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Funzionari del Viminale dai pm. Salvini: "La linea non cambia"

Proprio mentre in procura a Roma il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, cominciava ad ascoltare come "persone informate sui fatti" alcuni funzionari del ministero, dal Viminale hanno ribadito che "non cambia la linea della fermezza"

Funzionari del Viminale dai pm. Salvini: "La linea non cambia"

Quinta giornata bloccati al porto di Catania, la decima sulla Diciotti, per 150 dei 190 migranti soccorsi e salvati dalla nave della Guardia costiera a Ferragosto in acque Sar maltesi. Proprio mentre in procura a Roma il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, titolare dell'inchiesta sulla vicenda, cominciava ad ascoltare come "persone informate sui fatti" alcuni funzionari del ministero, dal Viminale hanno ribadito che "non cambia la linea della fermezza".

"Sono tranquillissimo - ha assicurato poco dopo il ministro Salvini - e sto lavorando, con buone prospettive, a una soluzione positiva. Ogni denuncia è per me una medaglia al valore". L'ennesimo no allo sbarco è arrivato all'indomani din una nuova fumata nera in sede europea: ieri un folto gruppo di migranti ha iniziato lo sciopero della fame a riprova di una insofferenza e di una tensione crescenti, e un inedito pressing è arrivato anche dalla stessa Guardia costiera che in un rapporto inviato al governo e alle procure ha evidenziato la criticità della situazione. Ma i tempi minacciano di essere lunghi: per rendere un po' meno precaria la condizione di chi è a bordo stamattina sono arrivate delle docce da campeggio e alcuni tappetini per sostituire i cartoni su cui dormono i migranti.

E nel pomeriggio è in programma una nuova manifestazione: Rete antirazzista, Legambiente, Pax Christi, Cobas, Arci, Anpi, No Muos e centri sociali si ritroveranno sotto lo slogan "Facciamoli scendere". A chiedere alle autorità italiane "lo sbarco immediato" è anche l'Unhcr, che nel contempo sollecita anche l'Unione europea a "offrire urgentemente posti di ricollocamento": per l'alto commissario delle nazioni unite per i rifugiati, Filippo Grandi, "è giunto il momento di porre fine al botta e risposta che ha visto i Paesi competere in una corsa al ribasso su chi può assumersi la responsabilità minore per le persone soccorse in mare.

E' pericoloso e immorale mettere a rischio la vita dei rifugiati e dei richiedenti asilo, mentre gli Stati sono impegnati in un braccio di ferro politico per soluzioni a lungo termine".

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