Politica

Verdini sbugiarda l'ipocrisia «In maggioranza da sempre»

Il leader di Ala: "Nessuna novità, lo sanno pure i sassi Pronti a votare Ius soli e fine vita se arrivano in Aula"

Verdini sbugiarda l'ipocrisia «In maggioranza da sempre»

«I ntervengo perché in questo dibattito sulla riforma elettorale sono stato tirato per la giacca, ora evocato e ora insultato». Quando Denis Verdini prende la parola nell'aula del Senato, per spiegare il suo assenso al Rosatellum e per «parlare di politica» (cosa che pochissimi si sono mostrati in grado di fare, in questi giorni di discussione), scoppia puntuale la bagarre.

I Cinque Stelle, con la consueta verve da marciapiede, sbraitano, strillano parolacce e si agitano minacciosi sui banchi, poi escono. Lui non li degna di uno sguardo e prosegue il suo intervento: «Dicono che questa legge elettorale - né un colpo di mano né un golpe ma la migliore possibile in questo momento storico - sia figlia mia, e non mi dispiace. Diciamo che è mia nipote», ironizza. La verità, spiega, è più semplice: «Questa legge è frutto di un compromesso, come tutto il resto della legislatura. Perché lo sanno anche i sassi che qui dentro non c'è mai stata una vera maggioranza politica. Ma questo teatrino degli equivoci ha fatto comodo un po' a tutti».

A chi, come i bersaniani di Mdp, denuncia con sdegno l'ingresso in maggioranza di Ala, Verdini raccomanda di non fare i sepolcri imbiancati: «Qualcuno parla di una nuova maggioranza. Non è vero. Noi c'eravamo, ci siamo e ci resteremo sino alla fine. Siamo stati leali con Letta, poi con Renzi e ora con Gentiloni», ricorda, a beneficio di chi ora fa finta di dimenticare che anche il governo di Enrico Letta fu sostenuto, oltre che da Bersani, anche da Verdini e Berlusconi. «Comprendo l'amarezza dei bersaniani - infierisce Verdini - ma va rivolta solo verso loro stessi, perché non hanno mai capito i tempi». Sguardi smarriti nei banchi di Mdp, mentre in quelli del Pd qualcuno sorride, e l'aula ascolta in silenzio la lezione macroniana del leader di Ala, che da tempi non sospetti teorizza (anche da fautore del Patto del Nazareno) il Partito della Nazione: «I massimalismi post comunisti e gli integralismi cattolici che vivono con i piedi nel trapassato condizionano la vita dei loro partiti». Mentre «la sfida tra democrazie occidentali» non passa più per la faglia «tra destra e sinistra», ma tra «apertura alla modernità e chiusura nel passato».

E Denis Verdini ricorda il «ruolo di supplenza politica» svolto tra quelli che definisce con ironia i «ministri senza portafogli» del suo gruppo, che in questa legislatura hanno «tutelato la stabilità del paese ogni volta che un provvedimento ci è sembrato andare nella direzione giusta». Così, rivendica, il gruppo Ala «ha votato le unioni civili, e avremmo votato anche la stepchild adoption». E, promette, «voteremo anche Ius soli e fine vita, se e qualora arrivassero in aula». Applausi da sinistra.

L'ultima battuta la riserva ai grillini, che hanno diffuso per settimane la bufala della «clausola salva-Verdini» nel Rosatellum, che ha introdotto la possibilità di candidarsi nei collegi esteri anche per i cittadini italiani: «Una delle solite falsità», la liquida lui. «Se mi rincandiderò, lo farò di sicuro in Italia».

Al massimo, aggiunge sorridendo sotto i baffi, se mai la Lombardia e il Veneto ottenessero una improbabile indipendenza, «potrei candidarmi là, per battermi da vecchio repubblicano, per l'unità d'Italia».

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