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La "rivoluzione" di Pisapia: fare un'alleanza con Renzi

È rottura tra Mdp e l'ex sindaco che augura «buon viaggio» a Speranza: "Non mi interessa prendere il 3%"

Il sindaco Giuliano Pisapia accorso al tribunale di Milano
Il sindaco Giuliano Pisapia accorso al tribunale di Milano

Il cerino girava vorticosamente da settimane, nel triangolo Pd-Pisapia-Mdp. E alla fine, gira che ti rigira, è rimasto in mano al più sfortunato: Roberto Speranza.

Il giovane ex capogruppo Pd poi scissionista, pupillo di Bersani e discepolo di D'Alema, ha decretato che «il tempo è finito» e che «ora basta» e che «non si può più perdere un solo minuto» per fondare il nuovo partito della sinistra, e che quelli di Mdp (lui, Bersani e D'Alema) si sono stufati di aspettare le decisioni di Giuliano Pisapia: «Noi andiamo avanti», lui faccia quel che gli pare. L'ex sindaco di Milano non aspettava altro per staccarsi dal revanchismo degli ex Pci e virare verso il Pd, e ha colto la palla al balzo: «Speranza non aspetta? Non c'è problema, gli auguro buon viaggio». Per poi infierire: «Io non credo nella necessità di un partitino del 3%, credo in un movimento molto più ampio, molto più largo e soprattutto capace di unire, non di dividere».

Con i suoi, Pisapia è più esplicito: «Non sono interessato ad una piccola sinistra di reduci: lì ormai comanda solo D'Alema e anche Bersani si è rivelato succube». La rottura a sinistra dunque si consuma, e tocca a Mdp prendersene la responsabilità. È la fine di un tormentone iniziato in luglio con la manifestazione di Santi Apostoli, dove Pisapia ha lanciato la propria candidatura a leader di una fantomatica sinistra extra-Pd e si è subito ritrovato presidiato dai due dioscuri di Mdp, che gli inzepparono la piazza di bandiere rosse, innervosendolo subito. La diatriba si è trascinata fino all'autunno, con il Pd a fare da spettatore interessato, perché dai cocci della sinistra ha tutto da guadagnare.

Non a caso, nell'ultima riunione di direzione, Matteo Renzi ha usato toni (fintamente) affettuosi con gli scissionisti, spiegando che «non sono loro i nostri avversari» e ha aperto le porte a chi volesse allearsi con il Pd per fare una sinistra di governo. La legge elettorale in discussione alla Camera ha dato un grosso contributo alla conclusione del tormentone: i collegi uninominali e il meccanismo delle coalizioni rendono appetibile l'alleanza con il partito più grande. Mentre un micropartito come Mdp non ha alcuna speranza di eleggere parlamentari nei collegi uninominali, e poche certezze di raggiungere la soglia del 3% a livello nazionale. Non a caso è, insieme ai grillini, ferocemente contraria alla nuova legge.

Per Pisapia e il suo «Campo progressista» si apre invece la strada di un'alleanza con il Pd, che ben volentieri candiderebbe l'ex sindaco a Milano. «Del resto a Giuliano interessa poco o niente la fondazione di nuovi partitini di sinistra: è un uomo delle istituzioni, la sua ambizione è se mai fare il ministro, non il capopopolo», chiosa un esponente Pd che tiene i rapporti con Pisapia. Un ruolo nel convincere l'ex sindaco allo strappo con i dalemiani lo ha giocato anche Prodi, che ripete «il Pd è l'unico baluardo per il paese, e il cuore di un centrosinistra largo». E proprio Prodi sarà, insieme a Pisapia e a Carlo Calenda, uno dei protagonisti della «Convention europeista» organizzata da Emma Bonino e da Radicali italiani per fine ottobre. Una iniziativa che si pone esplicitamente anche un orizzonte elettorale, per «presentare a partire da tale appuntamento un'offerta politica ed elettorale aperta che ponga al centro del dibattito delle prossime elezioni le istanze europeiste, democratiche e radicali».

Legge elettorale permettendo, potrebbe rivelarsi il primo embrione di quella galassia di liste pro-Europa, liberal e progressiste che Renzi sogna di raccogliere attorno al Pd.

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