Politica

Il primo nodo candidature La partita si gioca nel Lazio

Berlusconi nomina i saggi per le liste e chiama Rotondi: «Lo scudocrociato torna, entusiasta»

Anna Maria Greco

Roma «Io sono libero alle 13,30, se Giorgia vuole venire». Silvio Berlusconi aveva dato la sua disponibilità ad un incontro a palazzo Grazioli con la leader di Fdi, per discutere delle regionali nel Lazio e della mina vagante Sergio Pirozzi, il sindaco di Amatrice che si è autocandidato a governatore, creando scompiglio nel centrodestra. Ma il pranzo romano poi è non c'è stato. Ufficialmente, perché la Meloni era in Abruzzo e, come dice lei, «il teletrasporto non ce l'ho». Ma forse non voleva irritare Matteo Salvini, vero sponsor di Pirozzi, che aveva commentato: «So che si vedono Berlusconi e la Meloni a Roma: io ho altri impegni ma ci rivedremo sicuramente più avanti». Con il leader della Lega ancora non è stato organizzato il famoso tavolo per discutere di programma e liste alle nazionali, e un pre-incontro a due poteva non prenderlo bene.

Qualche ora dopo arriva la notizia che il leader di Fi ha nominato una Commissione che collaborerà con gli alleati per individuare i migliori candidati a presidente di Regione e a sindaco, presieduta da Altero Matteoli, con Sestino Giacomoni e Gregorio Fontana. Uno stop alle autocandidature, fuori dall'alleanza. Berlusconi guarda anche al centro, la quarta gamba, liberale con Costa e cristiana con Rotondi e Cesa. Gli ultimi due sono a Saint Vincent per il loro convegno e arriva una telefonata a sorpresa: «Sono entusiasta -dice il Cav - per il ritorno dello scudocrociato sulla scheda elettorale».

Nel Lazio Fi rivendica per sé la candidatura a governatore, mentre Pirozzi, che ha attirato tutti i riflettori dopo il terremoto, si è buttato avanti e rischia di dividere anziché unire. Dicono che neppure la Meloni veda bene la sua autocandidatura, spinta da ambienti vicini ad Alemanno e dalla Lega. «Teme che possa rappresentare un cavallo di Troia - dice un azzurro -, che faccia esplodere la destra».

Giovedì mattina, come racconta lui stesso, Pirozzi telefona alla Meloni, a Salvini e a Gianni Letta («Non ho il numero di Berlusconi»), per annunciare che scende in campo. Il Cav è all'incontro a Palazzo Grazioli con i coordinatori regionali e la notizia esplode come una bomba. Il rappresentante azzurro del Lazio, Claudio Fazzone, ha l'incarico di organizzare un incontro con la Meloni e chiama Fabio Rampelli, suo braccio destro. Sembra che l'operazione vada in porto. Poi, però, Giorgia dice che non riesce a tornare a Roma da Pescara. «Ci deve essere stata qualche incomprensione, non era fissato un pranzo con Berlusconi. Ci vedremo sicuramente nei prossimi giorni, nelle prossime settimane. Dobbiamo discutere di elezioni politiche, di regionali, ma penso che bisogna fare, come si è sempre detto, un incontro a tre per definire tutto quanto insieme».

Pirozzi, intanto, se la ride per aver creato tanto «nervosismo diffuso» e assicurava: «Io non voglio far litigare nessuno. Siccome sono una persona corretta, li ho avvertiti. Poi, decideranno loro». Uomo di destra, è un personaggio irruento e difficilmente governabile. «Potrebbe arrivare al 10% - spiega un sindaco azzurro -, dividendo il centrodestra. E non ha l'esperienza per amministrare una regione complessa come il Lazio, che è due in una, visto che contiene Roma Capitale».

Fi vuole sbarrargli la strada e cerca il candidato migliore, non un politico puro. Fazzone non esclude le primarie, «ma con regole certe».

Si parla di Paolo Barelli di Luisa Todini, di giornalisti come il vicedirettore del Giornale Nicola Porro e Paolo Liguori, direttore di Tgcom.

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