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Tajani affonda Luigino: "Minacciare l'Europa? Sparate demagogiche"

L'azzurro attacca i "sovranisti" di Visegrad. "Ora non blocchino la riforma di Dublino"

Tajani affonda Luigino: "Minacciare l'Europa? Sparate demagogiche"

La questione della Nave Diciotti è ancora rovente. Il governo italiano continua a fare pressione sull'Unione europea e sui partner continentali andando a sbattere contro porte serrate a doppia mandata. E proprio nel giorno in cui il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi e il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, sono chiamati a confrontarsi sul palcoscenico del Meeting arriva la chiusura di Bruxelles e il «no» del ministro degli Esteri ungherese in visita alla Farnesina.

I toni di Tajani e Moavero, due profondi conoscitori delle questioni europee, sono non dissimili. L'accusa di egoismo e di latitanza rivolta ai partner europei è condivisa. L'approccio è realistico e poco incline al populismo, tanto che quando a Moavero viene chiesto un commento sulla proposta di Luigi Di Maio di interrompere il pagamento dei contributi italiani a Bruxelles, la frenata è perentoria. «Pagare i contributi è dovere legale degli Stati membri. Ci confronteremo», dice Moavero.

Una replica che innesca il commento affilato dell'azzurra Licia Ronzulli. «Di Maio, dopo non aver ottenuto nulla dalla stessa Ue, è stato perfino sbugiardato dal ministro degli Esteri, cioè dal suo stesso governo. Questo accade quando si parla senza conoscere bene i termini delle questioni che si affrontano».

Moavero davanti alla platea di Rimini mette il dito nelle contraddizioni di una Unione europea che «mette in dubbio il suo stesso concetto originario di comunità» e che gestisce la questione immigrazione dicendo «il problema è vostro, gestitevelo». «La Ue si è occupata solamente di porre norme per il diritto di asilo, regole pensate su piccoli numeri che hanno fatto pesare sui Paesi di arrivo la gestione di tutte le pratiche. Quando il flusso aumenta di numero dovrebbe subentrare la solidarietà europea e la condivisione dell'onere».

Tajani, invece, dopo aver anche lui bacchettato Di Maio - «non può affrontare la delicata questione dell'accoglienza dei migranti facendo sparate demagogiche; non si può minacciare di ritirare 20 miliardi di euro: con l'Europa ci si deve confrontare in altro modo» - attacca in modo frontale il fronte sovranista continentale. «Mi stupisce che Polonia e Ungheria, che rivendicano radici cristiane, non abbiano coraggio di accogliere cristiani che fuggono. Per queste persone sarebbe stato più facile convertirsi all'Islam che scappare. I cristiani etiopi, eritrei o iracheni non vanno certamente a inquinare l'identità cristiana dell'Ungheria o della Polonia. Mi auguro che i Paesi dell'Est non blocchino la riforma del Trattato di Dublino. Dalla Ue hanno avuto tanto, devono fare di più. I Paesi di Visegrad secondo autorevoli rappresentati del governo italiano dovrebbero essere i nostri migliori interlocutori, in realtà sono i peggiori nemici dell'Italia sull'immigrazione, perché non vogliono accogliere nessuno: è meglio che il governo si chiarisca le idee e ottenga risultati concreti invece di fare proclami, con ogni partito di governo che cerca di spararla più grossa».

Tajani invoca la linea dura all'interno di un contesto di legalità. «Chi non ha diritto e non ha diritto allo status di rifugiato non deve entrare, chi delinque deve essere mandato via. Ci vogliono corridoi umanitari, non porte aperte a tutti. In Italia c'è un problema reale e uno di percezione, il caso di Macerata ha creato grande preoccupazione. In Niger, dove sono stato di recente, un investimento europeo di un miliardo ha diminuito del 90% i passaggi.

È questo il modello da seguire».

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