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Altra mancetta elettorale: 80 euro al mese ai docenti

Firmato il contratto del comparto scuola e ricerca ma non da tutti i sindacati. Lo Snals: incremento irrisorio

Altra mancetta elettorale: 80 euro al mese ai docenti

F edeli missione compiuta: contratto chiuso e pace fatta con, quasi, tutti i sindacati. Soltanto Snals e Gilda non hanno sottoscritto l'accordo. D'altra parte Matteo Renzi aveva affidato il ministero dell'Istruzione ad una sindacalista, Valeria Fedeli appunto, proprio per riaprire il dialogo e ricomporre i rapporti del governo con professori, dirigenti scolastici e amministrativi dopo il gelo seguito alla gestione di Stefania Giannini. Il governo dopo quasi dieci anni di attesa però ha chiuso un contratto al ribasso. Questa trattativa avrebbe dovuto essere l'occasione per ridisegnare, in accordo con i lavoratori, un nuovo profilo della professione docente. L'occasione è stata persa: a meno di un mese dal voto tutti hanno scelto più o meno liberamente di «tirare a campare». Il governo del Pd nella speranza di recuperare qualche voto mentre i sindacati del comparto, nella consapevolezza che di più non si poteva ottenere, si sono accontentati della solita «mancia elettorale» evitando novità indigeste come la revisione dell'orario e un maggior carico di lavoro: l'orario di servizio infatti resta invariato. Il contratto coinvolge un milione e duecentomila lavoratori tra docenti, personale Ata, ricercatori, tecnici, amministrativi. Gli aumenti per la scuola vanno da un minimo di 80,40 euro a un massimo di 110,70. Resta per le fasce retributive più basse il bonus fiscale di 80 euro. Cgil, Cisl e Uil si dicono soddisfatti perché non ci sarà, come era stato ventilato, un aumento di carichi e orari di lavoro. E poi «nessun arretramento per quanto riguarda le tutele e i diritti nella parte normativa, nella quale al contrario si introducono nuove opportunità di accedere a permessi retribuiti per motivi personali e familiari».

Di segno opposto il commento dello Snals che giudica i miglioramenti retributivi «irrisori» mentre Gilda fa notare che «soltanto 80 dei 200 milioni del bonus per il merito sono confluiti nella retribuzione». Bocciata anche la decisione sull'obbligo di «permanenza triennale nella sede ottenuta per il trasferimento».

Ma i commenti più duri arrivano dall'Anief-Cisal che definisce il contratto «una vergogna». L'aumento effettivo, denuncia l'Anief, arriverà ad un massimo di appena 52 euro netti e soltanto per i docenti della scuola superiore a fine carriera. Per i maestri della scuola dell'infanzia invece l'incremento medio netto corrisponderà ad appena 41 euro. Per il personale Ata si va da un massimo di 50 euro netti di un direttore dei servizi generali ed amministrativi a fine carriera, fino ai 37 euro del collaboratore scolastico con meno di 8 anni di anzianità. Anche l' Anquap, l'Associazione nazionale quadri delle amministrazioni pubbliche, parla di un pessimo accordo: sul piano economico gli incrementi degli stipendi tabellari sono di gran lunga inferiori a quelli ipotizzati.

La rincorsa a chiudere i contratti del pubblico impiego si è fatta particolarmente affannosa con l'avvicinarsi dell'appuntamento elettorale. Dopo quelli con il comparto sicurezza e difesa e i vigili del fuoco ora il prossimo accordo da chiudere è quello con il comparto sanità. Ma i medici sono già sul piede di guerra. L'Anaao Assomed, la dirigenza medica e sanitaria, accusa il governo di essere stata «messa in lista d'attesa mentre si chiudevano molti contratti negli altri settori del pubblico impiego» e tutta la categoria è pronta allo scontro.

In prima linea gli anestesisti, Aaroi-Emac, che non intendono piegarsi a «una trattativa lampo dal sapore pre-elettorale» e non intendono «revocare tutte le azioni di protesta messe in campo».

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