Centri per l’impiego, 2800 precari con contratti a tempo determinato

 

lavorano alla ricollocazione di altri precari, disoccupati e soggetti in condizione di povertà

Oltre 2800 precari operano nei centri per l’impiego e nelle strutture pubbliche che dovrebbero ricollare al lavoro i precari, i disoccupati e i soggetti in condizioni di povertà. Il tema del rafforzamento dei servizi pubblici per il lavoro è innegabilmente al centro del dibattito istituzionale. L’interesse dedicato al tema è giustificato almeno da due elementi. L’oggettiva scarsità di risorse che l’Italia ha investito negli ultimi venti anni, soprattutto se paragonata all’impegno finanziario degli altri paesi europei. La trasformazione del sistema di politiche del lavoro e di welfare che anche questo governo dichiara di voler attuare, questa volta attraverso l’introduzione di un reddito di cittadinanza.

L’11 luglio il Ministro del Lavoro Di Maio nel corso dell’audizione presso le commissioni riunite di attività produttive, lavoro ed affari sociali, ha illustrato le linee programmatiche dei suoi dicasteri, sostenendo le ragioni dello stretto collegamento tra l’introduzione del reddito di cittadinanza e il rafforzamento qualitativo e quantitativo dei Centri per l’Impiego. A detta del Ministro, il governo si impegnerà ad investire circa 2 miliardi per il rafforzamento dei servizi, istituendo una cabina di regia composta dagli assessori regionali al lavoro, come nuovo strumento di governance delle politiche attive. Il primo atto di questo percorso, tuttavia, consiste nello sblocco di appena 280 milioni di euro, per altro già previsti nel bilancio 2018.

Il giorno seguente il Senato, nell’ambito della Commissione XI, ha avviato l'”Indagine conoscitiva sul funzionamento dei servizi pubblici per l’impiego in Italia e all’estero”, attività che evidentemente svolgerà un ruolo cruciale nella riforma dei servizi pubblici per il lavoro che l’attuale maggioranza intende realizzare. Ad oggi, tra gli altri, sono stati già ascoltati i sindacati confederali e il Prof. Del Conte, presidente di Anpal e A.U. di Anpal Servizi.

Non può che stupirci, la pressoché totale assenza all’interno del dibattito politico-istituzionale di qualsiasi riferimento alla condizione di strutturale precarietà in cui versano i circa 800 operatori delle politiche attive (62% del totale delle lavoratrici e dei lavoratori di Anpal Servizi). Si tratta di personale qualificato impegnato quotidianamente nell’assistenza tecnica ai Centri per l’Impiego, alle Regioni e nella gestione di azioni nel campo delle politiche del lavoro, dell’istruzione e dell’inclusione sociale. Di cui una parte di questi sono attualmente impegnati nelle diverse Regioni a realizzare un’analisi sull’organizzazione dei servizi per la definizione dei piani di rafforzamento dei Centri per l’Impiego. In sostanza operatori precari, con contratti a tempo determinato e di collaborazione, che lavorano alla ricollocazione di altri precari, disoccupati e soggetti in condizione di povertà. Uno stato di incertezza non certo recente, che in diversi casi dura da 17 anni. A questi si aggiungono i circa 2 mila precari in forza presso i Centri per l’Impiego. Come se non bastasse, è tutt’ora in via di applicazione il piano che prevede l’assunzione di ulteriori 1.600 operatori precari (di cui 600 dedicati all’implementazione del ReI), con contratti a tempo determinato. Se il potenziamento dei servizi per il lavoro è davvero un intervento strategico, può poggiare sulle spalle degli operatori precari di Anpal Servizi e dei Centri per l’impiego? In che modo possono essere resi esigibili diritti ai disoccupati, precari, ai poveri se i servizi gravano su un elevato numero di personale precario?

Nessun piano di potenziamento qualitativo e quantitativo dei servizi è immaginabile senza l’immediato avvio di un reale percorso di stabilizzazione di tutti le/i precarie/i. Riteniamo gravissimo che il presidente Del Conte, anche nel corso dell’audizione al Senato (Commissione XI) del 18 luglio, non abbia ritenuto opportuno evidenziare questa criticità strutturale del sistema delle politiche attive in Italia. A ciò si aggiungono le preoccupazioni legate alle imminenti scadenze di 10 operatrici e operatori di Anpal Servizi con contratti a tempo determinato di cui una in maternità, per i quali l’azienda sembra non voler procedere con il piano di stabilizzazione, disattendendo irresponsabilmente l’accordo sindacale del 13 luglio 2017 che stabiliva un piano pluriennale di stabilizzazioni del personale con contratti a tempo determinato e/o di collaborazione. Per l’ennesima volta probabilmente si agirà in emergenza prorogando per pochi mesi i contratti in scadenza. A tale proposito vale la pena ricordare che sono stati stabilizzati appena 50 lavoratori a tempo determinato.

Alla luce dell’incertezza occupazionale degli operatori delle politiche attive e di una fase segnata dalla transizione istituzionale, riteniamo opportuno avviare un piano di mobilitazione per la salvaguardia di tutta la comunità professionale di Anpal Servizi, partendo al più presto con la costruzione collettiva e partecipata di un’assemblea pubblica che chieda all’azienda e al Ministro del Lavoro di avviare un piano di stabilizzazione

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