Economia

Il Pd manda all'aria la vendita dell'Ilva

Operazione appesa al Tar. Calenda su Mittal: "Rischio che se ne vada a gambe levate"

Il Pd manda all'aria la vendita dell'Ilva

Nuovo stop alla trattativa per la vendita-salvataggio dell'Ilva di Taranto. Il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda ha annunciato ieri «il congelamento del negoziato». A mettersi di traverso, questa volta, non sono state però le richieste del compratore Am Investco (Arcelor Mittal 85% e Marcegaglia al 15%), né il braccio di ferro sul fronte dell'occupazione, causa i primi di ottobre del primo passo falso sulla trattativa. Questa volta, a far infuriare il ministro è stato il fronte interno: gli enti locali e in particolare Regione Puglia e Comune di Taranto (entrambi a guida Pd) che hanno impugnato il decreto con cui il governo aveva modificato il piano ambientale perché secondo gli enti - concede una ulteriore inaccettabile proroga al termine di realizzazione degli interventi ambientali già da tempo scadute e sinora rimaste inottemperate". Risultato? I siti Ilva, da Taranto a Genova, sono appesi alla decisione del Tar che, con ogni probabilità farà slittare al 2018 tutta la trattativa. Proprio a ridosso delle elezioni politiche e nel bel mezzo di una transizione politica che potrebbe compromettere la cessione.

"Ho deciso che si blocca tutto fino alla decisione del Tar di Lecce ha detto il ministro Calenda. "Sono inutili i tavoli finché non è chiara la situazione. Se il Tar accoglie l'impugnativa, l'amministrazione straordinaria dovrà procedere allo spegnimento dell'Ilva". Il giudizio del ministro è tranchant: "Dagli enti locali c'è una gestione schizofrenica. Ma si sappia, se Regione e Comune usano tutti i mezzi necessari per far saltare l'Ilva, l'Ilva salta. In ballo ci sono 5 miliardi. Vorrei sapere qual è stato l'ultimo investimento di questa portata al sud".

Uno stop improvviso che arriva proprio mentre era in atto il confronto sul piano, in ogni caso tutt'altro che in discesa: investimenti industriali per 1,2 miliardi, ambientali per 2,3 miliardi e la tutela di circa 20mila posti di lavoro diretti e indiretti. Per questo ieri si sono schierati in massa contro la scelta degli enti locali anche i sindacati. Per il segretario confederale della Cgil Maurizio Landini, quella di Emiliano "è una scelta sbagliata. Questo non è il momento dei tribunali, c'è una trattativa in corso, è il momento della responsabilità. Ed è opportuno far ripartire gli investimenti. Anche per Francesca Re David, segretaria generale della Fiom, il ricorso della Regione "non è un fatto positivo. Sullo sfondo, intanto, resta la mina europea. La commissaria europea Margrethe Vestager si porta avanti annunciando la volontà di concludere in anticipo - rispetto alla scadenza legale del 23 marzo - l'esame sull'acquisizione dell'Ilva da parte di AmInvestco. Ma anche qui non mancano gli ostacoli. Secondo le ultime indiscrezioni Marcegaglia potrebbe essere costretta a uscire dalla cordata. A quel punto, potrebbe esserci margine per un riassetto all'interno di AmInvestco. Intesa che sarebbe pronta a entrare con il 6% una volta definiti i dettagli industriali e Cdp potrebbero essere chiamati a un coinvolgimento maggiore.

Non a caso, da Parigi, il numero uno del colosso franco-indiano Aditya Mittal ne ha auspicato la partecipazione.

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