Cronache

Ecco la promessa del profugo: "Mi lancio con l'auto sulla folla"

Arrestato un richiedente asilo. Via social l'ordine della strage: "Per il video l'Isis mi aveva promesso 1.500 euro"

Ecco la promessa del profugo: "Mi lancio con l'auto sulla folla"

Voleva uccidere, lanciandosi con un'auto contro la folla. Era questo il macabro copione dell'aspirante terrorista Alagie Touray, 22enne originario del Gambia arrestato venerdì 20 aprile a Napoli in un'operazione congiunta di Digos e Ros. L'accusa a suo carico è quella di terrorismo internazionale di matrice islamica. L'uomo era arrivato in Italia, a Messina, a bordo di un barcone, assieme ad altri 638 migranti, di cuil 209 della sua stessa nazionalità, il 22 marzo dello scorso anno. Era partito dalla Libia e da un anno risiedeva, secondo quanto riportato nell'Ordinanza di fermo emessa dal Tribunale di Napoli, «presso l'Hotel Circe di Pozzuoli», assieme ad altri due connazionali. È lì che gli uomini della Digos della Polizia e del Ros dei Carabinieri, su input del procuratore di Napoli Giovanni Melillo, hanno potuto accertare che il gambiano aveva girato, nella mensa della struttura, un video in cui giurava fedeltà al Califfato, secondo gli ultimi dettami dell'Isis. Una pratica compiuta prima di lui da altri lupi solitari, tra i quali Anis Amri. «Giuro di prestare fedeltà al Califfo dei musulmani Abu Bakr Al Quaraishi Al Baghdadi - si sente distintamente nel video recuperato dagli inquirenti -, nei momenti difficili e facili, nel mese di Rajab giorno 2 e Allah è testimone di quello che dico». Fermato non appena si è capito che poteva avere l'intenzionalità di colpire, Touray sotto interrogatorio ha cambiato più volte versione. Prima ha detto che si trattava di uno scherzo da fare a un amico, poi ha ammesso. Ha parlato di un certo Batch Jobe, sua conoscenza gambiana, che sarebbe stato il mandante del possibile attentato e lo istruiva via Telegram: «Dovevo prima realizzare il video - ha detto agli inquirenti - e poi avrei ricevuto 1.500 euro. Sempre la persona con quel numero mi ha detto di prendere una macchina e andare addosso alle persone». Non gli fu detta la città, si legge ancora nell'ordinanza e sotto interrogatorio ha chiarito che «non lo avrebbe mai fatto». Ma i conti non tornano, perché le prove che il gambiano sia un estremista musulmano sono innumerevoli, tra cui la zebiba, una macchia ipercronica tondeggiante che indica una fervente religiosità.

In una conversazione reperita sul suo Samsung l'uomo risponde a un amico che gli chiede come sta: «Non dimenticare di pregare per me, sono in missione», quasi come il momento dell'attacco, che non è chiaro dove dovesse essere attuato, fosse in realtà vicino. Il fermo, dicevamo, è avvenuto il 20, ma convalidato il 24 dal gip. A carico dell'uomo un'ordinanza di zcustodia cautelare con l'accusa di partecipazione a un'associazione terroristica denominata Islamic State o Daesh». Il capo della Polizia, Franco Gabrielli, ha spiegato ieri come «il sistema di questo Paese, dove c'è un importante ruolo delle agenzie di Intelligence, ha funzionato». Il comandante del Ros, generale Pasquale Angelosanto, ha chiarito come si stia «ancora lavorando assiduamente con gli altri organismi in campo per riuscire a individuare a chi i video venissero inviati e se vi siano altri soggetti coinvolti». «Fondamentale - ha detto al Giornale - la collaborazione tra varie realtà che hanno operato.

L'uomo non era un foreign fighter, ma un lupo solitario indottrinato all'estero».

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