Cultura e Spettacoli

Sting a tutto reggae: "Con Shaggy siamo un manifesto di pace"

Con disco e tour hanno vinto una scommessa «E mi diverto pure di più a suonare il basso»

Sting a tutto reggae: "Con Shaggy siamo un manifesto di pace"

L'uno stropicciato dal jetlag: «Ieri ero a Malibu». L'altro appeso a un cappuccino bombastico. Sting un gentleman assonnato. Shaggy un giamaicano dal sorriso facile. Insieme hanno registrato un disco di reggae che si intitola 44/876 come i prefissi di Regno Unito e Giamaica ed è stato una delle sorprese dell'anno perché chi li avrebbe mai immaginati insieme. «In effetti anche noi eravamo sorpresi, ma poi ha funzionato. Pure il pubblico durante i concerti magari all'inizio è scettico, poi inizia a divertirsi e alla fine capisce il nostro progetto», dice Sting prima che Shaggy faccia la quadratura del cerchio: «Io ho sempre adorato Sting perché i Police sono stati i primi a sdoganare il reggae nel mainstream. Neanche Bob Marley passava in radio e il suo primo brano al numero uno è stato Iron Lion Zion, che è uscito dopo la sua morte».

Stasera saranno a X Factor con il nuovo singolo Gotta get back my baby (quello del video alla Miami Vice con una rampante Abarth 124 Spider) e con qualche duetto con i concorrenti, insomma una toccata e fuga prima di fare altri concerti nell'Europa dell'Est. All'inizio ne avevano previsti molti meno, poi uno dopo l'altro l'elenco si è allungato. E funziona così bene che, come scherza Sting, «in questi mesi ho fatto anche concerti da solo e lui mi mancava». Risate.

Di solito gli artisti con un grande carriera iniziano a collaborare con altri quando la carriera sta appassendo. Stavolta no: questi due, così lontani anche anagraficamente (Sting ha appena compiuto 67 anni, Shaggy 50) si sono trovati e stanno in equilibrio in coppia forse perché sono saldissimi anche da soli. E poi, come dice l'assonnato, «quando si è in due, ci sono meno responsabilità».

Oltretutto, come conferma Shaggy, «si diverte di più a suonare il basso dal vivo, anzi certe volte lui dovrebbe cantare in coro con me ma non lo vedo, mi chiedo dov'è, mi giro e lui continua a suonare beato e concentrato». «Il suo brano che mi piace suonare di più è Boombastic», ridacchia Sting riferendosi al primo successo planetario dell'amico. In realtà è proprio Sting a dare, forse per la prima volta, una nuova dimensione simbolica a questa coppia imprevedibile. «In questo periodo nel quale tutti cercano di separarsi per motivi religiosi o politici, noi siamo un manifesto (letteralmente «statement») del contrario: due artisti distanti e diversi anche per il colore della pelle che lavorano insieme». Da qui alla politica il passo è breve.

«Dappertutto - e Sting diventa serio - c'è un'ondata di populismo e sovranismo della quale posso capire le ragioni ma non le faccio mie. Noi inglesi abbiamo la Brexit. Ma a me viene da pensare che l'Unione Europea, che fu pensata già da Churchill subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, ci ha impedito di continuare a farci altre guerre».

In fondo lui, che è immensamente ricco e ancor più famoso, non si è mai lasciato andare a slogan politici per compiacere questa o quella lobby e ripete in ogni intervista che «sono nato in una comunità povera, voto ma non parlo mai a nome degli altri». Un paio di mesi fa ha preso la chitarra ed è andato a cantare davanti ai cancelli della Bekaert della «sua» Figline Valdarno che minaccia di mandare a casa 318 lavoratori: «Loro mi hanno cantato Una vita da mediano di Ligabue e l'altra settimana mi hanno scritto che sono ancora in negoziazione con la multinazionale». Non a caso lì Sting ha interpretato anche la sua The last ship che racconta la chiusura del cantiere navale di Wallsend dove è cresciuto. Insomma, ha provato a dare «voce a chi non ne ha», come riassume Shaggy, che in Giamaica è considerato a metà tra un dio musicale e un benefattore visto che organizza concerti ed eventi solidali uno dietro l'altro: «Abbiamo dato una mano all'unico ospedale per bambini di lingua inglese di tutti i Caraibi», ricorda.

Sì, d'accordo, spesso la solidarietà è solo una patina fasulla spalmata su ciniche macchine da soldi. Ma qui no: il garbo con cui ne parlano e l'assenza di convenienza per le loro rispettive carriere toglie quest'ombra.

«Un altro disco o un tour insieme? Difficile immaginarlo», spiega Shaggy, che peraltro ha già il proprio album pronto. «Io invece, ehm...

, ho un buco creativo e non ho proprio niente», scherza Sting prima di andar via veloce a smaltire l'ennesimo, sonnacchioso jetlag di una vita planetaria.

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