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La città a trazione grillina dove si muore per la partita in piazza e al mercatino

Rabbia tra i negozianti del centro: c'è degrado ma la sindaca si occupa dei fasciatoi

La città a trazione grillina dove si muore per la partita in piazza e al mercatino

Torino - All'antica drogheria Rinaldi, in mezzo al brulicare di Porta Palazzo, il signor Giorgio, reso ancora più austero dalla penombra e dai radi capelli bianchi, racconta una storia che fa a pugni con il suo physique du rôle: «La sera, quando cammino verso casa, vengo fermato da quattro-cinque ragazzi di colore che mi chiedono sempre Vuoi della roba?».

Lo spaccio nel cuore della città funziona a cielo aperto giorno e notte, seguendo un metronomo di disarmante routine. Fuori, a perdita d'occhio le bancarelle dei cinesi, degli arabi e di infinite altre nazionalità vendono articoli d'abbigliamento, spesso paccottiglia di infima qualità. Dentro, i problemi sono sempre gli stessi: «Io ho votato Appendino perché pensavo che dopo tanti anni di sindaci rossi qualcosa sarebbe cambiato - racconta il figlio del titolare che serve le signore da un bancone che pare portato via da una sagrestia - ma non è accaduto nulla». Anzi qualcosa è accaduto e il giovane mostra beffardo un proclama della sindaca Chiara Appendino registrato sul telefonino: baby pit stop nei locali pubblici. «Capisce? - prosegue torrenziale - mentre al mercatino di via Carcano, dove le autoradio hanno ancora i fili attaccati, un nigeriano ha sgozzato come un capretto un italiano, la prima cittadina si preoccupa dei fasciatoi».

A poche decine di metri in linea d'aria, dietro le vetrine fascinose di Damarco, altro emporio saturo di storia, Nino Castaldo è ancora più severo: «Forse lo sgozzamento è stato frutto di una lite accidentale, ma quel tizio non aveva il coltello in tasca per caso. Se qui fermassero tutti questi signori che vendono non si sa bene che cosa e senza alcuna licenza, si scoprirebbe che moltissimi hanno un coltello a portata di mano. Ma la giunta Appendino fa spallucce, o forse ha le mani legate. Lei per me è una brava persona, ma la città è prigioniera del suo degrado e della sua insicurezza».

Due fatti hanno provocato un cambio di passo nella percezione del clima complessivo che si respira sotto la Mole: prima la terrificante serata di piazza San Carlo, la festa per la Juventus trasformata in tragedia, con la folla nel panico e misure di sicurezza insufficienti se non dilettantistiche. Poi c'è stato, nel week end, lo spaventoso episodio di via Carcano, che forse è in parte sfuggito ai media nazionali ma è stato sentito, eccome, dai torinesi. «Non si può morire in piazza cosi, come bestie - dice Osvaldo Napoli, storica colonna di Forza Italia e oggi battagliero consigliere comunale - cosi come il dramma di piazza San Carlo, che pure non c' entra niente, dimostra l'impreparazione e la superficialità nel gestire l'ordine pubblico e i grandi eventi. Il mercatino di via Carcano, detto il Barattolo, è sempre stato oltre i confini della legalità, ma è sempre stato tollerato in nome di questo buonismo che ci sta lentamente affondando. Alla fine, dai e dai, ecco che ci scappa il morto».

La città, senza voler fare discorsi fuori luogo sul far west in riva al Po, si ritrova più povera e indifesa. Non ci sono gli omicidi di Napoli e non c'è, per fortuna, la camorra che spara, ma la realtà si mostra sempre più brutale e aggressiva, anche a queste latitudini. «L' incantesimo si è rotto - spiegano Vito Strazzella e la figlia Noris, patron del leggendario Caffè San Carlo, classe 1822, una strepitosa bomboniera dove va in pellegrinaggio per l' aperitivo l' alta borghesia sabauda - la sera del 3 giugno la favola è evaporata qui, davanti a noi, fra le urla dei tifosi che ci chiedevano aiuto». E con un bilancio finale da bollettino di guerra: 1 morto e 1527 feriti. «Purtroppo - aggiunge Noris - la sera ci sentiamo abbandonati. Il salotto di Torino è un deserto». Esattamente come le periferie delle barriere, snaturate da un'immigrazione selvaggia e dalla piccola criminalità.

Si attendono con urgenza contromisure e rimedi. «Ma per ora - conclude sconsolato Michele Vietti, titolatissimo avvocato ed ex vicepresidente del Csm - la giunta grillina va avanti con una narrazione festosa che descrive una città che non c'è».

E il municipio appena espugnato appare già vecchio.

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