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Iran, la minaccia a Israele "Distruggeremo Tel Aviv"

Khamenei rivela la lettera di Trump ai paesi arabi: «Li tratta come schiavi». Sanzioni Usa, l'Ue protesta

Iran, la minaccia a Israele "Distruggeremo Tel Aviv"

Dopo aver fatto tabula rasa dell'accordo sul nucleare iraniano che portava la firma di Barack Obama accanto a quelle dei leader di altri cinque Paesi garanti, Donald Trump rilancia la sua sfida a Teheran: dovrete tornare al tavolo con me per negoziare una nuova intesa, che questa volta dovrà essere «buona ed equa». Trump è abituato a farsi beffe di forme e galatei della diplomazia, e ama fare sfoggio di forza per ottenere dai suoi avversari ciò che non vorrebbero concedergli: un metodo che con un duro (almeno a parole) come Kim Jong-un sembra sul punto di rendere frutti insperati. Ora, secondo il presidente americano, è il momento di fare lo stesso con un altro nemico storico, appunto quell'Iran islamico che da quarant'anni chiama il suo Paese «il grande Satana» e brucia le sue bandiere nelle manifestazioni del regime.

Ammesso e non concesso che il gioco gli riesca, ci vorrà del gran tempo. Il clima generale dopo la sua mossa demolitiva è infatti al momento tempestoso. E non solo in Iran e presso i suoi prossimi, ma anche tra gli alleati europei degli Stati Uniti, che più passano i giorni e più sono risentiti per il grave danno soprattutto economico che le sanzioni decise da Trump arrecheranno alle imprese dei loro Paesi. Ma non vanno sottovalutate le ricadute anche politiche che il modo di agire della Casa Bianca finisce col provocare presso gli alleati.

Inequivocabili le dichiarazioni di esponenti di primo piano dei governi tedesco e francese, che sfogano a parole la rabbia frustrata di non poter difendere le loro imprese impegnate in affari con l'Iran (il ministro tedesco dell'Economia Altmeier) e chiedono di «passare ai fatti sulle sanzioni per preservare la libertà economica» (il ministro francese degli Esteri Le Drian).

Da Bruxelles l'arrabbiatissima Federica Mogherini punta il dito contro quanti «si comportano da bulli» ed esalta le virtù del compromesso, che cercherà di esercitare martedì prossimo quando incontrerà il ministro degli Esteri iraniano Zarif insieme con i colleghi di Berlino, Parigi e Londra. Le dà man forte la cancelliera tedesca Angela Merkel, stanca del protagonismo unilaterale di Trump, che in una telefonata al Cremlino ha concordato con Vladimir Putin sulla necessità di salvare l'intesa silurata dalla Casa Bianca.

Sul campo in Medio Oriente, però, il clima rimane incandescente, soprattutto nel triangolo Iran-Siria-Israele. Mentre la Guida Suprema Khamenei cerca di dividere il fronte nemico sventolando una «lettera segreta» (chissà come ottenuta) con cui Trump striglia i suoi tirchi alleati del Golfo, l'ayatollah Khatami, un falco del regime, minaccia di distruggere Tel Aviv e Haifa con i missili e di far pagare caro ad Arabia Saudita, Emirati e Bahrein il prezzo della loro vicinanza a Usa e Israele. Gerusalemme mostra le immagini dei bersagli iraniani in Siria devastati dalla sua aviazione e promette ad Assad di liquidarlo se oserà toccare lo Stato ebraico «in qualsiasi modo». Il premier israeliano Netanyahu sfoggia un tono euforico per assicurare che «la campagna prosegue e Israele sta per vincere». Si sente forte del patto di ferro con Trump, sancito dall'invio di sua figlia Ivanka col genero Jared Kushner all'inaugurazione della nuova ambasciata degli Stati Uniti a Gerusalemme fissata per lunedì.

Uno schiaffo che a palestinesi, Iran e Siria fa più male di tanti missili.

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