Cultura e Spettacoli

"Lascio per un po' Giovanni e Giacomo e 'Scappo a casa'"

Il comico si mette in proprio per una commedia sull'immigrazione: "Ma non copio Zalone"

"Lascio per un po' Giovanni e Giacomo e 'Scappo a casa'"

Fa una scappatella fuori dal trio, Aldo Baglio del terzetto comico Aldo, Giovanni e Giacomo. E gli nasce un film da solista, Scappo a casa di Enrico Lando (da giovedì, con Medusa e in 400 copie), che scioglie nel divertimento i tormenti legati all'immigrazione. Ma non c'è crisi nel matrimonio a tre, bensì la voglia di sbirciare oltre la porta chiusa d'un sodalizio storico. Qualcosa di brillante che, dal tempo di Tre uomini e una gamba (1997), ha prodotto cinema, teatro, televisione, libri. «Volevo uscire dal seminato. Magari per tornare indietro subito», dice il comico, qui pure sceneggiatore, che adesso si presenta coi calzoni rosa di Michele, meccanico playbpoy e razzista, lesto a pescare sul sito Easy Sex, prima di finire a Budapest per quagliare. Dove lui, tipico italiano scorretto, che sposta di peso una persona ferita, stesa in strada, pur di passare col Ferrari, si sveglia a letto con tre pupe. Merito delle pillole che prende. E del parrucchino-feticcio che gli dà l'aria aitante. Dopo il festino, però, arrivano guai seri: viene derubato e la polizia ungherese lo spedirà al centro per clandestini. Tale esperienza da incubo, lo costringerà a rivedere la sua scala di valori. E ad allearsi con i compagni di sventura: neri che amerà, dopo averli capiti, fuggendo per mezza Europa. D'altronde, Aldo è siciliano (di Palermo), quindi tunisino (è una battuta del film): ha labbra spesse, colorito scuro e, specchiandosi in una pozza d'acqua, si vede nero come l'amico nigeriano. Il film, all'inizio, s'intitolava: L'indesiderato. Nel cast, Angela Finocchiaro, come corrotta poliziotta slovena di frontiera e Jacky Ido, già nel tarantiniano Bastardi senza gloria. Si ride, si riflette e ci si chiede se Aldo, mettendosi in proprio, non possa contendere al pugliese Checco Zalone una fetta di mercato. Checco, del resto, lavora con comparse africane per il suo Amico di scorta, atteso a Natale e dove tratterà il tema dell'accoglienza. Magari è un caso: se Zalone canta «uomini sessuali», Aldo dice «estero sessuali». Vena umoristica simile e focus sui migranti.

Perché un film da solo?

«Sentivo l'esigenza di mettermi in primo piano. Avevo paura, però: non sapevo dove m'avrebbe portato quest'esperienza. Alla soglia dei 60 anni ho colto l'occasione. Era il momento giusto per un anno sabbatico».

Che cosa hanno detto Giovanni e Giacomo, di questa prima volta?

«Hanno capito l'esigenza d'una parentesi. E del resto anche loro hanno fatto cose in proprio: Giacomo, uno spettacolo teatrale e Giovanni, un libro e Adrian, con Celentano. Inoltre, hanno letto la sceneggiatura del film e mi hanno consigliato di accorciare, qua e là. Tra noi il confronto rimane».

Scappo a casa è una satira del razzismo?

«Il razzismo è una tema troppo importante, per parlarne. Ne ho paura... è invece un film sul cambiamento. Di persone come Michele, prima egoista e intollerante, poi più comprensivo, ce ne sono tante».

Eppure, il tema dell'immigrazione qui è centrale.

«Parlo dell'immigrazione, ma in modo superficiale: Michele odia i neri, poi cambia. La mia è una commedia sui sentimenti forti. Un road movie sulla nascita d'una coscienza, che si credeva sopita. Uno spaghetti-western dove, per la prima volta, l'immigrazione è raccontata dal punto di vista di chi la vive».

La sua comicità «in solitaria» s'ispira a Checco Zalone?

«No: cerco di essere me stesso. Ma se facessi i suoi incassi, sarei felicissimo. Per me, questo film viene dal cuore».

Qui è divertente il suo rapporto col parrucchino-feticcio. E' così anche nella vita vera?

«Mi diverte l'idea di usare il parrucchino. Personalmente, però, non cedo ai riporti».

Anche lei, come Michele, tende all'altruismo?

«Cercare di migliorarsi è necessario. Io ci sto lavorando».

Anche se è una commedia, il suo film, comunque, affronta temi politici attuali.

«Ormai il mondo si è rotto, da tutte le parti. Anche a livello ambientale. Ci vorrebbe più collaborazione. Andare oltre il colore della pelle. Io ho cercato di sdrammatizzare e il film, anche se il tema è drammatico, conserva un tono di commedia».

Si è mai sentito emarginato?

«A Milano mi dicevano terrone. Ma il fatto è che a Milano sono tutti terroni».

Piaceri e dispiaceri dell'essere senza Giovanni e Giacomo?

«Da una parte, ho provato paura. Ma anche piacere d'essere al centro delle cose».

Il trio comico sta per tornare, vero?

«Quest'estate saremo sul set insieme, diretti ancora da Massimo Venier».

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