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Politica

Berlusconi-Salvini, lo schema del centrodestra è già saltato: uno guarda al Pd, l'altro agli interessi della Lega

Alessandro Bianchi / Reuters
Alessandro Bianchi / Reuters 

Uno apre ad alleanze con il Pd: "Se intere forze politiche dimostreranno disponibilità e responsabilità, si potrà andare verso una soluzione più stabile". L'altro, mezza giornata dopo, davanti al cancello del quartier generale di via Bellerio a Milano dove si è riunito il Consiglio federale, lo zittisce così: "Gli italiani non ci hanno votati per riportare Renzi al governo, e non credo che chi ha scelto la Lega voglia Gentiloni" ancora a Palazzo Chigi. Le dichiarazioni incrociate rilasciate in queste ore da Silvio Berlusconi e Matteo Salvini sanciscono quella che, dopo le dimissioni di Matteo Renzi dalla guida dei dem, è la seconda certezza una settimana dopo il voto: e cioè che lo schema pre-elettorale della coalizione di centrodestra è saltato.

Tra il "leader" e il "regista-garante" c'è nervosismo e i due immaginano - e stanno lavorando per - scenari completamente diversi. L'idea di governare con la premiership del partito più votato è rimasta nelle urne: i numeri ad oggi non ci sono ed è molto improbabile che ci siano perché, anche se la caccia ai singoli parlamentari desse qualche frutto, non sarebbe mai abbastanza per garantire la governabilità. Così, se Salvini continua a chiudere sulle sue posizioni ("niente governicchi o accordi organici"), Berlusconi allarga l'orizzonte. La tensione tra i due, fanno trapelare i fedelissimi, è palpabile. Dalle parti di Forza Italia c'è la convinzione che il leader del Carroccio non voglia governare e che non veda l'ora di godersi, dai banchi dell'opposizione, un bel governo Cinque Stelle-Pd. Un'ipotesi che da una parte logorerebbe gli avversari e dall'altra, al prossimo giro, permetterebbe a Salvini di incamerare ancora più voti per lanciare la sua Opa sul centrodestra.

Un piano che l'ex cavaliere vuol far saltare, cercando sponde fuori dalla coalizione. E non è un caso che la prima pagina del Giornale di oggi - che da sempre è la cassa di risonanza dei malumori di Arcore - titoli "Strappo di Salvini" riferendosi all'apertura del segretario della Lega ai Cinque Stelle. Così come non è un caso che il suo direttore, Alessandro Sallusti, ospite ieri sera a "Non è l'arena" da massimo Giletti abbia detto senza troppi giri di parole: "Salvini si comporta da leader della Lega, e non da leader del centrodestra come dovrebbe essere". Tradotto: porta avanti i suoi interessi e non quelli della coalizione.

I poli, insomma, in questo primo post-voto, sembra più quattro che tre. Tanto che si fa sempre più realistica la possibilità che alle consultazioni che si terranno intorno alle vacanze di Pasqua ognuno vada per conto suo, con delegazioni separate. "L'importante è dire le stesse cose", aveva provato a mettere una pezza sulle indiscrezioni il capogruppo della Lega a Montecitorio Massimiliano Fedriga. "L'indicazione che vogliamo dare è univoca", glissa Berlusconi nell'intervista di oggi alla Stampa.

Ma prima dei colloqui con Mattarella c'è l'elezione dei presidenti dei due rami del Parlamento e anche qui la linea è diversa: Salvini assicura che con il suo alleato, su questo tema, "non ci sono problemi", ma di fatto non è così. I due si vedranno nei prossimi giorni, probabilmente nella seconda metà della settimana perché il segretario della Lega è a Strasburgo fino a mercoledì, e l'incontro si preannuncia teso: perché se Salvini - come ha ribadito domenica alla scuola di formazione politica del partito - sostiene che le presidenze di Camera e Senato vadano spartite tra i due vincitori, Lega e M5S, Berlusconi chiede una poltrona per Forza Italia. O addirittura, l'ha buttata lì questa mattina Renato Brunetta, per il Pd. Insomma, mentre la Lega si avvicina ai grillini, gli azzurri guardano in casa dem. Così, gli appelli di Mattarella alla "responsabilità" vengono interpretati in due modi completamente diversi: per Salvini significa "rispettare il voto degli elettori" anche a costo di tornare alle urne o di stare all'opposizione, per Belrusconi significa cercare una maggioranza di governo con tutti i mezzi possibili.

Ci sono ancora molti nodi da sciogliere e c'è chi, in via Bellerio, è convinto che le trattative - che ancora devono prendere corpo - dureranno parecchio. E che alla fine, pur di non tornare a votare, Forza Italia e Pd tenteranno il tutto e per tutto per restare a galla. Perché i sondaggi che i leghisti hanno sotto mano in questi giorni parlano chiaro: se si ritorna alle urne a stretto giro le percentuali di Carroccio e grillini salirebbero di molto. Per cui l'imperativo categorico, in casa Lega, è: si governa solo se ci sono i numeri, se non ci sono meglio stare all'opposizione. Anche perché è vista come difficile da percorrere anche la strada di un accordo parlamentare Lega-Cinque stelle per cambiare la legge elettorale e tornare al voto in tempi brevi.

A giorni, comunque, una volta chiarito il quadro post-direzione Pd e disegnata la rotta dei democratici, dovrebbero inziare i primi contatti con quei parlamentari con cui Salvini tenterà un accordo sul programma, in particolare sulla sua proposta di Def. C'è poi un giallo, al momento non ancora risolto: dove si terrà l'incontro dei prossimi giorni tra gli alleati del centrodestra? A Roma o in via Bellerio? Non è solo un affare di location. Infine, la questione partito: al Congresso federale di oggi, una riunione durata circa tre ore, non solo si è parlato del risultato delle urne, ma si è iniziato a definire il nuovo corso del partito. Salvini ha dato il via al tesseramento 2018 smentendo l'indiscrezione secondo la quale il simbolo di Alberto da Giussano sarebbe sparito dalle nuove tessere: "Perché mai dovrei toglierlo?" ha tagliato corto il segretario.

Ma, piccola curiosità, le tessere non saranno uguali per tutta Italia: sopra la linea del Po verranno utilizzate quelle del 2017 con ancora l'"etichetta" Lega Nord, mentre al sud verrà utilizzato il simbolo delle elezioni "Lega Salvini Premier". Un dualismo che presto - si è discusso a livello progettuale anche di questo - sarà uniformato ai prossimi congressi, dove sarà definitivamente completato il percorso di nazionalizzanione del partito, iniziato con la nascita di Noi con Salvini e sancito dal successo di questa tornata elettorale.

Ma ancora una data non c'è, anche se non sarà troppo lontana: "Sul tavolo - dicono in via Bellerio - ci sono prima la giunta regionale lombarda e il governo". Durante l'incontro è stata anche decisa l'espulsione di Zoraide Chiozzini, militante della provincia di Mantova ed esponente della minoranza che aveva presentato ricorso (poi rigettato) contro l'elezione di Salvini alla segreteria federale: "E' da statuto - ha precisato il leader - chi ricorre contro la Lega, chi la attacca pubblicamente, si mette fuori da solo. E chi ha fatto campagna contro la Lega, fondando altri partiti e invitando a votare altri partiti, non fara' piu' parte della Lega". Potrebbero dunque saltare altre teste. Intanto Salvini ha annunciato una conferenza stampa domani mattina a Strasburgo: porterà al Parlamento Europeo il suo trionfo e non risparmierà critiche all'Europa dell'estabilishment.

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