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Quella lunga agonia del Pd che tiene in vita il governo

I guai gialloverdi coperti dai limiti delle opposizioni I dilemmi di Forza Italia: non siamo né carne né pesce

Quella lunga agonia del Pd che tiene in vita il governo

La battuta tratta dal lessico «salviniano» dall'immarcescibile Vincenzo Scotti, ex ministro dc e ora deus ex machina della Link University, vivaio di ministri pentastellati, l'altra sera ha fatto il giro dei tavoli alla festa d'Estate dell'ateneo: «Il governo, con l'opposizione che ha di fronte, durerà trent'anni». Un po' quello che teorizza l'ex-allievo dell'Università, il grillino Angelo Tofalo, sottosegretario alla Difesa, mentre ironizza sulle grandi manovre che si svolgono all'ombra dell'opposizione per eleggere i presidenti delle commissioni parlamentari di garanzia, Rai e Servizi Segreti. «Sulla Rai insinua Berlusconi sta puntando su Barachini, ma Gasparri c'è rimasto male. E questa competizione ha messo in ambasce il Pd, che punta ai Servizi e vuole un accordo blindato per evitare brutte sorprese. Con l'opposizione in queste condizioni, noi della maggioranza, malgrado i problemi che abbiamo, restiamo a galla». E di problemi il governo davvero non ne ha pochi. A un mese e mezzo dalla sua nascita è ancora un cantiere aperto. «Faccio il girovago racconta Andrea Cioffi, braccio destro di Di Maio allo Sviluppo Economico , ancora mi debbono dare un ufficio. Il mio l'ha preso la presidenza del Consiglio. Le deleghe? Presumo che mi daranno l'Industria. L'inizio, diciamo, è un po' così... Ci salva l'opposizione. Il Pd è tristemente vecchio. Berlusconi si è rotto le scatole. E Renzi è ancora più vecchio di Berlusconi».

Più trascorrono le settimane e più appaiono evidenti le contraddizioni e i limiti di questo governo. Contemporaneamente, però, emergono anche i problemi, i paradossi, le difficoltà delle opposizioni, che rischiano, involontariamente, di diventare il puntello dell'attuale equilibrio politico: l'equilibrio dei «limiti». Basta qualche flash per dare un'idea degli scontri che si svolgono in un esecutivo in cui convivono due Italie diverse. All'arrivo di ogni imbarcazione di migranti raccolti in mare, si apre puntualmente una disputa tra i ministri Salvini e Toninelli, quest'ultimo spalleggiato dal premier Conte e dal vice Di Maio, sul dilemma: aprire i porti italiani o no?

Il braccio di ferro, visto che la polemica si è allargata dalle navi delle Ong anche a quelle della Marina Militare, ora ha coinvolto anche il ministro della Difesa, Trenta. Dato che è difficile mediare sugli argomenti, le due anime del governo l'accordo lo trovano dividendosi le sfere d'influenza. Salvini vuole imporre il suo punto di vista su immigrazione e sicurezza e, nella logica del do ut des, è disposto ad appoggiare il decreto dignità di Di Maio, anche se ha fatto insorgere l'intero elettorato leghista del Nord-est, composto da piccoli e medi imprenditori. Tutto questo mentre il ministro dell'Economia Tria tenta in tutti i modi di tranquillizzare Bruxelles, e il dottor Stranamore del governo, il ministro Paola Savona, non trova di meglio che tirar fuori la teoria del «rischio del cigno nero»: «Bisogna essere pronti ad ogni evenienza, anche ad uscire dall'euro».

In questa confusione le opposizioni, su sponde diverse, ne avrebbero di cose da dire e, soprattutto, da fare. E invece Ma il dibattito interno del Pd continua ad essere ossessionato da Renzi: lo era quando era segretario, lo è ancora più oggi che non lo è più. Ogni parola che esce dalla sua bocca diventa argomento di polemica: si dedichi a Gentiloni o all'arrivo di Ronaldo alla Juve, la sostanza non cambia. «Finché rompe le scatole spiega uno dei leader della minoranza, Andrea Orlando continueremo a parlare di lui. Tanto non fonda un altro partito: non ha spazio». «La verità è che se non parlano di lui gli risponde la renziana Alessia Morani non sanno di cosa parlare, non esistono». «C'è troppa eterogeneità nel Pd è il lamento laconico di Luigi Marattin -: tutta questa roba insieme non ci sta. Sarebbe meglio ammetterlo».

Forza Italia, invece, ha messo sotto le lenti di ingrandimento il decreto dignità e la sua filosofia che piace alla «tardo-sinistra», ma si trastulla, soprattutto, sugli organigrammi parlamentari, di partito o di Rai. «Viviamo di memoria spiega Stefano Mugnai, coordinatore della Toscana , mentre dovremmo vivere di speranza. E dovremmo prepararci al possibile fallimento di questa maggioranza: fra un anno, quando avremo ancora i nigeriani sotto casa, chi prenderà i voti di Salvini?». «Basta con gli aggettivi sostiene il veneto Marco Marin dietro alla parola opposizione: l'opposizione è opposizione e basta!». «Non siamo né carne, né esce si lamenta il campano Cosimo Sibilia e intanto leghisti e grillini stringono l'alleanza alle regionali in Basilicata».

Preoccupazioni e propositi comuni a molti, ma la prassi continua ad essere quella di sempre: attendere. Tanto più che leghisti e grillini hanno inaugurato verso le opposizioni la stessa strategia: quella delle lusinghe. I leghisti chiedono agli azzurri di avere pazienza e promettono il ritorno a un governo di centro-destra. «Ce lo dicono ogni giorno», ammette Enrico Costa. I grillini insinuano una teoria speculare sull'altra sponda: se Salvini punta alle elezioni, faremo una maggioranza con il Pd, si teorizza dalle parti della presidenza della Camera. Risultato? Dario Franceschini sogna: «Dobbiamo studiare i 5stelle».

Solo che per far nascere un'altra maggioranza, bisogna mettere in crisi l'attuale. E a questo nessuno pensa nelle opposizioni. Così le due anime del governo hanno il tempo per allargarsi. Salvini fa l'amletico sul destino di prefetture e province: prima dice di voler sostituire le prime con le seconde; poi, per non far arrabbiare i prefetti, ci ripensa. E c'è chi dentro la Lega, addirittura, dopo il sequestro dei 49 milioni di euro, punta a convertire i grillini al garantismo. «In commissione Giustizia racconta Luca Paolini ho detto che tra tutti gli imputati eccellenti di questi anni, da Romano a Milanese, l'unico ad essere condannato è stato Cosentino. E io considero innocente pure lui. Dopo ho portato a cena i cinque grillini che sono in Commissione, e 4 erano d'accordo con me».

Appunto, la maggioranza si studia e si stringe. E tenta di imporre l'immagine di un equilibrio di governo irreversibile. «Con la conferma di Martina confida Antonio Rinaldi, consigliere di Paolo Savona il Pd è finito. Su Forza Italia, invece, tutti sanno che c'è un'Opa della Lega, che presto Toti si porterà via mezzo partito. Se io fossi in Berlusconi lo asseconderei: in una logica del genere lui sarebbe blindato, sarebbe accolto sempre con il tappeto rosso per i meriti passati.

Non gli conviene opporsi!». Già, l'opposizione, che c'è e non c'è

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