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Gentiloni tiene fuori l'Italia: nessun raid dalle nostre basi

Il premier in continuo contatto con May e Merkel: "Non ci saranno escalation". Martedì riferisce al Parlamento

Gentiloni tiene fuori l'Italia: nessun raid dalle nostre basi

Roma - Per affrontare il cambiamento improvviso dello scenario internazionale servono nervi saldi e tanta diplomazia. Forte della sua esperienza alla Farnesina, Gentiloni ha rispolverato le sue doti diplomatiche. Il premier è rimasto tutta la notte in contatto con i colleghi di Gran Bretagna e Germania. Da Theresa May ha avuto ampie rassicurazioni. Nessuna escalation dell'azione militare, gli ha confermato la premier britannica. Il bombardamento - secondo quanto riferito dalla stessa May - è stato «chirurgico», teso a colpire le centrali dove si producevano le armi chimiche. In mattinata, poi, il confronto sempre telefonico con il presidente Mattarella al quale ha riferito della piena sintonia riscontrata nella telefonata notturna con Angela Merkel. L'asse Roma-Berlino poggia su un principio: nessuna partecipazione ad azioni militari in Siria. Gentiloni e Mattarella hanno poi convenuto che questo fattore internazionale non deve entrare nella crisi interna.

Sempre in mattinata Palazzo Chigi ha diffuso un comunicato con il quale si ribadisce che la posizione dell'Italia non cambia. Come non è mutata nel corso degli ultimi sette anni. Il fattore essenziale, per Gentiloni, è che le basi Nato di Sigonella e Aviano servano soltanto per il supporto logistico. E questo rimane il principio da salvare, nonostante la gravità della situazione e soprattutto quella delle ultimi operazioni militari del governo siriano. «Non possiamo rassegnarci - recita infatti il comunicato di Palazzo Chigi - all'idea che le armi chimiche tornino a essere utilizzate nei conflitti del nostro tempo; non sono degne della nostra civiltà e non le possiamo più tollerare». Sempre nel colloquio con la Merkel, poi, è stata riconosciuta la debolezza della coesione europea su questo tema. Da più parti si torna a chiedere una voce unica (e diplomatica) della Ue. E questo mentre il Parlamento italiano, ancora sprovvisto delle nuove Commissioni, vuole essere edotto dal premier sulla situazione. Si era anche pensato di convocare una sorta di Commissione speciale alla quale Gentiloni avrebbe potuto riferire già oggi. Poi è prevalsa la necessità di un piano più concordato. Ascoltati i presidenti di Camera e Senato, Gentiloni ha annunciato due interventi per martedì.

Liberi e uguali e Movimento Cinque Stelle sono stati i primi gruppi parlamentari a chiedere che le Camere vengano informate. Maurizio Martina, segretario del Partito democratico, ha fatto sapere che «con Palazzo Chigi c'è un canale aperto e piena sintonia con l'azione e la posizione del premier». Piena coincidenza di posizione con Gentiloni, poi, quella di Luigi Di Maio. Il leader del movimento penstastellato ha infatti ribadito con forza «che in Siria occorre accelerare il lavoro della diplomazia, incrementando i canali si assistenza umanitaria». Un discorso che però non è stato gradito dalla base. Sul blog del Movimento in molti hanno bocciato la posizione di Di Maio come quella di un «democristiano». La cautela però sembra il denominatore comune di più o meno tutti i partiti. Hanno, infatti, censurato l'invio dei missili in tanti: da Leu a Fratelli d'Italia. Anche il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, si è mostrato critico. Attraverso Twitter ha rilanciato il ruolo della diplomazia targata Ue.

«L'uso di armi chimiche è inaccettabile, però, l'Europa deve garantire la pace ed evitare crisi umanitarie come questa».

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