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I soliti tempi biblici, macché Terza Repubblica

A oltre un mese dal voto è caos: in Parlamento appena quattro sedute

I soliti tempi biblici, macché Terza Repubblica

Ai parlamentari è stato comunicato che i cinque giorni di lavoro fatti a marzo, dal giorno 23 in cui si sono insediati al 27 data in cui vengono pagati gli stipendi, verranno regolati con la busta paga di aprile. Pazienza. Non che siano stati cinque giorni di grande impegno: giusto lo sforzo di schiacciare un bottone (favorevole o contrario) per l'elezione dei due presidenti, ed era già tempo di vacanze pasquali, col Parlamento appena insediato già chiuso per una settimana di ferie. Alla riapertura il 3 aprile, per la terza seduta nel giro di due settimane, solo un paio d'ore di fatica per ascoltare l'«Annunzio della formazione di una componente politica (quella della Lorenzin, ndr) nell'ambito del gruppo parlamentare Misto», come si legge nel resoconto degli stenografi, quindi schiacciare ancora il pulsante per votare il segretario di presidenza, e poi alle 16.35 tutti a casa per un'altra settimana di meditazione. Sono i tempi dilatati della politica, che viaggia su un binario tutto suo rispetto all'Italia che lavora, un binario a velocità molto ridotta.

Si è votato da quasi un mese e mezzo, non è successo ancora niente. Un migliaio di parlamentari vagano tra Parlamento e casa loro, soprattutto casa loro, senza che siano state neppure costituite le commissioni parlamentari. Si voterà (oggi) solo per l'istituzione di una commissione speciale per occuparsi del Def e delle leggi in scadenza. Per il resto, tutto congelato in attesa di capire quale sia la maggioranza di governo.

Altro capitolo che procede alla velocità di un bradipo colpito da sonnolenza. A quasi 40 giorni dal voto, le posizioni dei partiti sono al punto in cui erano la mattina del 5 marzo. Tra aperture e chiusure, veti e controveti, intese che si sfaldano due minuti dopo averle intraviste, prove di sintonia tra partiti che si sono insultati per anni, vertici decisivi che non decidono niente, ricatti da scuola dell'infanzia (vengo con te ma lui non viene), la trattativa non ha fatto mezzo passo avanti malgrado il giro di consultazioni con il capo dello Stato, che dopo aver sentito tutti ha disposto «qualche giorno di riflessione», anche sulla base - spiegò Mattarella - della «richiesta di maggior tempo prospettatami da molte forze politiche». Altro tempo, altre riflessioni. E appunto questa settimana è la volta (ma non si sa quando) del secondo giro di consultazioni, chissà se risolutive o invece premesse per un altro periodo di attesa. Le voci dal Quirinale parlano di un invito a formare un governo «entro giugno». Cioè a quattro mesi di distanza dalle elezioni.

Sarebbe il record storico di lentezza per la formazione di un esecutivo in Italia, parse che può già vantare il record di 61 governi in diciassette legislature, spesso figli di estenuanti trattative durate molte settimane. In questo la cosiddetta «Terza repubblica» è identica alla Prima, se si eccettua il fatto che probabilmente è peggio. Al momento il travaglio più lungo per arrivare ad un governo è datato 1992, quando ci vollero 66 giorni per l'incarico a Giuliano Amato, ma nel frattempo erano accadute diverse cose: il crollo della Dc e la fine del vecchio sistema travolto da Mani Pulite, le dimissioni anticipate di Francesco Cossiga dal Quirinale, la strage mafiosa di Capaci, l'elezione del nuovo presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Un quadro complicato che allungò la gestazione del governo. Come ricorda una ricostruzione della Adnkronos, nella storia repubblicana le crisi più lunghe per arrivare a un esecutivo hanno avuto una durata compresa tra i trenta e i cinquanta giorni, quindi siamo già vicini alla parte alta della media. Ma anche dopo lo stallo del 2013, con l'incarico esplorativo a Bersani e il fallimento delle trattative (anche in quel caso c'era di mezzo il M5s) il caos si risolse in 61 giorni, con la nascita del governo di Enrico Letta. Certo, al Colle c'era un presidente (Napolitano) molto più interventista dell'attuale, più incline alla ponderazione.

Tutti fattori che lasciano intravedere un nuovo record.

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