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Camera, il nuovo presidente è il grillino Roberto Fico

Redazione

Camera, il nuovo presidente è il grillino Roberto Fico

Sab, 24/03/2018 - 20:24

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E così, dopo una trattativa estenuante e mille colpi di scena, Roberto Fico si prende la sua rivincita e può salire sullo scranno più alto di Montecitorio. Una candidatura che lo metteva a disagio, se intestata solo alla Lega, che non ama, ma che ora è frutto di un accordo collegiale con il centrodestra e che quindi accetta volentieri.

“Sono emozionato a rivolgermi a tutti voi e a tutti i cittadini, grazie per la fiducia per l’incarico di alta responsabilità, è un onore che omaggerò con imparzialità e desidero rivolgere il mio saluto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella garante dei valori della Costituzione”, ha dichiarato Fico, accolto sullo scranno da un applauso scrosciante dei 5s. Entusiasmo replicato quando ha citato come obiettivo la razionalizzazione dei costi della politica e il “superamento dei privilegi”.

La «vendetta»È in pratica andata in onda alla Camera Fico 2 la vendetta, perché già 5 anni fa, alla sua prima apparizione a Montecitorio, il deputato napoletano era stato candidato dai 5 Stelle e poi sconfitto da Laura Boldrini.

Dai meet up alla Rai. Laureato in Scienze della Comunicazione, è uno dei fondatori dei primi meet up di Beppe Grillo, a Napoli, nel 2005. All’epoca si arrabatta tra mille lavori: tour operator, impiegato in un call center, responsabile della comunicazione per un ristorante, importatore di tessuti dal Marocco. Ma poi è la passione politica a prevalere. Prima a sinistra, con il voto per Bassolino e per Rifondazione. Poi con i nascenti 5 Stelle, che lo vedono subito protagonista. Fico — che diventerà membro della Commissione di Vigilanza Rai — diventa il punto di riferimento degli ortodossi e di chi vuole mantenere un presidio contro eventuali derive a destra. Che si verificano puntualmente, sia sui temi dell’immigrazione, sia su quelli delle alleanze. Anche nella gestione interna del Movimento, Fico prova a ritagliarsi un ruolo, appunto, da ortodosso, cercando di fare in modo che M5S resti fedele alle intenzioni delle origini, con una gestione collegiale e democratica.

Lo scontro interno. Per questo non apprezza la nomina a capo politico di Luigi Di Maio e va allo scontro alla festa di Rimini, dove rifiuta di salire sul palco. Ma dopo un duro confronto con il leader dei 5 Stelle, torna nei ranghi. E da allora si instaura una rinnovata sintonia con il Movimento, che lo porta alla rielezione e ora alla Presidenza della Camera. Un modo per premiarne la fedeltà, ma anche di depotenziarlo e dissuaderlo da prese di posizioni polemiche nel caso, ormai decisamente probabile, di alleanze politiche con la Lega Nord. Come quella recentissima del 24 gennaio 2018, quando disse: «Vi garantisco che mai noi saremo alleati con la Lega anche dopo il voto: siamo geneticamente diversi».

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