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Il voto farsa nella Nigeria dei golpe: duello tra il ras islamico e il suo vice

Gli obiettivi: via i cattolici dal parlamento e affari da blindare

Il voto farsa nella Nigeria dei golpe: duello tra il ras islamico e il suo vice

In una nazione che fabbrica colpi di stato (dodici dal 1960, anno dell'indipendenza dalla Gran Bretagna), ieri è andata in scena la più clamorosa farsa elettorale della storia dell'Africa. Il presidente uscente della Nigeria Muhammadu Buhari si sta per assicurare un secondo mandato (gode di un margine del 15% sugli avversari) ai danni della lista civetta guidata dal suo più stretto collaboratore, Abubakar Atiku. Un'azione studiata a tavolino per blindare il risultato, preservare la vittoria dell'ala islamica e cancellare dai banchi del parlamento gli esponenti cattolici. I Boko Haram esultano sapendo di poter contare su un governo «amico» e continuano a colpi di attentati a sequestrare il nord del Paese. Proprio ieri mattina un blitz dei jihadisti dalle parti di Maiduguri (Stato del Borno) ha provocato la morte di nove persone, che si aggiungono alle oltre 10mila vittime da quando Buhari ha preso il potere. Il 29 maggio del 2015, giorno dell'insediamento dopo il trionfo sul cattolico Godlock Jonathan, Buhari dichiarò che i jihadisti sarebbero stati sconfitti. In realtà i qaedisti neri hanno preso il controllo di alcune città e di estesi territori del nord, rafforzandosi ulteriormente. Da alcuni mesi hanno intensificato attacchi e attentati, sono sbarcati in Camerun, creando decine di migliaia di nuovi sfollati e rifugiati, molti di loro in fuga verso il Mediterraneo. Questo è lo spaccato della Nigeria: la nazione potenzialmente più ricca, ma più corrotta del continente nero e controllata dall'islam più integralista.

A sfidarsi sono stati appunto Muhammadu Buhari, presidente in carica dal 2015, leader dell'Apc, All Progressive Congress, ex militare, già presidente tra il 1983 e il 1985 grazie a un colpo di stato, originario del Katsina, uno dei 12 stati a maggioranza islamica che in violazione della costituzione hanno adottato la sharia, la legge coranica, e Abubakar Atiku, un tycoon nato nello stato orientale di Adamawa, comproprietario di una impresa di servizi petroliferi, per due volte eletto vicepresidente, leader del Pdp, People's Democratic Party, ma soprattutto «delfino» di Buhari. La vittoria quindi diventa irrilevante all'atto pratico: entrambi hanno concorso (mano nella mano), non per realizzare un progetto politico virtuoso, bensì per conservare, o conquistare, il controllo delle istituzioni politiche, necessario per disporre delle risorse del Paese e servirsene. È quanto è successo poche settimane fa nella Repubblica democratica del Congo, dove un candidato, Felix Tshisekedi, ha vinto grazie a un accordo sottobanco con il presidente uscente Kabila.

La Nigeria ha potenzialità straordinarie e tuttavia è sotto minaccia costante di implosione. È il paese africano più popoloso: 196 milioni di abitanti, un africano su sette è nigeriano. È il primo produttore di petrolio e la prima economia del continente. È anche il paese africano con più miliardari. Ma è anche una delle nazioni più devastate da malgoverno e corruzione che alimentano il tribalismo, di per sé un fattore critico che in Nigeria assume forme estreme, esasperate dall'appartenenza religiosa.

Durante il voto si sono segnalati parecchi incidenti: dalle schede consegnate in ritardo, che hanno costretto le autorità a posticipare di tre ore la chiusura dei seggi fino all'assassinio di un presidente di seggio e alla morte di altre 15 persone in vari tafferugli.

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