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L'arcivescovo "benedice" il referendum lombardo

Per Delpini il voto del 22 sull'autonomia è "l'occasione per esprimersi e riflettere". La soddisfazione di Maroni

L'arcivescovo "benedice" il referendum lombardo

«Chi non si interessa degli affari pubblici non è pigro, ma è inutile». E ancora: «Bisogna appassionarsi dei destini della città, non solo essendone clienti, cercando dei vantaggi e disinteressandosi degli altri». Così parlava venti giorni fa ai giovani della scuola di politica l'appena insediato arcivescovo di Milano, Mario Delpini. Era il 18 settembre e quella sera citare Pericle così come lo racconta Tucidide è stato uno degli indizi dell'interesse all'attualità sociale del nuovo vescovo. Così come il no ai laudatores tempores acti (quelli che esaltano sempre il passato) e «ai profeti della protesta che sanno solo lamentarsi perché i politici sono tutti uguali e tutti corrotti». Ma fin qui eravamo nel campo dei principi, sia pur chiari e diciamo così, poco di protesta e molto di governo. Oggi si va nel concreto.

Nella sua prima lettera alla Diocesi, scritta per l'anno pastorale 2017-2018, dal titolo «Vieni, ti mostrerò la Sposa dell'Agnello», Mario Delpini trova il modo di parlare di un appuntamento politico di grande attualità a Milano e a dirla tutta in Italia. E cioè il referendum sull'autonomia per il quale il 22 ottobre si voterà in Lombardia e anche in Veneto. Mentre fioccano le polemiche, anche sulla scia del voto sull'indipendenza della Catalogna, questo però illegale e cruento, il vescovo di Milano definisce anche il referendum un'«occasione» per riflettere e per esprimersi sull'assetto istituzionale della società civile. Insomma, nessun anatema, tutto al contrario.

Ecco le parole esatte: «L'avvicinarsi di consultazioni importanti per le istituzioni politiche e amministrative offre una occasione per riflettere, confrontarsi, esprimersi sugli aspetti istituzionali della società civile (Referendum per l'autonomia) e sulla situazione e prospettive politiche del Paese (elezioni politiche, regionali e nazionali)».

Soddisfatto Roberto Maroni. «Citare il referendum e chiamarlo referendum per l'autonomia e non referendum consultivo è segno di attenzione e anche di interesse» osserva il presidente della Regione. E anche se non è lui ad avere il copyright esclusivo dell'appuntamento, perché si è unita larga parte di Forza Italia, oltre che un cospicuo gruppo di sindaci di sinistra guidati dai primi cittadini di Milano, Giuseppe Sala, e di Bergamo, Giorgio Gori, è indubbio che la responsabilità politica è prima di tutto sua.

Invitare a riflettere sul «Referendum per l'autonomia», come fa Delpini, non vuol dire essere favorevoli al sì ma almeno spingere a interrogarsi sulla domanda: «Volete voi che la Regione Lombardia, in considerazione della sua specialità, nel quadro dell'unità nazionale, intraprenda le iniziative istituzionali necessarie per richiedere allo Stato l'attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con le relative risorse....». Un atto di rispetto.

Il giorno del suo ingresso ufficiale in Diocesi, domenica 24 settembre, in un'omelia che germinava dai versi di Ungaretti, Delpini aveva chiamato tutti «fratelli», come in un cerchio che andava allargandosi alle fedi, religiosi e politiche: «Non intendo mancare loro di rispetto, ma mi preme dichiarare un'alleanza, un sentirci dalla stessa parte nel desiderio di servire la stessa gente». Oggi, nella lettera, ai politici riserva un'altra apertura di credito: «I cristiani non possono sottrarsi al compito di praticare abituare il discernimento nella metropoli». Tanti gli ambiti: famiglia, solidarietà, periferie, ecologia, dialogo, sussidarietà.

E sì, partecipazione quando si è chiamati al voto.

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