e Paul Krugman. Quindi, basta privatizzazioni, sì a investimenti pubblici, reddito di cittadinanza per i più poveri, tema molto caro al Movimento, no all'austerity, sforare il 3%, via il Jobs act, superiamo la legge Fornero, mandiamo in pensione il Pil, votiamoci allo sviluppo sostenibile e alla decrescita felice.

A loro tre si aggiungono altre personalità fortemente di sinistra come Mauro Coltorti alle Infrastrutture che esordisce dicendo: "Noi diciamo 'no' al ponte di Messina e poi non ci sono i ponti sul Po". Da alcuni viene definito "il terzomondista" che dice no alla cementificazione selvaggia. Di sinistra è anche Salvatore Giuliano, candidato ministro della scuola. Su di lui gira addirittura un selfie con Matteo Renzi e sostegni dichiarati per la Buona scuola. Per finire, tra gli altri, c'è la titolare del dicastero dell'Agricoltura, componente della segreteria tecnico di questo ministero che giorni fa ha detto che in fondo Maurizio Martina è stato un buon ministro.

Sul palco dell'Eur i candidati si alternano sciorinando pillole delle loro intenzioni. C'è Armando Bartolazzi medico del S.Andrea di Roma specializzato in anatomia patologica e oncologia e con 30 anni di Ricerca alle spalle; per il Mibact ecco Alberto Bonisoli, manager padano che si muove da anni nel design e nella moda e che fa parte di quella rete che Di Maio e Davide Casaleggio hanno tessuto al Nord. Filomena Miggino (al Ministero della Qualità della vita), il geomorfologo Mauro Coltorti (ai Trasporti), gli interni Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro alla Giustizia e ai Rapporti con il Parlamento, sono le altre novità annunciate. Ma la sua squadra trasuda anche la difficoltà per il M5S di trovare alti profili disponibili per un governo che, complice il Rosatellum, appare davvero difficile.

C'è sinistra e c'è il centro dunque. Posizioni utili in Parlamento se Di Maio dovesse ricevere l'incarico di formare il nuovo governo. Certo è, nonostante la posizione assunta di non voler trattare sulle poltrone, se il candidato premier grillino dovesse sedersi al tavolo con gli altri partiti, un dare e avere sarà comunque necessario e dalla foto di questa sera qualche ministro potrebbe saltare.

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