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Ri-prove di alleanza Salvini-Berlusconi

I tre leader uniti in Abruzzo. Ma il Cavaliere pressa il governo: "Ok a referendum su Tav e reddito"

Ri-prove di alleanza Salvini-Berlusconi

Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni seduti allo stesso tavolo a «fare squadra» contro i Cinque Stelle è una notizia che va oltre la contingenza, cioè le elezioni regionali in Abruzzo di domenica prossima. La scena, politicamente anomala, salvo sorprese si ripeterà con una certa frequenza essendo imminenti le consultazioni per rinnovare i parlamenti di Sardegna, Piemonte e Basilicata. Non dico un marziano, ma semplicemente un cittadino distratto penso fatichi, guardando la tv o leggendo i giornali, a capire chi sta con chi, in questo Paese di matti. E non solo dentro il vecchio centrodestra: il governo sta con i capi delinquenti dei gilet gialli (Di Maio) o con Macron (Salvini, che ieri ha detto di essere pronto a incontrarlo anche se non si capisce a che titolo non essendo lui il premier)? Con il dittatore Maduro (Di Battista) o con il moderato Guaidó (Salvini) o con nessuno dei due (Di Maio)? Siamo per (Salvini) o contro (Cinque Stelle tutti) la Tav?

Chi può dirlo, come nessuno può dire se il vecchio centrodestra esista ancora come parrebbe, sia pure tra imbarazzi e diffidenze, guardando la foto scattata ieri a Pescara, oppure se sia definitivamente morto, come suggerirebbero alcuni retroscena di casa Lega. Il problema lo può risolvere solo Matteo Salvini, rimasto prigioniero del suo successo nel giocare su sponde avverse. In realtà la politica dei due forni non è una novità in questo Paese, fu infatti inventata negli anni Sessanta dalla Dc per appoggiarsi a seconda delle convenienze una volta ai socialisti l'altra ai liberali. È vero che anche allora i forni erano diversi, ma il pane che ne usciva, anche per la qualità e la saggezza dei fornai, era spesso di qualità e omogeneo in entrambi i casi, tanto che l'Italia balzò tra i grandi del mondo.

Oggi non è così. Dal forno Cinque Stelle esce per lo più pane indigesto ai leghisti e a tutti noi, nocivo per la salute del Paese (lo spread sale, il Pil scende ed era dal 1940 che la Francia non ritirava il suo ambasciatore in Italia). Il forno centrodestra produce sindaci e presidenti di Regione di buon gusto, ma ciò non basterà a servire un pasto succulento agli italiani.

Il rischio, se Salvini non scioglie le sue riserve in un modo o nell'altro, è che alla fine a bruciare sarà la panetteria Italia.

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