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Turchia, liberati due giornalisti. "Il sultanato mafioso avrà fine"

Sik e Sabuncu in carcere da oltre un anno. Continua il processo al Cumhuriyet

Turchia, liberati due giornalisti. "Il sultanato mafioso avrà fine"

È arrivata la scarcerazione su cauzione per due giornalisti turchi, Ahmet Şık e Murat Sabuncu, che da più di 400 giorni erano dietro le sbarre, per capi d’imputazione che riguardano loro e altri membri dello staff del quotidiano d’opposizione Cumhuriyet.

Ancora una volta ieri i membri della stampa si sono ritrovati all’uscita dal carcere di Silivri, a Istanbul, per accogliere il rilascio dei due giornalisti e registrarne le prime impressioni. Ma se la loro liberazione, con un processo che comunque andrà avanti, poteva sembrare un momento da festeggiare, sono state le parole di Şık a dare il senso di quanto stava accadendo.

Non sono felice per niente. E non voglio che voi siate felici quando Akin Atalay è ancora dentro. Preferirei che foste arrabbiati, perché è la rabbia che ci terrà in piedi”, ha detto il giornalista investigativo alle telecamere, ricordando che se lui e il direttore Sabuncu hanno potuto lasciare il carcere, il presidente del cda non è ancora stato rilasciato.

Il processo a Cumhuriyet è una storia che arriva da lontano e che rappresenta soltanto uno dei molti casi in cui a finire sul banco degli imputati è stata la libertà di stampa. Era a fine ottobre del 2016 che un'ondata di arresti si abbatteva su quello che tradizionalmente è il giornale della Turchia laica, dopo che uno scoop pubblicato sulle sue colonne raccontava di come camion carichi di armi transitassero dalla frontiera con la Turchia, per finire a fazioni impegnate nella guerra in Siria.

Per quella storia il capo-redattore Erdem Gül e il direttore Can Dündar, che da tempo ha lasciato il Paese per l'Europa, trascorsero diversi mesi in carcere. E ieri un tribunale ha portato a venti anni, da cinque, la pena che l'ex direttore dovrà scontare per spionaggio. I giornalisti di Cumhuriyet sono ora accusati di essere diventati una macchina della propaganda per il predicatore Fethullah Gülen, ritenuto in Turchia la mente dietro il fallito tentativo di golpe del luglio 2016. Ma anche per il Pkk curdo e per il THKP-C, tutti classificati come gruppi terroristici, ma con idee e obiettivi differenti.

Sono in tutto 17 le persone legate al giornale finite a processo da luglio, dal vignettista Musa Kart all'editorialista Kadri Gürsel, la maggior parte delle quali sono state gradualmente liberate in attesa di un verdetto definitivo. Una sorte che non è toccata a molti. Secondo l'elenco della Piattaforma per il giornalismo indipendente P24 sono a oggi 155 i giornalisti ancora in carcere e decine le testate chiuse negli ultimi anni, in una repressione che non ha colpito soltanto quei media direttamente legati a Fethullah Gülen, ma più in generale le voci del dissenso in Turchia.

Per Ahmet Şık i problemi con la giustizia turca sono tutto tranne che una novità. Il giornalista era già finito in carcere nel 2011, dopo avere scritto un libro intitolato L'esercito dell'imam in cui denunciava proprio le infiltrazioni dei gulenisti nell'apparato statale, in un periodo in cui la "Cemaat" di Gülen andava a braccetto con l'Akp di Erdoğan. "Ho lasciato questo posto sei anni fa, ancora a marzo - ha detto alla stampa dopo essere stato rilasciato - Ciò che è cambiato da quel giorno è che uno dei complici del fascismo è caduto. Vi assicuro che verrà il giorno in cui questo sultanato mafioso avrà fine”.

@acortellari

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