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Che errore attaccare il ministro "arbitro"

Che errore attaccare il ministro "arbitro"

Attaccare Tria per le sue tesi e la sua prudenza è un tragico errore dopo i dati Istat sul Pil e ora sulla disoccupazione che mostrano il fallimento della politica economica del Pd e di quella 5 stelle, basate su bonus assistenzialisti, su una struttura verticista del mercato del lavoro e sulla ossessione per la lotta alla corruzione che ha portato al blocco dei cantieri. E ora queste critiche portano a un attacco al sistema bancario nel suo complesso.

Tria sostiene, giustamente, che «attaccare il sistema bancario, mettere in dubbio la sua solidità, la sua capacità, la sua resilienza, ponendo sospetti su di esso, significa avvallare campagne europee che ci stanno danneggiando e che minano l'interesse nazionale». La sua è una preoccupazione fondata, dato che il perimetro di indagine della Commissione di inchiesta sulle banche non è delimitato a quelle andate in crisi o per cui sono emerse patologie, per individuare le loro responsabilità specifiche e quelle delle autorità di vigilanza per quanto di loro competenza. Il mandato della Commissione di inchiesta è generico e arriva anche a incidere sulla autonomia della Banca di Italia e sulla gestione delle riserve auree che stanno a garanzia del nostro debito pubblico, per la quota specifica conferita al sistema dell'euro e per quella rimasta nella gestione della Banca di Italia. Che è bensì dello stato, come l'altra, ma non può esser distratta da questo compito, se vogliamo difendere davvero la sovranità nazionale. Tria, guardiano di questo delicato scenario fa bene a difenderlo.

Sbaglia il presidente del consiglio Conte ad accusarlo di «mancanza di lucidità» per questa posizione, che è nella linea storica dei ministri del Tesoro guardiani del buongoverno. C'è un'altra linea di Tria di buon governo che non piace ai pentastellati e al premier: che riguarda il decreto «sblocca cantieri» su cui nel Consiglio dei ministri c'è ampio dissenso. C'è chi si preoccupa essenzialmente di contrastare la corruzione e chi, come Tria, ritiene che occorra liberarsi dai lacci e laccioli e assecondare la voglia di fare che c'è nella nostra società, come sosteneva il ministro del Tesoro Guido Carli, negli anni '90. «Basterebbe applicare la direttiva europea sugli appalti e buona parte dei lavori partirebbe» dice Tria, dato che le norme europee tengono conto della corruzione, ma lo fanno in modo ragionevole, non poliziesco. Le verità è che per evitare che l'Italia abbia la crescita zero il governo deve riprender la politica di investimento, con la spesa pubblica, l'iniziativa privata, il credito bancario; deve smettere la politica dei bonus acchiappa voti; deve liberalizzare il mercato del lavoro. I dati Istat mostrano che il Jobs Act ha fallito e il decreto Dignità varato da questo governo per correggerlo, ha aggravato il fallimento.

La poliennale riduzione degli investimenti ha causato la perdita di competitività ed ha abbassato il tasso di crescita del nostro Pil di un punto rispetto della media europea. Tria sulle politiche del lavoro non può intervenire, ma su banche e investimenti ha il potere.

E la sua linea è la nostra «linea del Piave».

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