Cronache

La vedova che riorganizzava i clan: "La Padrona è peggio degli uomini"

Maria Di Trapani era stata la moglie del killer di Libero Grassi

La vedova che riorganizzava i clan: "La Padrona è peggio degli uomini"

La sua era una missione «d'onore». Maria Angela Di Trapani, figlia di un capomafia e moglie del boss Salvino Madonia, killer di Libero Grassi, stava riorganizzando Cosa nostra. Destabilizzata dalla morte del capo dei capi, Totò Riina, e dai colpi inflitti dallo Stato, tra cui l'operazione Apocalisse che ha spedito in carcere un centinaio di mafiosi, tra pezzi grossi e loro pedine, la mafia stava cercando di ricreare una sua gerarchia. E lei, Maria Angela, era il collegamento tra l'esterno e il carcere, dove oltre al marito si trovano i cognati, Antonino e Giuseppe, ergastolani; era «la padrona», così la chiamavano in ambito mafioso. Ieri la Di Trapani è stata arrestata con 24 persone, ritenute responsabili a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione consumata e tentata, danneggiamento, favoreggiamento personale, ricettazione, commessi con l'aggravante del metodo e finalità mafiosi. Maria Angela conosce il carcere, perché ha scontato 8 anni, ma questi non sono serviti a farle abiurare il mandamento di Resuttana, riconducibile ai Madonia anche dopo il decesso del capomafia Francesco. E se il controllo veniva mantenuto attraverso Sergio Napolitano e Salvatore Lo Cricchio, rispettivamente cugino e zio di Maria Angela, lei rivestiva un ruolo di peso, tanto da avere il rispetto dei più anziani.

Il mandamento di Resuttana è stato azzerato con quello di San Lorenzo dai carabinieri del comando provinciale di Palermo, diretti dal colonnello Antonio Di Stasio, coordinati dalla Dda di Palermo. Le indagini hanno permesso anche di individuare i mandanti e gli autori di estorsioni nei confronti di imprenditori e commercianti e di delineare l'interesse di Cosa nostra sull'ippodromo di Palermo.

Peso decisivo della Di Trapani è stato nell'individuazione di Giovanni Niosi quale reggente di Resuttana, salvo poi la destituzione, avvenuta col placet della «padrona», per avere patteggiato violando «i pilastri del galateo mafioso», reato che sarebbe stato punito con la morte se non fossero intervenuti vecchi capi mafia per evitarlo.

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