Cronache

Il killer di Milano? Libero per lo "svuotacarceri"

Il decreto del governo Monti esclude la prigione per i reati che prevedono pene sotto i 5 anni

Il killer di Milano? Libero per lo "svuotacarceri"

E pensare che trecento giuristi - compresi luminari del diritto e celebri magistrati - pensano che in Italia sia troppo facile mandare la gente in carcere, e premono (per ora invano) con una petizione perché il nuovo Parlamento approvi in fretta l'ennesima misura umanitaria. Il caso di Milano, il feroce raid compiuto giovedì notte da due immigrati irregolari, fa supporre che il problema sia semmai l'opposto: una serie cospicua di reati è ormai impossibile da punire e impossibili da arrestare sono i loro autori, che anche se presi in flagrante vengono immediatamente rimessi in circolazione, liberi di tornare a colpire.

Così è accaduto per Abderrahim Anass, il più giovane dei due marocchini che tra le 23 di giovedì e le 2,35 di venerdì seminano paura e morte tra le strade milanesi. Lo avevano arrestato cinque giorni prima, il pomeriggio del 21 aprile. Se Anass fosse rimasto in carcere, il bravo cameriere bengalese Samsul Haque non lo avrebbe incontrato e oggi sarebbe ancora vivo, a sorridere dietro il bancone di un bar anziché in un cassetto dell'obitorio, col cuore trafitto da un cacciavite.

Invece Anass la mattina di lunedì scorso, dopo due giorni passati in guardina, compare davanti al giudice. Insieme a due complici, deve rispondere dell'impresa compiuta in un grande magazzino di corso Buenos Aires, dove li hanno bloccati mentre cercavano di uscire con merce rubata per 130 euro. E il giudice non può fare altro che liberare tutti e tre. Merito del decreto svuotacarceri, voluto nel 2013 dal governo Monti: che esclude la possibilità della prigione per tutti i delitti puniti fino a cinque anni di carcere. Unica eccezione, il finanziamento illecito dei partiti: per quello in galera si può andare. Ma spacciatori, ladri, truffatori e un'altra lunga lista di criminali hanno visto il loro business sostanzialmente depenalizzato. Non si va in galera in attesa di giudizio, in base al decreto del 2013; e non ci si andrà neanche dopo la condanna, grazie alla riforma Orlando, quella invocata dai trecento giuristi ma bloccata dal nuovo Parlamento, che garantisce a chi deve scontare un massimo di quattro anni di carcere di aspettare a piede libero l'affidamento ai servizi sociali.

Così lunedì scorso, quando si è trovato di fronte Anass e i suoi complici, il giudice non ha avuto scelta. Rispondevano di tentato furto con una solo aggravante, per avere agito in tre; bastava un'altra aggravante, e si poteva spedirli in carcere; e invece niente da fare. Si poteva chiuderli agli arresti domiciliari, sperando che rispettassero i divieti: ma si sono dichiarati tutti (come fanno regolarmente ormai i loro colleghi di lavoro, che hanno presto imparato il trucco) senza fissa dimora. Così sono stati liberati. Anass si è riposato (forse) per tre giorni, poi è tornato all'attacco. Stavolta non più furti nei negozi, ma rapine da strada, aggressioni brutali e violente. E c'è scappato il morto.

Tutto da vedere come la notte di sangue di Milano influenzerà il dibattito politico sul tema della sicurezza e della giustizia. L'insabbiamento della riforma Orlando è stato deciso dai presidenti delle «Commissioni Speciali» di Camera e Senato, che hanno rifiutato di inserirla tra i provvedimenti del vecchio governo meritevoli del varo definitivo. Il presidente della Camera, Roberto Fico (raccogliendo il grido di dolore dei trecento giuristi) ha chiesto alle commissioni di ripensarci: senza successo, perché sulla inopportunità di ulteriori forme di indulgenza si sono ritrovati il centrodestra e il Movimento 5 Stelle.

Per ora.

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