Cronache

Sgominata la gang delle auto: così rubavano col "cavallo di ritorno"

L'inchiesta dei carabinieri, otto in carcere e tre ai domiciliari. Agivano anche su commissione per sterei e navigatori. Così la gang "ripuliva" le automobili

Sgominata la gang delle auto: così rubavano col "cavallo di ritorno"

Sgominata la gang dei furti d’auto nel Napoletano, eseguite undici ordinanze di custodia cautelare: in otto finiscono in carcere, per tre indagati scattano gli arresti domiciliari. Altri due indagati risultano ancora ricercati. Sono accusati, a vario titolo e in differenti posizioni, per le ipotesi di reato di furto pluriaggravato di auto, estorsione e ricettazione.

Le indagini dei carabinieri di Poggioreale hanno consentito agli inquirenti di ottenere elementi di prova tali da convincere il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Napoli ad emettere, su richiesta dei magistrati della Procura, le undici ordinanze di custodia cautelare. Da queste sarebbe emerso il fatto che la presunta gang sarebbe responsabile di almeno ottanta furti d’automobili (compiuti tra il capoluogo e la provincia), tra colpi tentati ed effettivamente portati a segno. In diverse occasioni, avrebbero ottenuto denaro dai proprietari delle vetture rubate con l’immarcescibile metodo del “cavallo di ritorno”.

Non solo auto, però: a volte i ladri si accontentavano di portar via l’impianto stereo delle vetture o i navigatori. Un affare nell’affare, con tanto di tariffe e rete di vendita fidelizzata. Quei componenti, difatti, venivano poi piazzati con un vero e proprio tariffario a ricettatori “di fiducia” o consegnati a chi commissionava i furti.

Agivano, secondo le indagini, con un metodo che avevano collaudato nel tempo. Chi colpiva, sfondava il finestrino oppure forzava la portiera della macchina da “ripulire” o da rubare. Quindi, utilizzando uno strumento individuato dagli investigatori in una centralina decodificata, disinnescavano gli antifurto e si impadronivano delle vetture. Poi le “smontavano” dei componenti che li interessavano, non prima però di aver resi inoffensivi tutti gli strumenti di localizzazione. La prudenza, per loro, non era mai troppa al punto che chi entrava in azione lo faceva indossando dei guanti, così da non lasciare impronte.

Dopo aver preso ciò che interessava loro dalle macchine, nascondevano la refurtiva nei cespugli a bordo carreggiata, in alcuni casi addirittura in botti piene d’acqua, per poi riprenderli in un secondo momento.

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